“Le condizioni offerte dalla Russia sono più vantaggiose” rispetto a quelle proposte da Unione europea e Fondo monetario internazionale. Parola del presidente della Repubblica di Cipro, Demetris Christofias, chiamato ad evitare il crack nazionale. Conosciuto come l’ultimo comunista d’Europa, il politico classe 1946, laureato in Filosofia a Mosca e contrario a suo tempo all’entrata dell’isola nella Ue, ha spiegato così la sua convinzione. Primo: la Russia non ci “impone alcuna condizione in cambio dei soldi”. Secondo: “il tasso di interesse richiesto per il prestito è più vantaggioso” di quello europeo. Impossibile conoscere i dettagli delle proposte avanzate dai due offerenti. Di certo Cipro (qui ci si riferisce alla metà meridionale dell’isola, non quella riconosciuta dalla Turchia come Repubblica Turca di Cipro del Nord) potrebbe essere il primo membro dell’Ue a farsi salvare da Mosca invece che dall’accoppiata Washington-Bruxelles. Uno smacco simbolico, visto che la minuscola repubblica è diventata proprio ora presidente di turno della Ue.

Ma soprattutto una scelta con conseguenze imprevedibili sugli equilibri geopolitici nel Mediterraneo orientale, ora più attraente che mai vista l’esplosiva situazione siriana e le recenti scoperte di gas nei suoi fondali. Certo, non è detto che alla fine Christofias scelga davvero di sbattere la porta in faccia ad Ue ed Fmi: la sua potrebbe essere una strategia da buon commerciante che cerca di mettere in competizione gli offerenti per ottenere migliori condizioni. Ma anche se alla fine l’Unione europea manterrà un ruolo nel salvataggio di Cipro, per la prima volta dall’inizio della crisi dell’eurozona uno stato membro dice ufficialmente di valutare le offerte di paesi non occidentali.    

La Repubblica di Cipro è il quinto paese della zona euro ad aver chiesto il salvataggio dopo Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna. Motivo: la Bank of Cyprus, così come la Cyprus Popular Bank e la Hellenic Bank, hanno subìto perdite pesanti dovute principalmente ai bond greci detenuti in portafoglio e svalutatisi nel tempo. Il governo della repubblica affacciata sul Mediterraneo non ha ancora rivelato quanto denaro sarà necessario per il salvataggio, ma secondo i media locali la cifra potrebbe raggiungere i 10 miliardi di euro. Di questi, una buona parte andrà agli istituti di credito, mentre il resto servirà per rilanciare la stagnante economia locale (pil previsto in calo dell’1,2% quest’anno). La somma è minima se confrontata con le necessità della Spagna, anch’essa costretta recentemente ad alzare bandiera bianca per salvare alcune delle sue banche. Ma il prodotto interno lordo di Nicosia non è quello di Madrid (25,7 miliardi di dollari contro 1,53 trilioni), e le condizioni che Bruxelles potrebbe imporre rischiano di risultare parecchio indigeste ai ciprioti.

La Troika formata da Ue-Bce-Fmi in questi giorni è a Nicosia per decidere che cosa chiedere a Christofias in cambio degli aiuti finanziari. Sullo sfondo ci sono numeri preoccupanti. L’esposizione delle banche locali al sistema greco ammonta a circa 29 miliardi di euro, più o meno il 160% del pil. Il rapporto deficit/pil si è attestato al 6,4% nel 2011, uno dei più elevati della zona euro. In risposta, il governo locale ha già messo le mani avanti: le agevolazioni fiscali di cui beneficiano le nostre imprese non si toccano. ”In occasione dell’adesione all’euro portammo l’aliquota da poco più del 4% al 10% e 35.000 imprese, sulle 100 mila allora presenti, scelsero di andarsene”, hanno ricordato all’Ansa alcune fonti dell’esecutivo. Insomma, la preoccupazione degli isolani è che la Troika possa intaccare lo status di paradiso fiscale. Un’idea che, stando a quanto emerso finora, ai russi non passa nemmeno per la testa. D’altronde il legame tra Repubblica di Cipro e Russia è molto solido. Non solo per le preferenze politiche di Christofias, che si schierò con Putin durante la guerra in Georgia e sulla questione dello scudo spaziale americano, ma anche perché, oltre ad ospitare ogni anno migliaia di turisti provenienti da Mosca, Cipro è sede di diverse società russe che beneficiano della sua vantaggiosa politica fiscale. Non è un caso che già l’anno scorso, per dare una mano alla repubblica mediterranea, dal Cremlino arrivarono 2,5 miliardi di euro di aiuti al tasso del 4,5%.

Insomma, Putin non vuole vedere fallire Cipro, anche perché nel frattempo al largo delle coste dell’isola è stata scoperta un’infinità di gas, materia prima da cui Vladimir Vladimirovich è sempre molto attratto. I tecnici lo chiamano bacino Levantino e dicono che potrebbe rivelarsi il nuovo tesoro del Mediterraneo. Sul tratto di mare compreso tra Israele, Libano, Siria e Cipro potrebbero infatti nascondersi 3.500 miliardi di metri cubi di oro azzurro, il quinto bacino al mondo se verranno confermate le stime della Us Geological Survey. Per capirci, è una quantità che l’Italia, a consumi attuali, esaurirebbe in 42 anni. La Repubblica di Cipro ha la sua parte di torta e le esplorazioni sono già iniziate (scatenando l’ira della Turchia che rivendica una parte dei fondali). La scoperta di abbondanti riserve offshore potrebbe trasformare l’isola, oggi importatrice al 100% di metano, in un territorio autosufficiente. Un’abbondanza di cui beneficerebbero anche le compagnie capaci di aggiudicarsi le concessioni. Per Putin e la sua Gazprom questa potrebbe essere la contropartita ideale del salvataggio. Senza considerare l’importanza di Cipro come avamposto marittimo, soprattutto ora che il Cremlino rischia perdere il controllo sul porto siriano di Tartus, l’unica base navale russa nel Mediterraneo.

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