PETER GOMEZ Tra lo scudo e il Carroccio

Il pallino è in mano alla Lega. Bossi sosterrà B. finché penserà di poter ottenere il federalismo. Ma il sentiero è stretto. Perchè il Cavaliere ha due necessità primarie. Allargare la maggioranza e ottenere l’impunità per sè e i suoi amici. Il 14 dicembre la Consulta esaminerà, e verosimilmente casserà, la legge sul legittimo impedimento: la norma che blocca i dibattimenti contro il premier e tutti i ministri. Prima di allora, per l’imputato B. è così necessario approvare lo scudo di riserva: il processo breve. Per farlo servono nuovi deputati. B. punta, sotto la regia dell’imputato Dell’Utri, ad imbarcare i parlamentari vicini all’imputato Cuffaro e molti altri impresentabili. Se non ci riuscirà si appellerà alla piazza. E userà i media per randellare non solo i finiani, ma chiunque nel centro-destra pensasse di seguirli. A Bossi, però, battere questa strada conviene poco. Significa rimandare il federalismo a un eventuale dopo elezioni. Più facile che stacchi la spina e tratti su un tavolo diverso.

NANDO DALLA CHIESA Tutti al mercato, poi c’è Pompei

Sarà un grande mercato. È l’Italia, bellezza. Le leggi della politica a uccidere il mercato; le leggi del mercato a uccidere la politica. Ora che la maggioranza si è fatta incerta (Verdini o Dell’Utri mica possono perdere tempo in Parlamento), sarà sempre campagna acquisti. A decine verranno insidiati e lusingati con i metodi già illuminati dalle intercettazioni maledette: incarichi inverosimili, posti per mogli e amanti, comparsate tivù per piccoli narcisi crescono. La Lega alzerà il prezzo su tutto, prenderà il comando del nord, a partire dal sindaco di Milano. tutti varranno di più: Lombardo e Micciché, i centristi di destra e i centristi di sinistra, e gli italiani capiranno meglio perché si sta al centro. Mentre gli elettori democratici dopo l’operazione Vietti si sentiranno fatti fessi due volte. I nani diventeranno giganti, capaci di tenere su o far cadere un governo, come sempre. E a Napolitano toccherà impedire le elezioni più disastrose della Repubblica e, insieme, la morte definitiva della politica. Auguri a tutti prima di Pompei.

LUCA TELESE Metamorfosi di un incoerente

Se c’è una cosa che a Fini riesce incredibilmente bene è rigenerarsi. Entrare e uscire da storie e matrimoni come si cambiano cravatte e occhiali. È vero, non c’è parentela possibile fra il ragazzo del Fronte della Gioventù con i rayban e l’uomo con la montatura di acciaio sottile che difende il multiculturalismo, fra il missino che sventolava la Fiamma con Le Pen e l’uomo della destra europea che si batte per la fecondazione assistita. Scordatevi la coerenza: Fini non ce l’ha e non pretende di averla. Ma siccome non ce l’ha nessuno, il problema è relativo. Il vero punto, invece, è capire se riuscirà a tenere uniti tutti i suoi sincretismi contradditori di oggi: uomo delle istituzioni ma anche di partito, rifondatore della destra del futuro, ma anche resuscitare dell’orgoglio antiberlusconiano missino. Fini ieri ha archiviato Casalecchio del Reno, il predellino, le comiche finali e l’Auditorium, 17 anni di vita. Ma forse, come nel 1991, passando da un errore a una premonizione, riuscirà ad azzeccare il cambio di epoca.