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Amianto, dodici indagati nell’esercito per la morte di oltre 200 marinai

Il sostituto procuratore di Torino Raffaele Guariniello ha deciso di procedere per disastro colposo e omissione dolosa di cautele infortunistiche nei confronti di una dozzina di ufficiali della Marina militare. I militari deceduti si sarebbero ammalati di tumore dopo aver prestato servizio in aree di imbarcazioni rivestite con il materiale cancerogeno
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Sono 223 le persone morte per mesotelioma pleurico o peritoneale, forme di tumore riconducibili all’esposizione da amianto. Il materiale cancerogeno era presente sulle navi della Marina militare dove i 223 marinai, alcuni di carriera, altri di leva, avevano prestato servizio. Questa la tesi sostenuta dalla Procura di Torino che ha iscritto nel registro degli indagati una dozzina di persone tra Capi di Stato Maggiore e altre figure di vertice della Marina italiana in servizio negli anni ’80 e’90. Ipotesi di reato: disastro colposo e omissione dolosa di cautele infortunistiche. In quegli anni, infatti, la pericolosità dell’amianto era cosa nota. Accuse pesanti a cui il sostituto procuratore Raffaele Guariniello, che da oltre due anni coordina l’inchiesta della Procura torinese, è arrivato dopo aver raccolto tutti i casi sospetti, cercando i nominativi negli uffici dell’anagrafe e nei registri dei tumori e incrociando queste informazioni con le azioni di bonifica da amianto sulle navi militari italiane a bordo delle quali le vittime avevano prestato servizio.

Non tutti erano militari di professione: molti degli uomini deceduti si erano ammalati durante il servizio di leva, che all’epoca dei fatti era obbligatorio: erano fuochisti, motoristi, caldaisti. Tutte mansioni che si svolgono vicino alle centrali termiche, isolate dal resto dell’imbarcazione con rivestimenti in amianto. Al procuratore Guariniello stanno arrivando intanto da tutta Italia lettere di familiari delle vittime che segnalano la propria storia e chiedono aiuto per ottenere anche un risarcimento in denaro.

Dal punto di vista processuale la vicenda ha un precedente: l’inchiesta aperta a Padova nel gennaio del 2010 dopo la morte di oltre 500 militari in servizio nelle basi di Monfalcone, La Spezia e Taranto. Proprio a seguito di una segnalazione della procura di Padova è stato aperto anche il fascicolo torinese. Il processo padovano è ancora in corso, ma già prima del suo inizio il Ministero della Difesa pagò un indennizzo di 800 e 850mila euro alle famiglie di un comandante e di un maresciallo.

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