In Italia si assiste di tanto in tanto a uno “strano fenomeno”, un evento così sorprendente al cui cospetto il fascino di un’ aurora boreale scade a livello del banale fastidio generato dalla visione di un partecipante dell’Isola dei Famosi che si taglia le unghie dei piedi. Mi faccio i complimenti da solo per questa agghiacciante e contorta immagine d’esordio. Comunque, questo “strano fenomeno” si verifica sempre, ogni qualvolta accade qualcosa (per esempio viene rilasciata una dichiarazione, si assiste a un comportamento, a una reazione, a una presa di posizione…) che per sua natura disturba la quiete marmorea del mondo cattolico. In cattolici, quando si sentono attaccati e/o messi in discussione, reagiscono, scatenando lo “strano fenomeno” che consiste in un putiferio mediatico sul tema della laicità dello stato.

La dinamica è ricorrente e la regia è sempre la stessa. Gli attaccanti si predispongono ad assalti alla baionetta oppure si accingono a prodursi in sassaiole modello “intifada”.. Pannella come un neo Balilla – non nel senso dell’ONB parascolastica del ventennio ma nel senso originario genovese di Giambattista Perasso – impugna una pietra e grida “Che l’inse?” A quel punto viene affrontato dal cardinal Bertone che citando il Vangelo risponde “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Dopo questa scaramuccia insensata e anacronistica i difensori dei privilegi della chiesa alzano le barricate e danno vita a un fuoco incrociato protettivo utilizzando olio bollente, spade laser, specchi ustori e la Gelmini.

Nel breve volgere di pochi istanti si genera così un clima apocalittico del cazzo, collocabile a metà strada tra la battaglia di Stalingrado e la Batracomiomachia. Gasparri e La Russa sono solitamente tra i primi a passare all’azione e lo fanno attaccando la sinistra per la sua faziosità…quando gli fanno notare che nessuno della sinistra si è ancora espresso sul problema in questione, ribattono sostenendo che la loro è una critica preventiva… successivamente, il “filosofo” Buttiglione (filosofo…come se non esistesse una differenza sostanziale tra un “filosofo” e un “laureato in filosofia”…) si esibisce in una ridda di citazioni dotte e date precise (con grande sfoggio di splendido nozionismo) atte a “dimostrare” le radici cristiane dell’Italia, dell’Europa, del Globo Terracqueo, della Galassia e di tutto l’Universo (buchi neri compresi)… perché fin dai tempi di Pangea si poteva intravedere il disegno di Dio… perchè il primo essere anfibio che giunse sulla terra ringraziò l’Eterno sacrificando cefalopodi e trilobiti su un altare costruito con muschi e licheni sparsi su un letto di felci… ecco, per favore, smettiamola di associare la parola “filosofo” al termine “Buttiglione”…

Immediatamente dopo, Berlusconi in diretta TV da Villa Certosa, dove sta partecipando a un festino di quelli “giusti”, dichiara a reti unificate con le guance impiastricciate di rossetto, che la morale cattolica va rispettata e difesa… poi una volta chiusa la trasmissione si ributta nell’orgia che abbandonerà come sempre di li a poco per “legittimo impedimento” … L’etere viene quindi occupato da Cicchitto e Schifani che dicono di trovarsi d’accordo col “Santo Padre” senza rendersi conto che la persona così definita, per il momento, non è ancora “santo”, e non è mai stata “padre”…. Quindi è la volta dell’opposizione (si fa per dire)…D’Alema evita una presa di posizione risoluta facendo sfoggio di un certo “equilibrismo” (anni di barca a vela serviranno pure a qualcosa!), Bersani, col suo proverbiale senso pratico emiliano, minimizza e si schiera dalla parte dei lavoratori di Brescello insieme a Don Camillo…

