Cinque anni e mezzo di squalifica e due punti di penalizzazione all’Atalanta per responsabilità oggettiva. Tradotto dal gergo del processo sportivo, Cristiano Doni ha fatto tutto da solo, la società non sapeva ma non ha vigilato. E questo ha raccontato Doni ai magistrati dopo tre giorni di carcere. Voleva tornare in Serie A con l’Atalanta, aveva sentito nell’ambiente che Piacenza e Padova erano disposte a perdere, così aveva deciso di adeguarsi al sistema per favorire la “Dea”. Il Gip Guido Salvini non ci crede e lo scrive nell’ordinanza che porta in carcere Doni: “agiva per conto di imprecisati dirigenti dell’Atalanta”.

Chi siano, nessuno lo sa, anche perché Doni scopre molto presto di essere attenzionato e si regola di conseguenza. Dunque, per la giustizia l’Atalanta non sapeva. Solo che, a sbirciare dalle carte, si scopre che la società ha continuato a pagare lo stipendio a Doni fino alla fine del suo contratto, nel giugno scorso. 27mila euro al mese, nonostante arresto e confessione. Un caso unico, tutte le altre squadre coinvolte hanno bloccato qualunque pagamento ai calciatori confessi. La stessa Atalanta, con Andrea Masiello, imputato per fatti risalenti a quando giocava a Bari, ma in forza all’Atalanta quando confessò. Doni invece viene pagato per altri 6 mesi, perché? Lo troviamo a Palma di Maiorca, dove finisce ogni volta che viene accusato di aver combinato una partita. Qui ha giocato nel 2002, dopo la prima accusa di frode sportiva per Atalanta-Pistoiese, Coppa Italia 2001. Condannato in primo grado, fu assolto in appello, assieme a Zauri, Siviglia e all’attuale allenatore del Milan Allegri.

Ha aperto un beach bar sulla spiaggia di Palmanova, a Maiorca. Il suo socio è un altro indagato, Filippo Russo, ristoratore di Bologna, amico di vecchia data. Dimagrito, capelli tagliati, bermuda e maglietta, serve birra e calamari ai tavoli pieni. Sembra sorpreso del nostro arrivo, ma non della domanda, tanto che quando gli chiediamo se lo stipendio non sia servito a pagare il suo silenzio, sfoggia un enorme sorriso. “Tu devi essere una persona intelligente, secondo te, ora che sono quaggiù e che le acque si sono calmate, vengo a raccontarti certe cose?”. Anche lui è intelligente, conosce le carte della Procura di Cremona, sa che Gianfranco Parlato, ex calciatore di Viareggio che con Doni scommetteva, ha raccontato di aver appreso “che l’Atalanta, per ottenere la promozione in A, era disposta a spendere dei soldi”. Sa che Marco Pirani, il dentista di Ancona col vizio delle scommesse tra i primi a essere arrestato, durante l’interrogatorio ha specificato che “quando parlo di Doni è come se parlassi dell’Atalanta, nel senso che questi agiva per conto della società”. E sa che Massimo Erodiani, titolare di un’agenzia di scommesse di Pescara, uno degli uomini chiave del calcio scommesse , ha raccontato a molti degli arrestati che il Piacenza aveva venduto una delle gare incriminate all’Atalanta attraverso il tramite di Doni, “perché Doni ne ha già fatte 50”.

Così mentre si parla del processo ad Antonio Conte per i fatti di Siena, qualcosa si lascia sfuggire: “Anche perché mi son rotto di raccontare stronzate. Si sapeva che quelle partite del Siena sarebbero finite così, lo sapeva da inizio anno! Lo sapevamo che noi dovevamo arrivar primi e che altre squadre si erano dette ‘se a fine stagione qualcuno ha bisogno”. Nella sua versione dei fatti, come dice “per l’Atalanta ho fatto tutto, ho rinunciato alle offerte delle grandi squadre, ho dato tutto! Ho sbagliato, lo so, perché in un dato momento della mia carriera volevo tornare in A”. Dettaglio non trascurabile, quello della Serie A, visto che Antonio Percassi, vulcanico imprenditore bergamasco ed ex calciatore dell’Atalanta, aveva comprato la squadra proprio quell’anno , quando era appena retrocessa. Nessuno della società risulta ad alcun titolo indagato o anche solo menzionato nelle carte. Di certo c’è che, bilancio 2011 alla mano, con quella promozione con le partite “comprate” da Doni, i diritti tv pagati ai nerazzurri sono saliti dai 2 milioni in Serie B a 17 milioni (per soli 6 mesi) in A; gli incassi dello stadio sono passati da 900 mila a 2,8 milioni di euro e gli sponsor da 2 a quasi 5 milioni. Totale fruttato dalla promozione: un gruzzolo da 38 milioni di introiti in più.

di Federico Ruffo e Alessandro Macina*

da Il Fatto Quotidiano del 12 gennaio 2013

*inviati di “Presa Diretta”

Riceviamo e pubblichiamo dall’ufficio legale di Cristiano Doni
Cristiano Doni smentisce categoricamente di avere mai rilasciato interviste con riferimento alla società del Siena calcio ed al signor Antonio Conte. Le notizie apparse oggi su alcuni organi di stampa in relazione a tale pretesa intervista sono dunque destituite di ogni fondamento.

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