Non bastavano le pensioni. A complicare l’iter della manovra ora arriva il parere dei tecnici. E per il governo dell’equità, del rigore e dello sviluppo si annunciano le prime grane, tanto sullo scudo fiscale che sulla perequazione delle pensioni e la gestione dell’asta delle frequenze televisive.

TASSA SULLO SCUDO? NON SI PUO’

La tassa sui capitali scudati, infatti, “potrebbe non trovare applicazione sul complesso dei capitali già emersi”. Lo mette nero su bianco il Servizio Studi del Dipartimento Bilancio della Camera. “Pur considerando la quantificazione del gettito potenziale coerente con i dati disponibili sui capitali finora emersi per l’effetto della normativa vigente, l’applicazione dell’imposta straordinaria prevista dalla norma in esame potrebbe non trovare applicazione sul complesso dei capitali già emersi. Tale situazione – spiegano i tecnici – potrebbe verificarsi nel caso in cui il contribuente scudato ha investito i capitali emersi in altre attività finanziarie ovvero ha spostato la sua posizione presso un altro intermediario. In tale ultimo caso, in cui il vecchio intermediario non ha la provvista e il nuovo non ha la dichiarazione riservata, non appare chiaro quale debba essere il sostituto d’imposta”. Tradotto, il governo potrebbe andare a chiedere soldi a persone che non li hanno più. O che li hanno già spostati su altro investimento. Ma non basta. Quanto all’obbligo degli intermediari di segnalare all’Agenzia delle Entrate i contribuenti nei confronti dei quali non è stata applicata e versata l’imposta a causa dell’intervenuta cessazione del rapporto di deposito o per non aver ricevuto la provvista, si evidenzia “la necessità di acquisire chiarimenti circa la compatibilità di tale segnalazione con la garanzia di anonimato delle dichiarazioni di emersione delle attività da parte degli intermediari nei confronti dell’amministrazione finanziaria, prevista dalla normativa vigente, al fine di escludere effetti pregiudizievoli sulle maggiori entrate ascritte alla norma in esame”. Come a dire che i diretti interessati, ai quali è stata data garanzia di anonimato pur di riportare i soldi in Italia, potrebbero anche protestare. E le proteste potrebbero sfociare in ricorsi la cui durata non garantirebbe, ovviamente, l’immediato incasso da parte dello Stato dell’agognato 1,5%.

Nel dossier del Servizio Bilancio si evidenzia anche “la necessità di acquisire chiarimenti circa la compatibilità di tale segnalazione con la garanzia di anonimato delle dichiarazioni di emersione delle attività da parte degli intermediari nei confronti dell’amministrazione finanziaria, prevista dalla normativa vigente, al fine di escludere effetti pregiudizievoli sulle maggiori entrate ascritte alla norma in esame”. I tecnici rilevano inoltre che “l’entrata prevista sembrerebbe assumere carattere di una tantum: andrebbe pertanto acquisito un chiarimento del Governo sui possibili effetti in termini di indebitamento netto strutturale”.

INDICIZZAZIONE PENSIONI IN FORSE

Insomma, la ritassazione dello scudo potrebbe saltare, lasciando nella manovra del professor Monti un buco da 3 miliardi. Difficile, quindi, che possa concretizzarsi l’emendamento bipartisan per estendere l’indicizzazione delle pensioni agli assegni fino a 1400 euro. I relatori del provvedimento, Pier Paolo Baretta (Pd) e Maurizio Leo (Pdl) ancora stamattina lo davano per certo, a margine dei lavori alla Camera. “Penso e mi auguro che sia il risultato di emendamenti che presenteranno i relatori in Commissione”, ha detto Baretta. “Dalle relazioni illustrate stamattina in Commissione – ha aggiunto – emerge una possibile posizione comune. Ora bisogna sentire il governo e trovare le adeguate coperture per le soluzioni su Imu e pensioni”.

BERLUSCONI CONTRO IL BEAUTY CONTEST A PAGAMENTO

Ma il problema della copertura resta, perché “una delle ipotesi – aveva spiegato Baretta – riguarda lo scudo fiscale”. L’altra possibile opzione è quella di incassare “con l’asta delle frequenze”. La Ragioneria, ha spiegato Baretta, stima che la copertura necessaria è di circa 2 miliardi di euro. Ma qui il problema oltre che tecnico, diventa politico. Perché per fare cassa con il beauty contest, il governo dovrebbe convincere i concorrenti (e quindi anche Berlusconi, via Mediaset) a pagare per qualcosa che fino ad ora era stato offerto gratuitamente. Di certo un provvedimento simile non troverebbe uguale gradimento. E se anche fosse possibile porre le frequenze in asta a pagamento, resta il problema di finanziare un provvedimento oggi con soldi che saranno incamerati (forse) domani. Lo stesso Berlusconi lo ha detto chiaramente oggi pomeriggio parlando a Marsiglia, a margine dell’incontro del Ppe: “Temo che se ci fosse da fare una gara per le frequenze, potrebbe andare veramente disertata da molti”. Per poi aggiungere: “Non ho un’opinione, non ho affrontato il problema. Ho visto che un protagonista del mondo televisivo ha rinunciato” (sky, ndr.) a correre per le frequenze. Ma “per quello che ne so io c’è ancora molta incertezza anche nell’azienda che fa capo a me di cui pero’ non mi occupo. Su questo c’è molta freddezza”.

PROVINCE

Intanto, la commissione Affari costituzionali della Camera ha dato il via libera al testo del decreto, ma puntando l’attenzione sulle previsioni che riguardano il sistema delle province. La commissione chiede che vengano definite per legge tutte le modalità elettorali che riguardano gli incarichi elettivi perché con decreto non si può fare.Serve, inoltre, una norma transitoria che tenga conto del fatto che sette sono le province (Vicenza, Ancona, Ragusa, Como, Belluno, Genova e La Spezia) che fra aprile e giugno 2012, cioè in corrispondenza dei termini fissati dal decreto, andranno al voto per scadenza naturale. Non solo: per la commissione prima della Camera è necessario modificare, togliendo l’aggettivo ‘politico’, il passaggio in cui si stabilisce che alla Provincia spettano le funzioni “di coordinamento e di indirizzo politico dei comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale” . Infine, sulla “gratutità” delle cariche elettive di enti territoriali non previsti dalla costituzione, come i municipi delle grandi città, l’indicazione della commissione è che la previsione vada applicata solo a partire dal momento del rinnovo degli enti.

STOP ALLE PENSIONI CASH

Tra le nuove norme della manovra, l’abbassamento della soglia per l’uso del contante: riguarderà anche le pensioni: quelle superiori ai 500 euro, se erogate da amministrazioni pubbliche, non potranno essere più pagate in contanti, ma serviranno strumenti di pagamento elettronico, di banche o poste. La stessa norma vale per stipendi e compensi pubblici.

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