C’è un modo per modernizzare la Siae e impedire che i proventi derivanti dai concerti e dalle serate vadano nelle tasche dei soliti noti? Umberto Palazzo, musicista poliedrico e veterano, stanco come molti, dei “metodi” Siae ha lanciato su Facebook una class action. L’obiettivo è permettere a quei 20 o 30 mila aventi diritto di riscuotere, applicando un’equa divisione. “Magari si tratta di spiccioli, ma decine di migliaia di piccolissime quote oggi rappresentano milioni di euro, che vanno a poche persone con solo il merito di essere già ricche. Vi pare giusto?”

Il sistema attuale prevede l’obbligo di compilare i borderò (rossi o verdi a seconda della tipologia di serata, concerto o dj set) con i titoli dei brani suonati dal vivo o tramite supporti. Ma come funziona la ripartizione dei diritti d’autore maturati? Dal momento che ogni locale paga una quota alla Siae per la musica che viene eseguita, ci si aspetterebbe che in base a quelle liste verdi o rosse fossero ripartiti i proventi tra i rispettivi autori dei brani indicati in ciascun borderò. Non è così. Per quelli verdi della musica da ballo, la Siae lavora “a campione”, cioè manda i suoi ispettori a 500 serate e questi prendono nota dei pezzi più suonati. Poi tutto il ricavato annuo di tutte le feste da ballo viene ripartito tra i brani più suonati in quei 500 campioni. Per quanto riguarda i borderò rossi, cioè quelli riguardanti la musica dal vivo, dal 2007 vige lo stesso principio del campione per il 75%, mentre per il restante 25% ci si affida al sorteggio (ma se il borderò presenta anche solo una lettera fuori da uno spazio viene annullato e finisce nel calderone).

Umberto Palazzo scrive: “È stata scoperta un’orchestra in Campania che falsificava i programmi musicali, cioè su questi scriveva solo brani del capo-orchestra. Praticamente non si prende neanche in considerazione l’idea che ci siano artisti che suonino solo musica di propria composizione. Nell’immaginario corrotto di chi fa i regolamenti Siae esistono solo le orchestra che eseguono i successi dei supersoci. Questo va cambiato perché non è tollerabile suonare dal vivo per fare arricchire ancora di più Zucchero e Co.”

All’indomani della pubblicazione della nota è intervenuto un musicista brasiliano, Alberto Chicayban, membro fondatore della società brasiliana Amar (Associazione musicisti, arrangiatori e direttori d’orchestra), che ha fornito un prezioso contributo per far capire come la situazione sia stata risolta in Brasile: “Credo sia arrivato il momento della resa dei conti della Siae dopo tanti anni di prepotenze e danni al mestiere di musicista in Italia. Sarebbe interessante esaminare i sistemi (e la legislazione) usciti all’estero dopo iniziative d’innovazione nel campo del Diritto d’autore. In Brasile abbiamo avuto fino agli anni ’70 un sistema simile a quello italiano, nel quale una “casta” di “compositori” arraffavano quasi tutti gli incassi della società tramite pratiche a dir poco discutibile. Allora, noi musicisti abbiamo creato la Sombras (Sociedade musical brasileira) come ente di lotta contro il sistema ufficiale. E tramite dei tour organizzati e mirati, reso il grande pubblico informato dell’ingiustizia sostenuta dalla legge. Dopo pochi anni alcuni parlamentari hanno iniziato a sostenere la causa ed è stato elaborato progetto di legge insieme al nostro comitato. L’idea è stata quella di liberalizzare il sistema e aprirlo alla creazione di altre società; creare un ente indipendente (sotto sorveglianza del governo) di nome Ecad (Ufficio centrale di riscossione diritti) con l’incarico di incassare e distribuire i diritti appartenenti ai membri alle diverse società organizzate in maniera legale, e cambiare il sistema di controllo dell’esecuzione o utilizzo della musica con un altro soggetto ad auditing costante. Devo dire che il sistema brasiliano funziona bene, potrebbe essere un esempio da adottare in Italia”.

