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Parassiti, “vecchi amici” per curare la sclerosi multipla?

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La sclerosi multipla (Sm) è una grave e invalidante malattia che colpisce nel nostro paese almeno 65.000 persone. Nel mondo gli ammalati sono 2,5-3 milioni. Come ricorda nel suo sito l’Associazione per la sclerosi multipla, la Sm non è una malattia infettiva e non si trasmette da individuo a individuo.

Studi epidemiologici hanno messo in evidenza una maggior frequenza della Sm in componenti dello stesso nucleo familiare, suggerendo una peraltro non definita causa genetica. Fino ad oggi non esistono terapie che eliminino completamente la malattia, al meglio si cerca di instaurare dei trattamenti in grado di ridurre l’incidenza e la gravità degli attacchi. Recenti studi peer reviewed apparsi su riviste quotate però stanno indicando strade del tutto innovative da introdurre nel trattamento di questi pazienti. Secondo l’ipotesi “hygiene” o della “deprivazione microbica” infatti, milioni di anni di evoluzione della specie umana avvenuti in compagnia, cioè in simbiosi con microrganismi prevalentemente intestinali (detti probiotici e largamente adoperati dalle medicine naturali), sono stati gravemente arrestati dallo sviluppo della civilizzazione e dalla conseguente applicazione di norme sanitarie ed igieniche che hanno per così dire pulito o comunque alterato l’originaria composizione della flora microbica, non solo batteri, ma anche protozoi, elminti ecc. abitanti in forma di utili commensali o tutt’al più a limitata patogenicità dei nostri tessuti ed organi.

L’azione benefica di questa convivenza si sarebbe tradotta anche nella collaborazione nel determinare una risposta immunitaria più efficiente. In particolare alcuni elminti (cioè vermi, sic, in alcuni casi anche patogeni), a seguito di una serie di osservazioni concordanti sia su animali, che sull’uomo, sono stati riabilitati come nostri veri e propri “old friends”, in quanto se presenti nell’intestino di alcuni ammalati di malattie neurologiche, fra cui appunto la Sm, determinano miglioramenti clinici in alcuni casi anche drammatici. Nel caso della Sm agiscono determinando una risposta aumentata sia nell’efficacia, che nella durata alla terapia. In sintesi, uno studio al riguardo è stato condotto prospetticamente per molti anni, in esso si dividevano pazienti affetti da Sm in due gruppi: uno trattato con somministrazione di elminti, e uno no (Correale J ., Farez M., Association between parasite infection and immune responses in multiple sclerosis. Annal Neurol 2007; 61: 97-108). I miglioramenti nel gruppo trattato erano evidenti non solo clinicamente, ma anche radiologicamente, con un arresto della manifestazione di nuove lesioni. Quando in quelli trattati, il trattamento veniva interrotto, a causa della sintomaticità della provocata infezione elmintica, la Sm riprendeva purtroppo vigore insieme alla sintomatologia. Inoltre lo studio delle corrispettive risposte immuni nelle due categorie di pazienti metteva in evidenza una sostanziale differenza nella tendenza dei trattati con elminti ad avere una risposta pro-infiammatoria e quindi una tendenza a produrre una risposta autoimmune di intensità notevolmente inferiore a paragone dell’altro gruppo.

Un’importante implicazione di tali osservazioni quindi riguardava la dimostrazione di un evidente legame tra un’infezione elmintica e il meccanismo autoimmunitario (Fleming J.O. Helminths and multiple sclerosis J immunolog. 2011; 233: 3-5). Tale risultato si allinea con quanto dimostrato nel trattamento con elminti probiotici nel morbo di Crohn. Sembrerebbe quindi che i seguaci dei rimedi naturali abbiano colto nel segno e possano gioire come per un goal inaspettato? No, non credo e sottolineo che tale entusiasmo sarebbe sbagliato, perché ci sono molte situazioni analoghe in cui non è identificabile la stessa correlazione. Al momento inoltre non è ufficialmente licenziato alcun trattamento di questo tipo in virtù di considerazioni etiche riguardanti applicazioni del genere, e dell’esigenza di non alimentare illusioni. È necessario che ulteriori studi e con casistiche più ampie possano irrobustire queste nuove ed interessanti teorie, validandone l’uso, se veramente efficace e sicuro, e che soprattutto chiariscano le modalità attraverso le quali si realizza la complessa interazione tra gli elminti e il nostro sistema immunitario, e dalla quale deriva la tolleranza. I meccanismi a cui ricorrono gli elminti sono infatti numerosi e originano da una convivenza di milioni di anni di evoluzione, nel corso dei quali si sono selezionate le strategie biologiche che hanno sanzionato la pace tra noi e loro.  

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