Sono durate meno di un anno le buone intenzioni di Aci e Inps di “regalare” a tutti i cittadini italiani un indirizzo di posta elettronica certificata, supportando così il progetto di evangelizzazione all’uso della PEC, caro al ministro dell’Innovazione, Renato Brunetta.

Aci e Inps, infatti, nei giorni scorsi, hanno annunciato la fine della “sperimentazione” (ndr: si trattava, in realtà, di due progetti pilota e non è comunque chiaro quale sarebbe stato l’obiettivo di questa mini-sperimentazione) avviata con la firma di due (12) distinti protocolli d’intesa con il ministero dell’Innovazione, il 30 settembre 2009. I due enti, in occasione della firma del protocollo, avevano promesso, in una solenne conferenza stampa alla presenza del ministro dell’Innovazione, di aver intenzione di distribuire milioni e milioni di indirizzi di posta elettronica certificata (3 milioni solo l’Inps) così come, d’altra parte, lasciava ritenere la data di scadenza dei due protocolli d’intesa, fissata per il 31 dicembre 2012.

Nulla da fare, invece. Gli utenti degli indirizzi di posta elettronica certificata sin qui rilasciati da Aci e Inps, nei prossimi giorni, verranno trasferiti di imperio a Poste Italiane, concessionaria di Stato per la posta elettronica certificata. Non è dato sapere quali siano le ragioni che hanno indotto Aci e Inps a farsi da parte anzitempo e a lasciare libero il campo a Poste Italiane, né quanti indirizzi di posta elettronica i due enti abbiano, sin qui, attivato. Si può, tuttavia, ipotizzare che la ragione sia dettata dagli scarsissimi risultati sin qui ottenuti dal ministro Brunetta che dopo aver annunciato che milioni di italiani, entro la fine dell’anno, avrebbero utilizzato la PEC, deve oggi prendere atto che Poste Italiane ha attivato solo 167.311 (alle 13.04 del 19 settembre) indirizzi di posta elettronica certificata gratuiti. Il ministro, quindi, ha probabilmente chiesto ad Aci e Inps di cessare la distribuzione di indirizzi PEC e cedere i propri utenti a Poste Italiane così da far lievitare – anche se di poco – il numero complessivo di indirizzi assegnati. 167 mila indirizzi – sempre che nella cifra resa nota da Poste Italiane non siano ricompresi anche gli indirizzi assegnati alle pubbliche amministrazioni – significa, più o meno, lo 0.27% dei cittadini italiani: decisamente poco per ipotizzare che la PEC sia il nuovo canale di comunicazione tra amministrazione e cittadini.

Ma c’è di più. La scelta del ministro Brunetta di regalare agli italiani un mini-indirizzo PEC, ovvero un indirizzo di posta elettronica attraverso il quale questi ultimi possono comunicare esclusivamente con la Pubblica Amministrazione costituisce un insuperabile freno alla diffusione di questo strumento di comunicazione. Basti pensare che lo stesso Inps – pioniere della posta elettronica certificata e alfiere del ministro nella politica dell’innovazione – nelle scorse settimane, nel richiedere agli avvocati della Lombardia di iscriversi nelle proprie liste per ottenere eventuali incarichi, è stato costretto a rinunciare all’utilizzo della posta elettronica certificata in quanto i propri indirizzi CEC-PAC non sono interoperabili con quelli PEC dei quali sono dotati i liberi professionisti. L’Inps ha quindi chiesto ai professionisti lombardi di utilizzare il proprio sito internet – come è peraltro ragionevole che sia – per iscriversi e si è dichiarato disponibile a fornire loro chiarimenti a mezzo fax o telefono.

A parte Poste Italiane – e naturalmente il ministro Brunetta – sembra che siano in pochi a trovare utile la PEC. Forse sarebbe il caso di tornare indietro prima che sia troppo tardi.

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