Una lettera al giudice del processo milanese “Derivati” per “denunciare” la sparizione o distruzione di documenti. E’ datata 22 ottobre la missiva dell’ex sindaco di Milano, e ora candidato alla presidente della regione Lombardia, e contiene un’accusa pesantissima con il procuratore aggiunto Alfredo Robledo, titolare dell’accusa nel processo. Secondo Gabriele Albertini i documenti sul calcolo della convenienza, che i dirigenti comunali avrebbero dovuto obbligatoriamente fare, prima di rinegoziare con quattro banche straniere un debito miliardario, potrebbe essere stato distrutto o fatto sparire “a esclusivo conforto della tesi accusatoria”. Il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, ha quindi inviato la lettera alla Procura di Brescia, competente su quella di Milano per i casi che riguardano i magistrati: sia per indagare sia sugli eventuali reati commessi dalle toghe sia sui reati commessi ai loro danni, quale sarebbe la calunnia nei confronti del pm. Che proprio nel luglio scorso ha chiesto nove condanne.

Fu nell’udienza dedicata alle testimonianze dei sindaci che Albertini insinuò per la prima volta la sparizione di documenti che, secondo lui, non potevano non essere nel fascicolo del processo per la grande truffa subita, secondo la Procura di Milano, da Palazzo Marino e architettata da Deutsche, Ubs, Jp Morgan, Depfa. Albertini in quell’udienza (2 novembre 2011) difese l’operazione derivati, la rinegoziazione di un debito, che avrebbe provocato un danno da 100 milioni di euro (le banche hanno raggiunto un accordo stragiudiziale con il Comune che non è più parte civile, ndr), avviata durante la sua amministrazione nel 2005.  Fu in quell’udienza che ipotizzò che i documenti sul calcolo della convenienza potessero essere stati distrutti: “È impossibile che non siano stati trovati”. Ed era partito così l’invito alla Procura “a indagare su questa lacuna epocale”.

Ma testi e imputati del processo, iniziato nel giugno dell’anno scorso 2010, hanno dichiarato di non aver mai visto questo documento che lo stesso Albertini, rispondendo poi alle domande del procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo, aveva confermato non essere mai stato trovato. La tesi dell’accusa è che il calcolo sulla convenienza economica per le casse pubbliche obbligatorio per legge, ndr) in realtà non venne mai fatto dal Comune, che invece lo affidò proprio alle banche straniere, le quali nella doppia veste di proponenti e consulenti conclusero l’affare

Per Albertini sarebbe “fantasiosa” l'”ipotesi del pm circa l’inesistenza “ab initio”” del calcolo comunale: “Confermo che, ove non sia agli atti, ciò non possa spiegarsi che con la sparizione dolosa, a esclusivo conforto della tesi accusatoria”. Una conferma che, allo stato, appartiene soltanto alla convinzione di Albertini ma su cui adesso indagheranno i magistrati di Brescia. 

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