E’ a questo punto che i cardinali invadono il video come carri armati del Risiko in procinto di occupare la Kamchakta… torna in scena Pannella che cita “le grandi battaglie del divorzio e dell’aborto”, se la prende con la “partitocrazia” e inveisce contro il “potere clerico – fascista”… gli atei si scatenano reclamando il diritto di replica , Bruno Vespa organizza una puntata di Porta a Porta dove intervista il Papa, Bondi e la Sindone… il leader dell’UDC, Ma guardi/Casini, cerca perennemente una terza via al dibattito che per lui è sempre mal posto… i giornalisti scrivono di tutto in articoli di fondo e mediamente vanno a fondo coi loro articoli… si discute di differenze sostanziali tra laicità e laicismo, simbologia e pari opportunità, multiculturalità e identità perdute… il putiferio mediatico cresce, cresce, cresce…ma dopo circa settantadue ore tutto il dibattito si sgonfia, si affloscia, si spegne… qualcuno grida un ultimo “vergogna”…qualcun altro bisbiglia l’ennesimo “pensate alle crociate” e poi, dopo l’eco di un tristissimo “Roma ladrona! Federalismo” last minute che non c’entra un cazzo ma fa gioco, arriva il silenzio…Il tema torna nel dimenticatoio e si ricomincia con quiz, reality e veline

Ho esagerato? Credo di no, anzi, forse sono stato fin troppo tenero. Ma l’ipocrisia di cui è intriso tutto questo gran discutere che si fa a proposito del tema della laicità (o forse – sarebbe meglio dire – a sproposito) rasenta veramente il grottesco. È impossibile riuscire a discutere serenamente di questo argomento. Troppi fattori entrano in gioco, sia naturalmente che in maniera indotta: paure, timori, superstizioni, interessi, perdita di rendita di posizione, perdita di posizione di rendita, inibizioni, convenienze politiche, ricatti….non lo accetto ma lo capisco…però bisognerebbe avere la freddezza necessaria per riuscire se non altro a comprendere spassionatamente qual è la struttura della problematica e quali sono le implicazioni che le varie soluzioni possibili prefigurano, tenendo presente, comunque, che non ci troviamo in una situazione di stallo in cui dobbiamo “decidere” che direzione prendere e finché non “si decide” si sta fermi…no… In questo momento sono già operative delle decisioni che fanno andare le cose già in una certa direzione e, se non si “ridecide”, le cose continuano ad andare avanti così.

La legge di inerzia di Newton non perdona. Poi si può anche sostenere che il dialogo è importante e che ogni volta che si parla e si discute qualche effetto lo si ottiene…si, queste sono le classiche “balle consolatorie”…i cambiamenti se ci sono, sono minimi, ma la verità è che non cambia mai nulla. Dopo le polemiche, la Chiesa Cattolica continua a gestire il suo potere temporale e il temporale che si è scatenato perde potere. A parte qualche piccolo rivolo dove si continua a discutere, per il resto, tutto va avanti come prima…

Un rivolo degno di attenzione, luogo di dibattito singolare, è senza dubbio l’UAAR (Unione Atei e Agnostici Razionalisti), associazione affascinante che propone spunti di analisi interessantissimi, ma che purtroppo io vedo contraddittoria nella sua intima costituzione (a meno che non ci siano problemi di accordo sul significato di alcuni termini). L’UAAR ha avuto un momento di massima visibilità nel gennaio 2009, quando non ha ottenuto il permesso di pubblicizzare le proprie idee su Dio. Ricordiamo il fatto. L’associazione aveva deciso di esporre su alcuni autobus dei cartelloni pubblicitari che recitavano così. “La cattiva notizia è che Dio non esiste, quella buona è che non ne hai bisogno. La concessionaria della pubblicità ha impedito l’uscita dei manifesti, ufficialmente considerando l’affermazione lesiva della sensibilità dei credenti. L’azione è sembrata a molti un vero e proprio intervento censorio di stampo fascista.

