Il piano di pace, i peacekeeper, il riarmo: cosa esce dal vertice di Londra
Una pace “giusta”, la corsa al riarmo, l’ipotesi di “una coalizione di volenterosi” europei, la ricerca dell’appoggio degli Usa anche nella nuova era di Donald Trump. Il vertice di Londra partorisce una serie di risposte interlocutorie per l’Ucraina. Regno Unito e Francia propongono il loro piano, con il coinvolgimento di Kiev e magari di un paio di altri Paesi europei al momento imprecisati. Un piano destinato nelle intenzioni ad accrescere il ruolo politico del vecchio continente, ma anche i costi a suo carico, in vista del dopoguerra.
La mossa di Keir Starmer, dopo lo scontro Zelensky-Trump di venerdì ha animato dibattito di un tavolo attorno al quale si sono accomodati i leader di 16 Paesi Ue ed extra Ue, fra cui, per l’Italia, Giorgia Meloni, oltre ai vertici dell’Unione e dell’Alleanza Atlantica. “Siamo di fronte a una sfida generazionale e a un momento unico per la sicurezza dell’Europa”, ha esordito il premier britannico cercando di dare un tono solenne: affiancato da un lato dal presidente francese Emmanuel Macron e dall’altro da Zelensky (abbracciato a ripetizione e ricevuto con tutti gli onori anche da re Carlo, come a risarcirlo del trattamento incassato a Washington). Ossia dai due co-sponsor di questo piano in fieri.
Il piano vanta 4 obiettivi fondamentali: consolidare la posizione dell’Ucraina (attraverso il rilancio degli aiuti militari e il mantenimento della pressione economica su Mosca); arrivare a un cessate il fuoco che sia precondizione di una pace “giusta e duratura”; tutelare “la sovranità” del Paese invaso; delineare uno schema di garanzie adeguate per la sicurezza di Kiev tale da esprimere un credibile potenziale dissuasivo verso la Russia. “Abbiamo concordato – ha spiegato Starmer – che il Regno Unito, assieme alla Francia e possibilmente a uno o due altri Paesi, lavorino con l’Ucraina su un piano per mettere fine ai combattimenti da discutere poi con gli Stati Uniti”. “Un passo nella giusta direzione – ha assicurato – che non vuole escludere nessuno. Ma che risponde alla necessità di agire rapidamente, in modo più agile”, dando vita a “una coalizione di volenterosi”.
Dall’altro lato il grido dell’Europa resta quello della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che, forte della spinta dei paesi baltici chiede di “riarmare l’Europa urgentemente”:
Per parte sua Meloni, in sintonia con Starmer sulla necessità di preservare a ogni costo il legame transatlantico e “l’unità dell’Occidente”, ha derubricato l’iniziativa anglo-francese a una “proposta” interessante. Ma non senza sollevare obiezioni sull’ipotesi di uno schieramento futuro in Ucraina di peacekeeper europei, già bollato da Mosca alla stregua di atto “di guerra”; e insistere semmai sull’esigenza di un vertice d’emergenza Usa-Ue (spalleggiata su questo dal premier polacco Donald Tusk). “Abbiamo bisogno dell’Italia al nostro fianco”, ha chiosato Macron, intervistato dal Foglio. Resta d’altronde da chiarire se, e a quali condizioni, Trump – i cui uomini tornano a intimare a Zelensky di accettare un negoziato aperto anche alla Russia di Vladimir Putin – possa accettare le proposte europee.
Intanto da Londra tornano le promesse: dal prestito di ulteriori 2,7 miliardi di euro da spendere in armi per Kiev e rimborsare con i profitti di asset russi congelati allo sblocco a fini anche militari da parte della cancelliera dello Scacchiere, Rachel Reeves, di un fondo pubblico da 30 miliardi destinato in origine a finanziare solo infrastrutture civili; sino agli ulteriori 2 miliardi di euro messi sul piatto giusto oggi da Starmer per rafforzare la difesa aerea ucraina con “5000 missili”.


