A poco più di due settimane dall’ultimo suicidio dietro le sbarre, nella notte un altro detenuto del carcere Dozza di Bologna si è tolto la vita. L’uomo di origine magrebina ha inalato il gas della bomboletta che teneva regolarmente in cella per cucinare. La notizia è stata diffusa da Giovanni Battista Durante, il segretario aggiunto del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria. “Il detenuto è stato trovato dagli agenti, che hanno subito avvertito i soccorsi. Ma per l’uomo non c’è stato nulla da fare”.

“Non capiamo  – ha aggiunto Durante – perché l’ amministrazione non modifichi il regolamento penitenziario, per evitare che i detenuti detengano le bombolette”. Soprattutto i tossicodipendenti infatti le usano come sostitutivo della droga.

Con quello di questa notte, il numero di suicidi in cella in Italia, dall’inizio dell’anno, sale a 60. Mentre solo in Emilia Romagna si tratta del terzo caso in poche settimane. Il 18 novembre si era impiccato un uomo colombiano, in carcere a Bologna perché accusato di aver fatto da mediatore tra narcotrafficanti sudamericani e boss dell’ndrangheta. Pochi giorni prima di lui, un uomo si era tolto la vita nell’Opg di Reggio Emilia.

La situazione alla Dozza, come in gran parte delle carceri italiane, è drammatica. Nato per ospitare massimo 502 persone, ce ne sono in media 1050, più del doppio. Di queste circa 300 soffrono di gravi problemi di tossicodipendenza, e dovrebbero quindi poter usufruire di misure alternative alla detenzione. Ad aggravare la situazione la carenza di personale di polizia. In Emilia-Romagna ci sono duemila detenuti in più rispetto ai posti previsti e mancano 650 agenti. Mentre solo a Bologna mancano 200 persone.

g.z.

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