Mitch Winehouse è un criminale. Il suo libro biografia dedicato alla figlia, che quest’estate mi son scolata tutta d’un sorso non è che la trasposizione dell’ombelicale desiderio di un artista depresso. Che proietta sulla figlia la propria ansia di grandezza, la propria voglia di arrivare, il proprio astio nei confronti di uno star system che non l’ha accettato, e l’ha anzi costretto alla guida, a vita, di un taxi.

Amy Winehouse, mia figlia (edito da Bompiani 17,50 Euro) è dunque il ritratto uscito tre mesi fa del più grande talento jazz del 2000 intramezzato da considerazioni inutili sulla necessità del padre di iniziare a fare concerti, dalla sua inguaribile e prolissa felicità nel vedersi sul palco insieme alla figlia, dell’imperdonabile presenzialismo paterno non tanto nel mondo degli affetti per Amy, quanto nel suo universo canoro.

Un padre che si intromette così tanto nella tua vita professionale tanto da gestire tutti i tuoi beni: se sei sempre fatta, o ubriaca, come nella fase finale della sua vita, beh, questo ci può stare. Ma un padre che ti si infila ad ogni concerto, in ogni occasione pubblica – e soprattutto in un libro – per portare il lettore a conoscenza delle proprie doti canore, beh, questo è imperdonabile. Un padre che se ne esce col libro in occasione dell’anniversario della morte della figlia, beh, questo non saprei.

Consiglio dunque agli appassionati e alle appassionate di Amy di leggere la sua storia, ma prendendola con le pinze. Amy e il primo matrimonio pieno di eroina. Amy che non vuole entrare in Rehab (dedicata al papà che la vuole sempre, giustamente stavolta, ricoverare). Amy che passa dalla dipendenza ero alla dipendenza alcool. Amy che si rifà il naso e le ette. Amy che compra una grande grande casa a Camden Town. Emy che muore nonostante le due guardie del corpo, perché si era nascosta una bottiglia in stanza.

Quello che mi rimane dalla lettura: una ragazza che ha scritto Frank, il primo album dedicato al compagno, in 3 giorni, con una chitarra scassata in Spagna. Beh, quella non era una ragazza. Era musica.

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