Chi è il responsabile dell’elezione di Bruno Cesario nella lista del Pd? Di chi è la colpa di aver fatto entrare in Parlamento un deputato che avrebbe dovuto lavorare per far cadere il governo di Silvio Berlusconi e invece col suo voto favorevole potrebbe determinarne la salvezza? Se per il celebre Massimo Calearo le responsabilità sono evidenti (trattasi di una delle sciagurate invenzioni di Walter Veltroni nell’album Panini delle sue candidature, nel riquadro ‘l’industriale’), per un peone di provincia come il semisconosciuto parlamentare di San Giorgio a Cremano, la città di Massimo Troisi, ricostruire la filiera della candidatura è un po’ più complicato. Faccio il giornalista nel napoletano e chissà quante volte in questi giorni ho sentito pormi questa domanda da un milione di dollari.

Ho provato a rispondere. Scavando nei ricordi delle campagne elettorali del 2006 e del 2008. Ero il responsabile della cronaca politica di un quotidiano dell’area vesuviana. All’epoca la fotografia era la seguente: Cesario proviene dall’area dell’ex Ppi ed è un fedelissimo di Ciriaco De Mita. Fedelissimo forse è un termine riduttivo. Siccome in quegli anni dire sempre sì al leader di Nusco, padrone assoluto della Margherita campana, nelle sue manovre politico-spartitorie significava assicurarsi potere e avanzamenti, per Cesario nel 2006 si spalancano le porte di una candidatura in postazione sicura nella lista della Margherita alla Camera dei Deputati, circoscrizione Napoli. Cesario assicura sostegno granitico al governo Prodi, certo. Ma di un estintore scopri se funziona solo nel momento dell’incendio. E alla Camera, con il centrosinistra in possesso di una maggioranza granitica, non si accende mai nemmeno un fuocherello. Prodi cade al Senato, dove i numeri sono minimi ed è il salto della quaglia di mastelliani e diniani.

Così nell’aprile 2008 si arriva a nuove elezioni. Il Pd campano le affronta con il trauma ancora fresco dell’addio di De Mita (parlamentare dal 1963…), inviperito per il no di Veltroni all’ennesima ricandidatura, e pronto a candidarsi al Senato nell’Udc di Casini. E con un segretario regionale, il salernitano Tino Iannuzzi, demitiano e scelto da De Mita per metabolizzare il divieto veltroniano di candidarsi alla guida della segreteria campana. Iannuzzi e altri demitiani doc non seguono il loro (ex) capo nell’avventura Udc. Ma la Campania è travolta in quelle settimane da una disastrosa emergenza rifiuti. In Regione la popolarità del Governatore Pd, Antonio Bassolino, raggiunge i minimi storici. Il Pd campano, in profonda crisi di credibilità presso l’opinione pubblica, viene di fatto ‘commissariato’ da Roma. Il loft detta le candidature e piazza a Napoli e in Campania in posizioni ultrasicure il capo della segreteria di Rutelli, la segretaria di Giuseppe Fioroni, lo sconosciuto ministro all’Attuazione del Programma mai visto prima da queste parti, il portavoce di Romano Prodi. I bassoliniani sono epurati. Ma Iannuzzi riesce a salvare la pelle dei demitiani rimasti fedeli al Pd. Di sé stesso, innanzitutto, rieletto in cima alla lista democrat per la Camera nella circoscrizione Campania 2. E di Cesario, che però viene piazzato in posizione incerta in Campania 1 e messo a lavorare duramente, a cercare i voti casa per casa. Verrà rieletto, sì. Ma solo perché Massimo D’Alema, capolista Pd a Napoli, opterà per l’elezione in Puglia. Con il senno di poi, se D’Alema avesse deciso diversamente, oggi i democratici avrebbero un voto in più all’appuntamento del 14 dicembre.

Postilla. Iannuzzi non è più il segretario campano del Pd. Dopo una impressionante serie di sconfitte dei democratici alle principali tornate amministrative, è stato sostituito dall’ex diessino Enzo Amendola. Cesario per un po’ ha stretto un patto di ferro sul territorio con l’ex diniano Pasquale Sommese, il signore delle preferenze della Margherita in Regione Campania, ben 34.000 nella tornata del 2005, per un po’ l’uomo di fiducia di Giuseppe Fioroni nel vesuviano. Poi nel 2009, con l’elezione di Bersani alla segreteria nazionale del Pd, Cesario ha seguito per pochi mesi Rutelli nell’Api. Fino alla giravolta finale pro-Berlusconi. Anche Sommese nel 2010 ha lasciato la baracca del Pd e si è candidato alle ultime regionali nell’Udc, alleato col Pdl, risultando eletto con oltre 20.000 preferenze. Ora fa l’assessore al Personale nella giunta del Governatore azzurro Stefano Caldoro.

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