Non m’aspettavo una risposta così forte rispetto al mio articolo e mi fa piacere che abbia suscitato tutto questo interesse. Il mio intento nello scriverlo era di segnalare ad un pubblico evoluto l’esistenza di un documentario interessante, Behind the Label. La conferma che lo è l’ho avuta dai vostri infiniti commenti. A questo proposito vorrei segnalarvi che:

1) Il numero dei contadini che coltivano cotone ogm e cotone bt è impossibile da determinare, visto che non sono noti neanche i dati dell’ultimo censimento (2011) sul numero totale degli addetti all’agricoltura. I dati si desumono dalla produzione e  mostrano che il 90% del cotone indiano è prodotto con ogm e solo il 4% invece è biologico (dati dei vari ministeri, affermazione Monsanto). Bisogna calcolare che per gli agricoltori biologici il cotone è una delle diverse colture che vengono messe in campo, mentre gli altri agricoltori producono in genere in regime di monocoltura (solo cotone, solo melanzane, etc.).  Questo vuol dire che se il cotone fallisce, come capita specialmente negli anni in cui il monsone è secco, chi ha anche altre colture sopravvive, chi pratica la monocoltura ha un danno secco che deriva dalla perdita totale dell’investimento.

A questo proposito è interessante l’analisi fatta da Greenpeace nella ricerca “Picking Cotton: The choice between organic and etically-engineered cotton for farmers in South India”. Hanno comparato la qualità di vita dei contadini che coltivano cotone bt con quelli che coltivano cotone biologico: l’analisi fa emergere chiaramente che la scelta del cotone bt è molto più onerosa rispetto a quella del cotone biologico.

2) A proposito della relazione tra coltivazioni ogm e suicidi dei contadini: si tratta di un’associazione per deduzione come capita tutte le volte che ci si addentra in ambiti di indagine sconosciuti e di scarso interesse per chi ha i mezzi per finanziare la ricerca (v. multinazionali). Posto che il problema dei suicidi tra gli agricoltori indiani è presente da diversi anni, l’introduzione ufficiale del cotone bt nel 2002 non ha migliorato la situazione: sono aumentati i suicidi tra gli agricoltori anche a fronte di una diminuzione degli addetti. Quello che si può dedurre dai dati del rapporto annuale Accidental Deaths & Suicides in India del National Crime Records Bureau è che su un totale di 256.913 agricoltori che si sono suicidati in India dal 1995 al 2010 i dati mostrano che gli ultimi 8 anni sono peggiori rispetto ai precedenti 8. 

Circa 135.756 agricoltori si sono tolti la vita nel periodo 2003-2010 mentre il totale precedente era di 121.157. Circa 14.599 agricoltori in più in 8 anni a fronte di una diminuzione significativa degli addetti al settore.

Il maggior numero di suicidi in agricoltura avviene principalmente in 5 stati: Maharashtra, Karnataka; Andra Pradesh, Madhya Pradesh e Chattisgarh. Particolare la situazione del Maharasthra (più di 50.000 suicidi nel periodo considerato) dove nella zona del Vidharba il fenomeno ha assunto dimensioni preoccupanti anche per chi è scettico sulla relazione fra suicidi e coltivazione di cotone ogm, come l’International Food Policy Research Institute. Per leggere il dato: il Maharasthra e l’Andra Pradesh sono gli stati che, insieme al Gujarat, producono le quantità maggiori di cotone.

3) Nell’Andra Pradesh l’uso di cotone bt è passato dal 1% nel 2002 al 95% nel 2009, proprio sull’Andra Pradesh, il terzo stato indiano per produzione di cotone (gli altri sono il Maharastra e il Gujarat ) è incentrato lo studio “Picking the cotton” (vedi sopra). Sono state selezionate 27 piccole aziende (circa 2 ettari) che producono cotone bt e cotone organico e ne è stata messa a confronto la resa del cotone, i guadagni, i debiti e la qualità di vita.

Il risultato è che i contadini che coltivano cotone biologico rispetto a quelli che coltivano cotone bt hanno speso nel 2008/2009 e nel 2009/2010 circa la metà di quelli che coltivano cotone bt. Grazie al fatto che tendono a fare rete tra loro e a servirsi del microcredito accedono al prestito a condizioni più favorevoli. A pagina 9 dello studio già citato si legge infatti:

“Bt cotton farmers spent about 80% more money for paying the cost of loans than organic cotton farmers (74% more in 2009, 84% more in 2008; see Figure 1). This higher cost of loans is a direct consequence of the much higher cost of cultivation (seeds, pesticides and fertilisers) for Bt cotton farmers. As their cost of cultivation is much higher, Bt cotton farmers take loans for between 80% and 60% higher amounts than organic farmers (for 2009 and 2008 respectively, see Table 3). Consequently, due to much higher loan amounts and subsequence higher frequency of payment defaulting, Bt cotton farmers are not given more favourable loans by banks and microcredit groups. Thus Bt cotton farmers depend mostly on private moneylenders for their loans, and this explains the higher interest rates paid by Bt cotton farmers”.

4) A proposito del Bacillus Thuringensis nella coltura ogm non c’entra niente con quello che se ne fa in agricoltura biologica. Questo batterio del suolo, largamente usato anche in agricoltura biologica, nel cotone bt viene introdotto nel Dna del seme e specializzato per produrre una tossina: quando il verme inizia a mangiare una parte qualsiasi della pianta di cotone la tossina ne attacca l’intestino e il verme muore.  In pratica si introduce nei geni di una pianta un batterio: per questo si chiama cotone geneticamente modificato. In agricoltura biologica nessuno penserebbe di manipolare il Dna di una pianta introducendovi specie non vegetali, quindi non vi è nessuna parentela fra le due pratiche…

Di fatto molti parassiti con il tempo sono diventati resistenti alla tossina, non muoiono più e per essere debellati richiedono l’uso di pesticidi.

5) Mi permetto di segnalarvi due miei pezzi sugli ogm, che hanno per tema l’impegno che le multinazionali mettono nell’introdurre gli ogm in Europa e i possibili danni dei cibi ogm.

 

 Qualche indicazione bibliografica

Eyhorn F, Ramakrishnan M and Mäder P. 2007. The viability of cotton-based organic farming systems in India. International Journal of Agricultural Sustainability 5: 25-38.

Glover D. 2009. Undying promise: agricultural biotechnology’s pro-poor narrative, ten years on. STEPS Working Paper 15, Brighton: STEPS Centre.

Gruère GP, Mehta-Bhatt P and Sengupta D. 2008. Bt cotton and farmer suicides in India. Reviewing the evidence. International Food Policy Research Institute. Discussion Paper No. 808.

Hofs J-L, Fok M and Vaissayre M. 2006. Impact of Bt cotton adoption on pesticide use by smallholders: A 2-year survey in Makhatini Flats (South Africa). Crop Protection 25: 984-988.

Kuruganti K. 2009. Bt cotton and the myth of enhanced yields. Economic and Political Weekly Vol. xliv No. 22: 29-33.

Monsanto. 2010. Cotton in India: Cry1Ac resistance in Indian pink bollworms. 03/05/2010.

Nemes N. 2010. Seed security among organic cotton farmers in South India. Institute for Social Sciences of the Agricultural Sector, Department of Rural Communication and Extension. Universität Hohenheim, Stuttgart-Hohenheim, Germany. 

Pemsl DE, Gutierrez AP and Waibel H. 2008. The economics of biotechnology under ecosystem disruption. Ecological Economics 66: 177-183.

 Raney T. 2006. Economic impact of transgenic crops in developing countries. Current Opinion in Biotechnology 17: 174-178.

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