gladiatore-tombaGladiator general’s tomb falls victim to Italy’s austerity cuts” cioé “La tomba del gladiatore vittima dei tagli italiani”, titolava il domenicale del quotidiano inglese The Guardian. Insomma né Monti in uscita, né Berlusconi in entrata. Non la tormentata politica. A guadagnare la copertina del quotidiano inglese è la notizia che il monumento funerario di Marco Nonio Macrino, il generale dell’imperatore Marco Aurelio, scoperto alla periferia di Roma, lungo la antica via Flaminia, sarà rinterrato.

Il motivo di tanto clamore? Presto detto. Quella non è soltanto la tomba del generale dell’imperatore Marco Aurelio. E’, soprattutto, la sepoltura monumentale del personaggio che avrebbe ispirato la star dell’arena di Ridley Scott, Massimo Decimo Meridio. Insomma “Il Gladiatore”, campione ai botteghini di mezzo mondo nella primavera del 2000, oltre che vincitore di cinque premi Oscar.

Un esempio dell’italica incapacità. Una storia come tante. Fatta di cemento (da costruire) e di archeologia (quanto meno da obliterare dopo la documentazione). Iniziata nel 2006, in via Vitorchiano, dove il Gruppo Bonifaci aveva ricevuto il placet alla costruzione di 20mila metri cubi di nuovi edifici ad uso abitazione. Nel 2007, come da prassi, la Soprintendenza archeologica di Roma, anche in relazione alla supposta presenza del tracciato dell’antica via Flaminia, pretese la realizzazione di alcune indagini preliminari. Che proseguono, con le prime importanti scoperte a circa 7 metri dal piano di calpestio moderno. Fin quando, nel dicembre 2008, la demolizione di una vecchia struttura posta proprio al centro dell’area, rende possibile il rinvenimento dell’intero tracciato dell’antica via Flaminia e dei resti di un meraviglioso monumento funebre. A forma di tempietto, alto 15 metri e rivestito in marmo. Che l’iscrizione dedicatoria, fortunatamente conservata, posta dal figlio di Marco Nonio Macrino, permette di identificare. Così si arriva al 2010. Quando la Soprintendenza decide di farsi carico della prosecuzione degli scavi. Che rilevano una vasta area sepolcrale ai due lati del basolato della via Flaminia, all’altezza del V miglio.

La celebrità. Una delle scoperte più significative degli ultimi trent’anni, a detta di molti addetti ai lavori. Diventata tale anche sfruttando un malinteso. Quello relativo alla identificazione tra il proprietario della tomba e il protagonista del film di Scott. Grazie ai media nazionali ed internazionali intervenuti a dare visibilità a quello spicchio di antichità. Compreso un passaggio di Alberto Angela in “Passaggio a nord ovest”. Intanto le istituzioni hanno continuato a creare illusioni. Come fece Francesco Maria Giro, allora Sottosegretario ai Beni e alle Attività Culturali, che nel corso di una visita nel 2010, dichiarò come l’area avrebbe potuto diventare un parco archeologico. Poi il nulla. La lunga incuria. L’area recintata e non accessibile. Se non per quanti hanno pensato di utilizzarla come discarica di calcinacci, eternit e lamiere. Senza alcuna indicazione per raggiungerla. E poi, una volta (miracolosamente) giunti, senza alcun pannello illustrativo.

L’esito scontato. Quasi. Anche se “doloroso”, come afferma Mariarosaria Barbera, Soprintendente archeologo di Roma. Il rinterro dell’area archeologica. Dopo una spesa stimata di circa 700mila euro tra scavi, restauri, interventi d’emergenza. Non essendo nelle possibilità “di spendere tre milioni di euro per un progetto di valorizzazione che preveda anche la protezione e la bonifica dei 13mila metri quadrati dell’area”. Dichiarazione conclusa, ancor più amaramente. “Resta la sensazione”, dice la Barbera, “che se fosse emerso nelle periferie di Berlino, Parigi o Washington, il mausoleo di Macrino avrebbe avuto altro destino”. Intanto nuova celebrità per il monumento del generale romano. Per salvarlo dal nuovo interro. Russel Crowe, il Gladiatore cinematografico, a spendere parole che avrebbe dovuto pronunciare chi nelle capacità di rinvenire le risorse necessarie. E poi, ancora, una petizione online, “Save the Gladiator’s Tomb“, promossa dall’American Institut for Roman Culture, che coinvolge una rete mondiale di studiosi e ricercatori.

Una via senza uscita. Così sembra. Anche se segnali confortanti provengono dalla proprietà del terreno, il Gruppo Bonifaci. Che si dice disponibile “a sostenere economicamente un’operazione di valorizzazione dell’area collaborando con la Soprintendenza ad un progetto di qualità condiviso, in cui il patrimonio archeologico possa convivere in modo intelligente con i nostri interventi residenziali”. 

Forse sarà possibile quel che tante altre volte non è stato possibile. Lasciare in vista monumenti altrimenti senza speranza. Fin da subito. Evitare al monumento funerario di Macrino di ritornare sotto terra. Come accaduto alle Terme di Tito, scavate dalla Sovrintendenza Comunale tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ’90 nell’area a valle del tratto iniziale di via delle Terme di Tito, sul Colle Oppio. Oppure quello presso Tor Fiscale, del 1998, in coincidenza del tratto della via Latina nella quale si ipotizza stanziato il cd. Campo barbarico. Oppure al sistema di bonifica individuato tra il 2005 e il 2006 all’interno degli ex Mercati Generali, all’Ostiense. Ancora, alla grande tagliata stradale scavata nel banco, tra il 1998 e il 2007 alla Bufalotta. Casi esemplari di grandi complessi, prima scavati e poi rinterrati.

L’importante, ora, è che almeno Macrino si salvi. Anche se, nel caso, rimarrà il dubbio che l’esito fortunato non sarà stato determinato “solo” dalla sua rilevanza archeologica. Insomma se sarà una vittoria, sarà … di Pirro.

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