Non mi interessa molto discutere qui e adesso se tale affermazione sia da considerarsi o meno offensiva nei confronti dei credenti (si potrebbe anche fare, io non mi tiro indietro, ma il mio obiettivo in questo momento è un altro) e men che meno voglio parlare – in questa sede – del fatto che sia stata impedita la sua diffusione, (atto comunque gravissimo, perché sul contenuto della frase si può essere d’accordo o meno, sulla sua liceità si può aprire una discussione, ma sul diritto di sostenere questa tesi non ci sono dubbi. L’unica pecca che vedo è che questa affermazione si prende la briga di dire agli altri cosa è meglio per loro…mamma mia! Ma come ti permetti? Che frase! Che frase ignobile! E come ci siamo comportati nei suoi confronti! L’abbiamo passata al setaccio! L’abbiamo sezionata e sviscerata, rivoltata come un calzino, vista e rivista alla moviola da tutte le angolazioni e con tutti gli ingrandimenti come se fossimo anatomi della parola e studiosi di psicologia sottesa…che viene da dire, ma perché non si fa lo stesso con le affermazioni religiose? Vi pare che il mondo cattolico non abbia la pretesa di dire agli altri cosa devono fare? Vi pare che certe affermazioni non siano da ritenersi lesive nei confronti di chi la pensa diversamente? Vuoi dire che a dispetto degli atteggiamenti democratici sotto sotto non ci sia invece ancora la ferma convinzione di essere depositari della Verità assoluta?). Per il momento lasciamo perdere.

La cosa che più mi preme fare, invece, è suggerire una piccola riflessione sull’associazione che ha proposto lo slogan. Un’associazione che vede riuniti atei e agnostici. A me personalmente pare che ci sia molto da discutere (propedeuticamente) proprio su questo abbinamento, per cui la questione diventa un’altra: cosa ci fanno gli agnostici con gli atei? Come direbbe Di Pietro: che ci azzeccano? La dichiarazione in questione è palesemente atea. Perché un agnostico dovrebbe sottoscriverla? Personalmente mi considero agnostico, perché ritengo che l’agnosticismo sia la posizione più logica per una persona che mette la ragione sopra tutto; (tesi da me sostenuta, in epoca non sospetta, sia nel libro Siamo una massa di ignoranti. Parliamone del 2006 che nel successivo Non è stato facile cadere così in basso del 2007 che costituiscono i primi due capitoli della “Trilogia dell’ignoranza”), ma l’agnosticismo rigoroso genera quello che gli antichi greci chiamavano “epoche”, cioè la “sospensione del giudizio” e se si decide di sospendere il giudizio, non si può contemporaneamente avallarne uno.

È una semplice applicazione del principio di non contraddizione. Detto in parole povere, un agnostico non si esprime circa la millenaria (e stucchevole) diatriba tra atei e credenti “Dio c’è – Dio non c’è”; e se non lo fa non è perché non ha il coraggio di prendere posizione in merito a tale disputa, ma perché ritiene di non avere dati sufficienti per farlo. Considera le due posizioni come atti di fede, e un agnostico non vuole credere. L’ateo difende (e ha tutto il diritto di farlo) la sua posizione, ma non può chiedere a un agnostico di sottoscrivere le sue affermazioni. Pertanto accomunare con la sigla UAAR atei e agnostici a sostegno di una proposizione di quel tipo non è corretto. Pertanto mi sento di mettere in discussione la scelta stessa di costituire un’associazione pensata così. Se proprio ci si vuole associare per elaborare pensieri comuni da diffondere sotto l’egida dell’associazione stessa, gli atei dovrebbero farsi una loro specifica associazione e gli agnostici dovrebbero fare altrettanto. Gli atei con gli atei, gli agnostici con gli agnostici…e badate bene che non si tratta di isolarsi o di erigere muri anti dialogo, si tratta semplicemente di scindere due momenti operativi: prima si elaborano delle tesi e poi ci si confronta con tutti.

