In mattinata la Guardia di Finanza è arrivata negli uffici della regione Emilia Romagna, a Bologna, per acquisire documenti sulle interviste a pagamento dei consiglieri regionali. I militari, in viale Aldo Moro dalle 9, hanno lavorato su delega della Procura di Bologna e della Corte dei conti. 

Sulle comparsate dei politici dell’Assemblea legislativa in alcuni programmi televisivi di emittenti locali, c’è infatti un’inchiesta con l’ipotesi di peculato del pm Antonella Scandellari. Sulla vicenda ci sono anche accertamenti avviati dall’ordine dei giornalisti e dal Corecom. Alcuni consiglieri si erano detti a disposizione per consegnare ai magistrati le carte sulle interviste.

La vicenda delle interviste a pagamento coinvolge tutti i gruppi, dal Movimento 5 stelle al Pd, con la sola eccezione dell’Italia dei Valori. Il caso era stato sollevato da Repubblica, che aveva scoperto fatture del gruppo consiliare dei 5 stelle nei confronti dell’emittente 7 Gold. Il consigliere Giovanni Favia aveva ammesso di avere stipulato un contratto di 200 euro al mese per apparire da emittenti locali: “L’informazione non è libera, continuerò a pagare per andare in tv”, aveva detto Favia. E se la prese con Repubblica: “Non è una rivelazione ma disinformazione”, perché quelle spese sono documentate sul sito del Movimento.“In questo modo riusciamo ad arrivare a quella fascia di popolazione che non ha dimestichezza con la rete – ha spiegato – E comunque è tutto fatto nella massima trasparenza, rendicontato e pubblicato online sulle nostre pagine web”.

Dichiarazione che costò a Favia una tirata d’orecchie da parte di Beppe Grillo: poche righe pubblicate sul suo blog, per un intervento che ha il sapore di un rimprovero. “Pagare per andare in televisione per il Movimento 5 Stelle è come pagare per andare al proprio funerale, anche se è certamente lecito. Ma i soldi pubblici e il Movimento 5 stelle sono inconciliabili”. 

Sembrava essere finita lì, fino a quando non è stato Il Fatto Quotidiano a scoprire che alcuni consiglieri regionali del Pd – dopo aver detto che il comportamento degli appartenenti al Movimento 5 stelle era immorale – pagavano anche loro per le comparsate. 

A quel punto è intervenuta la magistratura con un fascicolo conoscitivo che ha portato questa mattina al sequestro delle carte in Regione e a un’inchiesta dell’Ordine dei giornalisti.

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