Il governatore della Calabria contro un colonnello dei Ros. Giuseppe Scopelliti contro Valerio Giardina. In mezzo il processo Meta e le sue molte implicazioni. Su tutte: la commistione tra ‘ndrangheta e politica. Teatro: Reggio Calabria. Protagonista: “Una lobby affaristico-massonica in cui vi sono i vertici delle cosche e della politica”. Lo dice Giardina che da ex comandante dei Ros coordinò le indagini terminate nel 2010. Ed è su questo che il militare ieri ha testimoniato in aula. Parole che sono andate di traverso allo stesso Scopelliti. E alle quali il governatore risponde oggi con una lettera aperta pubblicata in prima pagina sul Quotidiano della Calabria. Titolo: “Sconcertante, sarei sodale con nemici accertati”. Poche righe in corsivo in cui Scopelliti apprende “con stupore quanto dichiarato dal colonnello Giardina durante l’ultima udienza del processo Meta”. Rabbia, dunque. Dovuta al fatto che, a dire dell’ex sindaco di Reggio, Giardina “non si è limitato a illustrare le risultanze dell’attività di indagine, ma ha spacciato per tale delle, per come da lui stesso definito, deduzioni investigative del suo ufficio”.

Ma cosa ha detto di tanto grave il colonnello Giardina? In realtà il militare, che dopo aver diretto i Ros, ha comandato la compagnia di Locri, ha ripercorso alcune fasi dell’inchiesta concentrandosi, in particolare, sul noto banchetto di matrimonio organizzato da imprenditori in odore di mafia e al quale partecipò lo stesso Scopelliti. Ancora prima, però, il colonnello ha tratteggiato un quadro fosco delle commistioni che oggi inquinano la vita pubblica di Reggio Calabria. Esattamente quella lobby affaristico-massonica di cui, stando a Giardina, farebbero parte lo stesso Scopelliti assieme al fratello Consolato.

Insomma, in aula, ieri, si è parlato di una sorta di cupola che tiene insieme interessi diversi ma convergenti. Politica e mafia. In aula se ne era già fatto cenno nelle scorse udienza. Ieri, però, Giardina ha portato un carico da novanta che ha mandato su tutte le furie il governatore, il quale non risulta coinvolto nel processo. Un mancato avviso di garanzia che sorprende alcuni degli intercettati. “Non gli è arrivato un avviso di garanzia perché si è attorniato di questi personaggi”. Dubbi confermati dallo stesso Giardina in aula. “Abbiamo documentato rapporti tra Scopelliti con i vertici delle cosche di Villa San Giovanni e Reggio Calabria”. Viene citata una telefonata tra Domenico Barbieri (imprenditore in odore di mafia) e Franco Labate in cui si fa riferimento al pentito Nino Fiume che, già vicino alla cosca De Stefano, un tempo avrebbe monitorato sull’operato del sindaco Scopellitti, poi appoggiato dagli stessi De Stefano. “Appare singolare – sbotta Scoppelliti nella sua lettera – che Giardina non ricordi che lo stesso Fiume ha iniziato la sua attività di collaboratore nel febbraio del 2002, quando la prima elezione è avvenuta nei mesi successivi”.

Il colonnello Giardina parla anche del fratello di Scopelliti che da imprenditore era a conoscenza di alcune dinamiche dei lavori pubblici. “In questo modo – spiega il militare – la gestione degli appalti era altamente inquinata”. E ancora: “La ditta Edilma di Santo Marcianò ottiene i lavori grazie a Consolato Scopelliti in combutta con l’ingegnere Crucitti (dirigente dell’ufficio Lavori Pubblici)”.

Quindi si arriva al banchetto di nozze del 15 ottobre 2006. Qui arriva lo stesso Scopelliti a bordo di un’auto della questura di Roma. Ci starà poco e poi andrà allo stadio a vedere la Reggina vincere 1 a 0 contro la Roma. Giardina racconta e dice: “La notizia della presenza di Scopelliti ci ha sconcertato”. Parole che, a dire di Scoppelliti, non ricostruiscono fatti ma li commentano. Da qui l’attacco del governatore: “La gravità di queste affermazioni mi fa riflettere sul perché un uomo delle istituzioni e quindi dello Stato abbia tenuto un comportamento sprezzante ed oltraggioso dei valori che lui stesso dovrebbe rappresentare”. Da.Mil.

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