Dodici anni fa la sperimentazione dell’autorità sanitaria nazionale, ministro era Rosi Bindi, bocciò la cura anticancro del professor Di Bella. Oggi la nuova sentenza dal tribunale del lavoro di Bari obbliga l’Asl del capoluogo pugliese ad imporne l’erogazione “immediata e gratuita” ad un uomo malato che ne aveva fatto richiesta. Torna con prepotenza agli onori della cronaca il multitrattamento del professore Luigi Di Bella, morto nel 2003 alla soglia dei 91 anni, laureatosi a Modena e una vita intera dedicata alla sperimentazione di una cura meno invasiva contro i tumori fatta di somatostatina, ciclofosfamide, ACTH e melatonina, rispetto all’ “ufficiale” chemioterapia.

E proprio come accadde nel 1997 scatta nuovamente dalla Puglia la scintilla per tornare a parlare del metodo contestato. All’epoca fu il pretore di Maglie (Lecce) Carlo Madaro ad autorizzare con un provvedimento la terapia per un bimbo affetto da cancro al cervello. Alla sentenza dell’epoca seguì una serie infinita di ricorsi che scatenò polemiche in Parlamento e l’attenzione fuori dall’ordinario creata dai quotidiani italiani che permise sia il decreto del febbraio 1998 che permetteva momentaneamente ai medici di prescrivere la cura; sia, di lì a poco, l’attesa sperimentazione, il cui esito suonò come una condanna senza appello: la terapia risultò inefficace e non priva di effetti collaterali.

Per alcuni mesi l’argomento rimase all’ordine del giorno sia sanitario che politico. Così se da un lato le associazioni dei pazienti richiedevano a gran voce la libertà di cura, dall’altro la comunità scientifica gettava acqua sul fuoco stigmatizzando la “qualità” della cura. In mezzo ci finirono pure le multinazionali del farmaco come BigPharma che non volevano mollare l’osso del monopolio curativo del cancro, i numerosi speculatori subito all’opera nel vendere somatostatina e perfino Alleanza Nazionale ad appoggiare la validità della cura Di Bella.

“Rilevo che in questi anni sono state oltre duemila in Italia le sentenze che hanno condannato le Asl a erogare la terapia di mio padre”, spiega dallo studio di via Marconi a Bologna Giuseppe Di Bella, medico otorinolaringoiatra, continuatore dell’attività del padre Luigi anche con un sito web. E nonostante  il parere negativo della sanità italiana certificato nel 1999 “il metodo si trova nelle banche dati scientifiche mondiali”, afferma Di Bella, “Basta andare sul sito Medline un database bibliografico di scienze della vita e discipline biomediche ed inserire le componenti del metodo di mio padre per verificare oltre 28mila voci dove si registra il loro effetto antitumorale. Invece la sperimentazione del 1998 è stata destituita di qualsiasi attendibilità scientifica: ci sono undici casi d’invalidazione e molti farmaci somministrati erano scaduti”.

Di Bella cita poi altre pubblicazioni scientifiche internazionali: “Una relazione su 553 casi presentata nel 2010 ad un congresso internazionale a Singapore, un altro studio presentato lo scorso anno ad un congresso mondiale di oncologia in Cina che riferisce dei primi 122 casi di tumore alla mammella guariti senza operazione, chemio o radio, e dove al quarto stadio la possibilità di sopravvivenza usualmente ritenuta non superiore al 19% con il metodo Di Bella sopravvive ormai il 50% delle donne”.

La comunità medica e politica però non è rimasta in silenzio. Già ieri sera il senatore Ignazio Marino ha rilasciato una dichiarazione alle agenzie di stampa: “Mi sembra paradossale che una terapia medica possa essere prescritta da un magistrato. Così come mi sembrerebbe strano se fosse un medico a concludere un processo”. “Non è vero”, ha subito risposto Di Bella, “Le parole del deputato Pd sono un semplice parere personale. I giudici sono tenuti a garantire il diritto costituzionale del paziente a curarsi come meglio crede in base alle evidenze scientifiche”.

Al centro della sentenza barese rimane infine la gratuità del metodo che, a quanto ricorda il figlio del suo inventore, viene prescritto da centinaia di medici, non migliaia, anche dall’estero: “Perché i costi della terapia usando la somatostatina biologica a 14 amminoacidi sono di 18 euro circa a fiala, e considerando tutti i componenti del metodo, l’MdB ha un costo che oscilla fra 620 e 800 euro al mese. Se si usano invece analoghi della somatostatina come l’ ‘octreotide depot’ (a lento rilascio) il costo è sensibilmente incrementato perché una singola fiala d’octreotide, che copre un mese, ha un costo di 1.700 euro circa.

“Proprio per questo”, chiosa Di Bella, “non chiediamo una nuova sperimentazione ufficiale, l’evidenza scientifica a livello internazionale è consolidata. Semmai, vista anche la crisi economica attuale, stiamo raccogliendo 100mila firme per richiedere al ministero la somministrazione gratuita della somatostatina”.

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