Sono sicuro che le due associazioni potrebbero portare avanti molte battaglie comuni, ma l’elaborazione delle idee e delle proposte non può essere la stessa. Il metodo non può essere lo stesso, il linguaggio non può essere lo stesso. Le posizioni sono e restano, oltre certi limiti, incompatibili. Perché non proporre allora l’AAC? L’associazione Atei e Credenti? Guarda un po’ se non mi viene fuori ancora il vecchio PD! Il quale – ovviamente – non è andato da nessuna parte e solo dopo la fuoriuscita di certi elementi può iniziare a muoversi con un po’ più di convinzione. Mica tutti sono illuminati e lucidi come Rosy Bindi che è la dimostrazione più evidente di come si possa accettare la laicità dello stato ed essere nel contempo cattolici convinti (anche se io preferirei usare per Rosy il termine “cristiano” che mi pare più azzeccato per lei e per i cattolici come lei…Altro spunto di discussione su cui torneremo in futuro)

Passiamo ora alla fase propositiva di questo infinito post. Quali punti fermi sono sostanziali per la laicità dello stato? Personalmente penso che solo il comportamento suggerito dall’agnosticismo possa permettere l’elaborazione teorica di uno stato laico. Un po’ enfaticamente oserei dire che propendo per un agnosticismo di stato. Anche se ci sono atei e credenti in grado di scindere mentalmente le problematiche (vedi Rosy Bindi su un fronte o per esempio Giulio Giorello sull’altro, ma ce ne sono molti altri…) alla fin fine l’ambito di definizione di contesto più coerente e il supporto filosofico migliore mi pare proprio l’epochè degli antichi greci. Uno stato laico, per essere tale, non deve sottostare a nessun diktat dogmatico teologico o ideologico.

L’agnosticismo non è ideologia, è semplice constatazione. Non fa passi arbitrari. Perché a un certo punto si ferma. E si ferma proprio sul limite che rende necessari proprio quei passi arbitrari per azzardarsi ad andare al di là. L’alternativa allo stato teocratico non è lo stato ateo, l’alternativa alla religione di stato non è l’ateismo di stato. Sembrano cose ovvie e scontate per molti, ma è bene ribadire l’ovvio con una certa continuità, a scanso di equivoci. In questo abbiamo molta da imparare dalla Chiesa (formidabile nel metodo). Uno stato laico permette la libertà dei suoi cittadini, non impone punti di vista o forzature né in un senso né in un altro. Si fa garante del rispetto delle diversità. Questo non significa che lo stato debba rinunciare a imporre le sue leggi alle quali tutti devono sottostare..

Non sarà certo questo mio scritto a risolvere la problematicità dei mille aspetti che sono implicati in quest’ ottica. Io qui mi limito a fornire quelle che ritengo siano alcune coordinate orientative e a proporre una serie di puntualizzazioni che mi appaiono irrinunciabili. Se qualcuno mi smentisce sono sempre pronto a cambiare idea. Non sono innamorato delle idee che sostengo. Mi limito a esporle per metterle in discussione.

Ecco qui di seguito un quadro organico e coerente di risposte alle questioni più dibattute. Tanto per cominciare, uno stato laico fa valere il suo punto di vista all’interno delle sue strutture (laiche). Perciò:

