La sperimentazione è finita. Da lunedì 18 luglio diventano legali il poker cash e i giochi da casinò online: dadi, roulette, black jack. Si potrà giocare con soldi veri, e non più con un semplice gettone prepagato. E si potrà giocare ovunque: collegandosi online da casa, dal lavoro, da una postazione Internet pubblica. La puntata massima è fissata in 1.000 euro per sessione, e in ogni momento il giocatore potrà “abbandonare il tavolo”. Chi accede a un sito di poker cash sarà costretto a fissare un limite di spesa settimanale o mensile. Raggiunto il tetto, non verrà più data la possibilità di giocare. La richiesta di innalzamento del limite richiederà una procedura di una settimana.

La liberalizzazione di poker e casinò online, studiata dai tecnici del ministero dell’Economia, fa parte del cosiddetto “Decreto Abruzzo” del 2009, volto a raccogliere fondi per l’Aquila e la regione colpita dal sisma. In realtà si tratta di una rivoluzione – culturale, giuridica, economica – che promette di cambiare le abitudini degli italiani e rimpinguare abbondantemente le casse dello Stato e degli operatori del settore (circa duecento, tra i concessionari che hanno già le licenze e i nuovi player).

Secondo l’agenzia specializzata Agipronews, poker cash e casinò online potrebbero risolversi in un affare enorme: un miliardo e mezzo di euro al mese (800 milioni per il poker e 700 per il casinò). 18 miliardi all’anno, molto al di sopra dei circa 4,8 miliardi di euro annui che il settore fattura oggi. Lo Stato incasserà un’imposta unica del 20% al netto delle vincite restituite al giocatore. Un’entrata che potrebbe provocare un notevole balzo in avanti per i Monopoli di Stato, che l’anno scorso hanno già totalizzato la cifra record di 61 miliardi di introiti – tra lotterie, superenalotto, videolotteries, skill games: praticamente, il 4% del Pil nazionale.

Gli operatori del settore sperano di incentivare gli scommettitori attraverso il payout, il ritorno delle vincite, che dovrebbe essere di circa il 90%. Nel poker cash inoltre, a differenza della modalità torneo in voga sinora, la quantità di denaro che un giocatore investe nei chips (le fiches virtuali) varia, creando un disvalore tra i giocatori (nelle poker-room ora legali si versa invece una somma iniziale fissa, 250 euro, e si riceve un corrispondete in chips, esaurito il quale si esce). Sarà a questo punto possibile scommettere contro il banco. L’obiettivo del nuovo sistema è chiaro: i giocatori potranno vincere di più, ma anche perdere molto di più, nel caso volessero “rifarsi”.

La liberalizzazione del poker online fa parte di un trend ampiamente diffuso in molti Paesi occidentali (ci sono già passati Stati Uniti, Francia, Svizzera, nel futuro la Grecia), volto a far cassa in un momento di gravi difficoltà finanziarie per gli Stati. Le conseguenze non sono però facilmente prevedibili, sia a livello sociale che economico. Uno studio pubblicato dai Monopoli di Stato e da Lottomatica in collaborazione con la Sapienza di Roma (e di cui ilfattoquotidiano.it ha dato conto il 7 febbraio scorso), mostra che le persone a rischio di “ludopatia” in Italia sono quasi mezzo milione. L’ampliarsi della possibilità di scommessa online potrebbe aumentare la situazione di dipendenza e di comportamenti compulsivi legati al gioco (soprattutto in un momento di incertezze economiche come quello attuale). Attualmente almeno tre milioni di italiani (c’è chi dice cinque) giocano a poker online, e almeno 120mila sono considerati patologici.

Secondo alcuni critici, non va inoltre sottovalutata la possibilità di infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore. Secondo un’indagine della Guardia di Finanza, i proventi dal gioco illecito che le varie organizzazioni malavitose totalizzeranno nel 2011 arriverà a 180 miliardi di euro, ben al di sopra di quelli ottenuti in modo legale. Più volte Commissione Antimafia e Monopoli di Stato hanno fatto notare che l’ampliamento dell’online potrebbe risolversi in una nuova fonte di guadagno per le mafie organizzate, in Italia e all’estero.

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