Pubblico la replica di Daniela d’Isa, capo ufficio stampa della Siae, con a seguire una mia controreplica (16 marzo 2012)

Caro Direttore,
il Fatto (nella versione on line) si è occupato l’8 marzo (con un articolo intitolato “Una proposta per modernizzare la SIAE”) e ieri 14 marzo (“La Siae di Nottingham”) della class action contro la SIAE promossa dal cantautore Umberto Palazzo.
Sulla ripartizione dei diritti musicali e prima ancora sulla rilevazione dell’utilizzo delle opere musicali si parla, spesso, senza conoscere la realtà delle cose. Qui di seguito trovi un comunicato che spiega, spero con la dovuta chiarezza, come si rilevano gli utilizzi, chi li fa, con quali mezzi, cercando anche di sfatare la leggenda metropolitana di quello che viene chiamato il “calderone”. Sono certa che il tuo giornale vorrà pubblicare anche le ragioni della SIAE che, credimi, sono e vogliono essere prima di tutto le ragioni di tutti i suoi associati.
Grazie per l’attenzione
Daniela d’Isa
Capo Ufficio Stampa SIAE

La class action contro la SIAE. La Società: né sceriffo di Nottingham, né Robin Hood :legittimi i sistemi di rilevazione e ripartizione dei diritti musicali

Non più soci e iscritti,  ma tutti “associati”
Lo Statuto della SIAE fin dal luglio 2001 non prevede più la distinzione degli autori (ed editori) associati tra Soci e iscritti ordinari ma tutti sono equiparati nell’unica qualifica di “associati”.

Risponde peraltro alla naturale e ovvia realtà del mercato il fatto che esistano autori (ed editori) con maggiori introiti di diritti rispetto agli altri, in relazione al successo delle loro opere in termini di utilizzazioni pubbliche in Italia e all’estero (dalle esecuzioni nei concerti ai passaggi in radiofonia e televisione, dalle  vendite dei dischi e download digitali  a tute le altre tipologie di pubbliche esecuzioni).

La ripartizione a campione (adottata anche in campo internazionale) solo in alcuni settori
Per quanto riguarda i sistemi di ripartizione “a campione” adottati dalla Sezione Musica essi esistono soltanto nei settori del ballo con musica registrata (le discoteche e analoghi locali) e dei cosiddetti “concertini”, cioè le esecuzioni di musica accessorie rispetto all’attività principale costituita dal consumo di bevande e/o alimenti (ad esempio il piano-bar). E’ invece effettuata in via completamente analitica, sulla base dei programmi musicali consegnati dagli organizzatori degli eventi, la ripartizione dei diritti incassati per  tutti i “concerti” (di qualunque tipo e qualunque sia l’afflusso di pubblico) e quella relativa agli eventi di ballo con musica dal vivo.

I sistemi di campionamento sono ormai vigenti da alcuni anni e sono previsti dalla Ordinanza di Ripartizione per la Sezione Musica che viene annualmente approvata con il parere della Commissione della Sezione Musica, organo nominato in esito alle elezioni quadriennali cui è chiamata l’intera base associativa della SIAE.

Si premette che sistemi di ripartizione “a campione” sono adottati dalle Società di Autori del mondo, in relazione alle specificità dei rispettivi mercati, e non costituiscono certo una “invenzione” o prerogativa della sola SIAE.

I sistemi di ripartizione a campione adottati dalla Sezione Musica della SIAE nei settori citati – e limitatamente ad essi – sono stati introdotti per assicurare una ripartizione il più possibile corretta dei proventi, tenuto conto della qualità dei programmi cartacei compilati per le tipologie di eventi in questione e di fenomeni endemici di distorsione dei dati.

Sotto il profilo tecnico-statistico i campioni in questione sono costituiti da  registrazioni dirette delle esecuzioni sul territorio nazionale e  da programmi musicali  compilati  dagli stessi esecutori,  estratti in base ad algoritmi di  scelta casuale.

Entrambe le componenti ( registrazioni e programmi) sono  stratificate in base a tutte le  diverse realtà territoriali d’Italia  e a tutti i mesi  dell’anno di utilizzazione.

Il campione complessivo quindi  è strutturato  al fine di perseguire la migliore possibile rappresentatività delle esecuzioni campionate rispetto al repertorio globalmente utilizzato.

Competenti e affidabili i tecnici che rilevano e identificano le opere
Per quanto riguarda poi le rilevazioni e l’identificazione delle opere rilevate si sottolinea  che gli incaricati sono scelti in base a criteri di sicurezza, affidabilità e competenza tecnico-musicale, gli strumenti di registrazione utilizzati sono di ultima generazione e le identificazioni avvengono, nel caso della musica registrata, con sofisticati sistemi di riconoscimento informatico basati su “finger print” sonore e, ove necessario in via residuale, anche con successivi interventi “manuali”. Nel caso della musica dal vivo (concertini), per la quale la tecnologia di riconoscimento informatico non è utilizzabile, vengono adottate metodologie di identificazione interamente “manuali” e tuttavia accuratissime che, utilizzando tutte le fonti disponibili (database interni, esterni, documenti sonori, partiture etc) consentono di identificare, mediamente  il 97% dei brani rilevati.