  • La questione del crocifisso nelle aule della scuola pubblica, per esempio è una faccenda che ha solo una soluzione: il crocifisso va tolto. Non ci sono se e ma né affettivi né legati a presunte “radici”. Ovviamente le scuole confessionali avranno il sacrosanto diritto (guarda un po’ come il linguaggio può rispettare una posizione!) di esporre tutti i simboli che vorranno. E se qualcuno desidera che i propri figli abbiano un insegnamento religioso cattolico tradizionale (catechismo) non deve far altro che mandare il ragazzo nelle strutture ecclesiastiche atte allo scopo.
  • La questione dell’ora di religione si può risolvere in due modi: o la si cancella totalmente, oppure la si rende obbligatoria, ma la si trasforma in un’ora di studio di tutte le religioni (storia e dottrine) e il docente lo decide lo stato (attraverso opportuni corsi di laurea e concorsi normali, come per matematica o italiano) e non la Curia.
  • Tutte le religioni devono poter essere professate, liberamente ogni credente ha il diritto di professare la propria religione negli appositi luoghi deputati (chiese, moschee, sinagoghe). Non si può impedire a un ebreo o a un musulmano di pregare (tanto per citare solo le cosiddette “grandi religioni monoteiste”) e il diritto va esteso e garantito ovviamente anche ai seguaci di tutte le altre religioni.
  • L’ateismo di stato è contrario ai principi della laicità quanto la religione di stato. Non solo si tratta di un’altra forma di dogmatismo, ma la sua imposizione per legge costituirebbe una violazione della libertà individuale. Quindi rappresenta una posizione non corretta.

Questi sono solo alcuni punti e la linea di condotta segnalata costituisce una sorta di inquadramento generale. È evidente che la strada non sarà facile, ma mi pare che – a grandi linee – il percorso sia tracciato. Concludo questo post modello Ben Hur con un paio di osservazioni collaterali che approfondirò in seguito:

Circa il Dialogo interreligioso mi sento di proporre la seguente riflessione: il dialogo interreligioso è impossibile per la natura stessa delle religioni che considerano se stesse come verità assolute.

Una verità assoluta cancella tutto il resto e non considera degna di nota nessuna altra verità.

Se per dialogo interreligioso intendiamo un accordo mediato tra dottrine differenti esso è impossibile, se invece intendiamo dire che i capi si mettono d’accordo su altre questioni non dottrinali sconfiniamo in atteggiamenti politici. Della serie: ognuno tenga a bada il proprio gregge.

Se poi il problema è quello di secolarizzarsi per sopravvivere…allora non continuiamo a scomodare Dio…parliamo di banche, di affari, di giro di denaro, di prevaricazioni…e che cosa c’entra la religione?

Circa i temi etici (eutanasia, testamento biologico, fecondazione eterologa, nozze gay…) l’unica cosa da dire è che lo stato laico deve garantire la libertà di scelta personale. Nessuna imposizione, come già si diceva, né in un senso, né in un altro.

Sia chiaro che le leggi fatte in questa direzione non costituiscono un obbligo per nessuno. Devono solo assicurare la parità di trattamento e la possibilità di agire per chiunque, qualunque sia la strada che intende intraprendere. E non ditemi che “certe cose non si devono fare”, perché sia che la legge lo permetta sia che la legge non lo permetta, “certe cose” si fanno comunque, altrove e/o di nascosto. E se qualcuno non ha il rispetto per la situazione, la scelta o la disperazione altrui, che almeno la smetta col parlare di messaggi d’amore universale. Sofferenza? No grazie. Abbiamo già dato. Anche con questi palliativi ce ne sarà comunque molta.

In conclusione: c’è una sola legge, ed è la legge dello Stato. E la legge è (o meglio, deve essere) uguale per tutti, tanto per il cittadino quanto per il politico e il religioso (trovate forse che non sia così?). Un corrotto è un corrotto, con o senza tunica, dentro o fuori dal Parlamento, un pedofilo è un pedofilo, con o senza tunica, dentro o fuori dal Parlamento, un ladro è un ladro con o senza tunica, dentro o fuori dal Parlamento…per contro, per usare le parole di De Andrè un’anima salva è un’anima salva, con o senza tunica, dentro o fuori dal Parlamento, ma sempre lontana da inutili sensi di colpa quando si trova ad affrontare scelte difficili spesso obbligate dalle difficoltà materiali e dalla necessità di resistere agli schiaffi dell’esistenza.

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