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Telelavoro a parole, ma non nei fatti

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I numeri sono significativi: i pendolari italiani sono oltre 26 milioni, si spostano per 42 chiolometri in media al giorno per raggiungere per l’83% il posto di lavoro in auto.

Così flessibilità e telelavoro sembrano due parole tabù nel nostro vocabolario. Eppure piacciono, sia alle aziende che ai dipendenti. Ma sembra che piacciano più a parole che con i fatti. Soprattutto alle aziende. Ne abbiamo già parlato in un precedente post, ma oggi c’è una ricerca di Microsoft che ha preso in considerazione 15 Paesi dell’Europa Occidentale e che descrive molto analiticamente il telelavoro come un’utopia, nonostante questo di fatto possa generare incremento di produttività, risparmio sui costi e un aumento della soddisfazione dei dipendenti.

Alcuni numeri: il 64% delle aziende ritiene che offrire opportunità di lavoro flessibile sia importante per attrarre e fidelizzare i migliori talenti e il 71% dei dirigenti ritiene che la realizzazione del lavoro flessibile aumenti la produttività dei dipendenti quasi del doppio. C’è di più: il 68% delle imprese italiane dichiara di consentire il lavoro flessibile, di cui il 71% afferma di disporre di politiche nella propria organizzazione. Ma attenzione: solo il 49% dei dipendenti dichiara di avere l’opportunità di lavorare in maniera flessibile e meno di un terzo di ricevere linee guida (precisamente il 26%).

Sebbene le nuove tecnologie lo consentano, il telelavoro in Italia è praticato soltanto da una minoranza ristrettissima. Da noi soltanto 800mila telelavorano (dati ManagerItalia) e siamo fanalino di coda in Europa. Si telelavora di più in Germania, Regno Unito e Norvegia.

Nella puntata di “Wiki: la rete ci salverà” in onda su SMTV San Marino (anche canale 520 Sky) Luca Valerii di Microsoft Italia ha dichiarato: “C’è voglia di sperimentare forme di lavoro alternative. La tecnologia oggi lo consente. La vera sorpresa per le aziende è che il telelavoro consente anche un aumento di produttività del dipendente, oltre che di risparmio”. Resta però un problema di fiducia, non di tecnologia. Così  Lynda Gratton della London Business School: “La sfida che le organizzazioni più grandi devono affrontare è che il lavoro flessibile non richiede soltanto un luogo di lavoro che faciliti stili lavorativi ad hoc, ma dipende anche da una cultura della fiducia. C’è un forte grado di resistenza interna”.

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