Non da ultimo occorre segnalare che i risultati delle rilevazioni, sia per gli eventi con musica registrata che per i concertini con musica dal vivo, sono anche confrontati con i programmi musicali cartacei relativi agli eventi campionati.

A proposito di “calderone”
Spesso viene chiamato poi in causa il cosiddetto “calderone”.

Nella nozione confusa di “calderone” vengono accorpati  una serie di incassi in realtà diversi e la cui ripartizione è stabilita da singole e specifiche normative.

Tra questi l’incasso relativo al compenso di “copia privata” che – impossibile da distribuire in via analitica – viene ripartito sulla base di apposita normativa a tutti gli associati (e alle società consorelle straniere) secondo criteri di proporzionalità.

Quanto alla musica d’ambiente diffusa nei pubblici esercizi con apparecchi radio, tv e lettori di diverso tipo – cui pure i proponenti della class action fanno cenno – i compensi incassati sono ripartiti in via indiretta ma comunque anch’essi a tutti gli associati (e alle società consorelle straniere) sulla base delle apposite norme dell’Ordinanza di Ripartizione; tra l’altro in questo settore la SIAE sta da diversi anni sviluppando – forse unica tra le società d’autori nel mondo – la ripartizione in via completamente analitica per quella musica d’ambiente diffusa negli esercizi commerciali da radio dedicate (Radio In Store), in presenza di requisiti minimi di sicurezza.

La mia controreplica

Il mio post “Una proposta per modernizzare la Siae” contiene già nel titolo quello che è il succo del suo contenuto, supportato oltretutto dalla testimonianza di un musicista brasiliano che racconta cosa è accaduto in Brasile.

Non una denuncia d’illegittimità, come si potrebbe fraintendere dal titolo del comunicato sul vostro sito “Siae: legittimi i criteri di ripartizione e rilevazione della musica”, bensì una proposta di cambiamento, di adeguamento a una realtà che i criteri Siae, per quanto adottati da diversi Paesi come da voi affermato (non per questo significa che si tratti dei migliori possibili), non riescono evidentemente a soddisfare. Una realtà composta da quella larga base di associati che, secondo quanto da voi riferito, elegge gli organi preposti a dare un parere all’Ordinanza di Ripartizione. Non sempre gli organi eletti dalla maggioranza garantiscono una conduzione secondo gli interessi della stessa, tante sono le variabili tra cui i criteri di elezione ad esempio.

Per quanto riguarda la parola “calderone”, che ho usato mutuandola dalla nota di Palazzo (che ho riportato, ove riassumendola, ove citandola testualmente), essa indica che vengono ascritte alle serate a campione anche quelle a estrazione il cui bollettino venga annullato (fermo restando che avete confutato questa teoria, a quanto pare frutto di leggenda metropolitana).

Penso che la Siae, che in Italia ha il monopolio (e se è vero che ciascun autore è libero di aderirvi o meno, tuttavia non può testare possibilità alternative a meno che non si appoggi a società straniere), dovrebbe tener presente tali istanze, testimonianza di un malcontento che, lungi dal voler diffondere informazioni distorte, tende invece a ipotizzare e augurarsi una situazione futura che sia più equa per tutti, per i piccoli come per i grandi autori. Se il sistema venisse “aggiustato” infatti, non avrebbero a temerne gli associati considerati più importanti (a livello di guadagni), ai quali nulla verrebbe tolto; viceversa potrebbero meglio beneficiarne coloro che a fronte di un rilevante contributo non vedono soddisfatte le loro legittime aspettative di guadagno e che sono tutti gli autori le cui serate rientrano quasi esclusivamente nei “concertini” (sono la minoranza i casi in cui gli associati tengono un “concerto” di quelli pagati con sistema analitico) pur non essendo la musica accessoria al bere e al mangiare.

RIVOLUZIONE YOUTUBER

di Andrea Amato e Matteo Maffucci 14€ Acquista
Articolo Precedente

Oltre l’otto marzo

next
Articolo Successivo

La musica è morta alla fine degli anni ’70?

next