Ricevo e riporto le reazioni di alcuni studenti universitari alle parole del ministro Profumo sui fuoricorso.

Marina da tre anni frequenta Fisica: “Le dichiarazioni del ministro non fanno i conti con la realtà: l’unico lavoro che ho trovato è in nero e quindi non posso documentarlo per chiedere il regime universitario per gli studenti-lavoratori. Ma senza lavoro non potrei mantenermi agli studi: siamo tre fratelli e mio padre è operaio. Non esco la sera e non ho un ragazzo, perché con questi ritmi è impossibile. Mi sono diplomata con quasi il massimo dei voti, tutti i prof mi consigliavano di continuare e il punteggio al test di ammissione è stato eccellente. Anche ora la media è buona e non vedo perché dovrei gettare la spugna solo perché finirò fuori corso. Il mio sogno è di lavorare nella ricerca, magari all’estero, dove apprezzano chi ha lavorato per mantenersi agli studi e non ci sono parenti di baroni nelle università”.

Massimo, al secondo anno di Economia:Abito a 70 km dalla facoltà: parte in treno, parte in bus e 8 km a piedi. A volte un prof ci “grazia” limitando a 40 minuti le 2 ore di lezione, ma con i trasporti io perdo lo stesso mezza giornata e dopo mi tocca anche recuperare quello che non si è fatto in università. Spesso i programmi reali non coincidono con i dichiarati e le promesse di assistenza vengono tradite. Per non parlare dei titolari di cattedra che delegano agli assistenti lezioni e correzione dei test. Però i prof non sono così elastici con gli appelli d’esame: rari e in orari impossibili per chi viaggia. Insomma, ho accumulato ritardi per mantenere una media dignitosa e non mi sento di accettare dal ministro un richiamo al rispetto delle regole e all’impegno che dovrebbe rivolgere ad altri”.

Giovanni, da cinque anni a Ingegneria:Penso che il riferimento del ministro siano figli di papà con l’auto, i soldi, la cameriera e la seconda casa. Io studiavo a Napoli venendo dalla provincia, 150 chilometri di ferrovia. Prima c’era il cosiddetto “treno degli studenti” e ogni mattina andavo in facoltà tornando a casa stremato 12 ore dopo. Poi quel treno è stato soppresso. Per poter vivere in città ho dovuto cercare un lavoro part time e l’ho trovato al nord, a 800 chilometri da casa. Il cambio di ateneo ha comportato tanta burocrazia e altre difficoltà pratiche. Sarà inevitabile per me diventare fuori corso, ma non voglio rinunciare alla laurea, dopo tanti sacrifici, anche se non vedo l’ora di finire per poter sposare la mia ragazza, che è rimasta al paese”.

Daniela, da quattro anni a Medicina:Ho scelto una facoltà tosta, ma ce l’ho messa tutta, con l’aiuto dei miei. Il disastro è stato quando – mentre ero al terzo anno – a mia madre è stato rilevato un carcinoma al seno. Ho voluto starle vicina in ogni fase della terapia,  anche se avevo i libri sempre in borsa, ma è stata lunga, difficile e prostrante per tutta la famiglia. Chi l’abbia vissuto sa di cosa parlo. Ora mia madre sta bene e io ho ripreso a studiare con serenità, ma, anche se dopo questa esperienza sarò un medico migliore, diventerò medico in ritardo. Al ministro Profumo vorrei dire che per assistere mia madre non potevo chiedere il part time e che per tutti gli studenti con problemi il suo richiamo alle regole è offensivo”.

Cari ragazzi, vi comprendo e aggiungo la mia esperienza di laureata con media e voto di laurea ottimi, ma con quasi due anni di ritardo. Mentre studiavo ho conseguito due diplomi come autodidatta, superato un esame di abilitazione di Stato e lavorato per tre anni in part-time rinunciando al piano di studi ridotto per gli studenti lavoratori. Infine ho svolto una tesi sperimentale di nove mesi presso un’industria, anche se avrei potuto scegliere la tesi compilativa, che era la via breve seguita da molti.

Oggi, con la crisi economica, i tagli a posti di lavoro e alle borse di studio, le difficoltà per gli studenti sono in aumento. Il ministro Profumo, invece di inventare nuovi capri espiatori, agisca per migliorare la qualità dell’università e il sostegno a tutti coloro che hanno le capacità e la volontà ma non saranno certo aiutati dal premio elitario allo studente dell’anno.

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