Una vacanza che è la fine del mondo: un pacchetto per due per il fine settimana del 21 dicembre all’Hotel Rosewood Mayakoba di Playa del Carmen, uno dei resort più esclusivi della Riviera Maya, comprensivo di eventi, folclore, conferenze sui Maya, pasti a tema, gite in elicottero ai principali siti archeologici della regione. Prezzo: 80mila pesos messicani, circa 4.800 euro. Le località turistiche messicane della costa caraibica sono al completo da mesi: Belize, Guatemala, El Salvador e Honduras sono diventate mete ambite in quanto “territorio Maya”. Tutto perché si avvicina la data fatidica del 21 dicembre.

Poco importa se i Maya non hanno mai previsto la fine del mondo, come da anni affermano inutilmente studiosi ed esperti. La data si riferisce alla fine di un bak’tun, un periodo di 144mila giorni, uno dei più lunghi del calendario Maya. Il prossimo 23 dicembre (e non il 21 come erroneamente si crede) finirà il bak’tun numero 13, composto da 5.200 anni maya, equivalenti a 5.125 anni del nostro calendario. Si suppone che in questa data termini il conto dell’antico calendario Maya, il punto di decadenza dell’umanità: “Però è falso – afferma Guillermo Bernal Romero, esperto di epigrafia del Centro Studi Maya dell’Universidad Nacional Autónoma de México – perché il conto del calendario Maya non ha alcun finale prevedibile. Inoltre il calendario indica altri periodi più lunghi, come il piktun, che è la somma di 20 bak’tun, ragioni sufficienti per considerare una sciocchezza la storia della fine del mondo, che è piuttosto un’interpretazione proveniente dall’idea di Apocalisse delle culture cristiane”.

NON SONO sufficienti le argomentazioni scientifiche basate sulle scritture maya per far desistere una comunità di italiani dal costruire una mini città bunker. Si tratta della comunità “las Águilas”, costruita a partire dal 2008 nella località di Xul, che in lingua maya significa “ultimo approdo”, a 110 chilometri da Merida, nel cuore dello Yucatan. Nella zona è conosciuta come “la città della fine del mondo” e fin dalla sua costruzione è circondata da un certo mistero. Nei circa 800 ettari acquistati dalla messicana Carolina Zalce de la Peña nella zona di Xul sono stati costruiti 33 edifici circolari, con pareti di 60 cm capaci di sopportare incendi, temperature altissime e inondazioni, collegati da tunnel sotterranei di tre metri per tre, attrezzati a ospitare a tempo indefinito 150 famiglie . La maggior parte delle persone che formano la comunità sono italiani che hanno deciso di stabilirsi qui da qualche anno e sono conosciuti come “gli italiani” che aspettano la fine del mondo. Zalce de la Peña è nota in Italia come “guru” fin dagli anni ’70. Nel 1980 acquistò dei terreni a Bracciano (Roma) fondando la setta chiamata “il Centro”, più conosciuta come “Evocris”.

Il governo messicano ha approfittato della ghiotta possibilità offerta dalla pubblicità sulla fine del mondo, e ha fatto il possibile per promuovere turisticamente i suoi territori maya, con eventi e conferenze sulla civilizzazione preispanica dello Yucatan. Il 2012 è stato dichiarato l’anno della cultura maya, nel tentativo di valorizzare turisticamente la zona. Ciò che non appare nei depliant è la grottesca discriminazione che quotidianamente vivono i discendenti dei Maya in Messico, oggetto di un razzismo profondo e generalizzato, oltre ad essere il settore della popolazione più povero e marginalizzato dallo stesso Stato che oggi ne fa il fiore all’occhiello del Messico.

Lo scontro tra fanatici turisti della fine del mondo e studiosi del mondo Maya non finisce e l’unica profezia che finora si è avverata è quella economica dei soliti gruppi finanziari, le multinazionali alberghiere che negli ultimi decenni hanno devastato il territorio un tempo appartenente ai Maya e ora fabbrica di turismo che ai Maya lascia solo le briciole. Per sapere con certezza se il 21 (o meglio, il 23) dicembre finirà davvero il mondo basta solo aspettare qualche ora.

da Il Fatto Quotidiano del 20 dicembre 2012

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