Bombardamenti e raid nella regione di Belgorod: 8 feriti. Scambio di accuse tra Mosca e Kiev
Mosca e Kiev si accusano a vicenda. E non è ancora chiaro chi sia realmente entrato in azione nella regione di Belgorod. L’incursione, con diverse esplosioni, è stata rivendicata da due organizzazioni armate: la Legione Libertà per la Russia e il gruppo di estrema destra Corpo dei Volontari russi. Il governatore della regione di Belgorod, Vyacheslav Gladkov, ha detto che l’incursione è stata accompagnata dal bombardamento di diversi villaggi, che hanno provocato almeno otto feriti, il danneggiamento di edifici residenziali e l’incendio di una scuola materna. Video apparsi su diversi canali Telegram, russi e ucraini, mostrano combattimenti con l’impiego anche di carri armati e un elicottero. Fonti citate dai canali Telegram Baza e Shot parlano di 39 uccisi tra le file degli incursori, mentre diversi altri sarebbero stati fatti prigionieri. Notizie che non hanno riscontro ufficiale. In serata, invece, il governatore ha detto che la maggior parte dei residenti dei villaggi di confine ha lasciato le case e ha annunciato l’introduzione nella regione di un regime speciale antiterrorismo, che comporta “restrizioni temporanee”.
Il Corpo dei Volontari e la Legione Libertà per la Russia hanno diffuso messaggi in cui chiedono ai residenti vicino ai confini con l’Ucraina di “non opporre resistenza e non avere paura” e affermano che “la libertà è vicina”. Ma per le autorità russe l’operazione è stata sferrata dalle forze di Kiev. E con uno scopo preciso, accusa il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov: quello di “distogliere l’attenzione” dalla sconfitta subita a Bakhmut. Il portavoce ha aggiunto che la situazione sul terreno è seguita costantemente dal presidente Vladimir Putin, che mercoledì ha tra l’altro in programma un nuovo colloquio a Mosca con il suo omologo bielorusso Alexander Lukashenko.
A Bakhmut, intanto, di cui i russi della Wagner hanno rivendicato la conquista fin da sabato, sono cominciate le attività di sminamento, ha detto il leader dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, Denis Pushilin. Gli ucraini continuano a negare la caduta di questa città del Donbass, affermando che un lembo nei quartieri sud-occidentali, il distretto di Litak, rimane nelle loro mani. Ma anche l’Institute for the Study of War ammette che ormai Bakhmut è nelle mani dei miliziani della Wagner. Semmai per i russi il problema è un altro: se resisteranno cioè agli attacchi ucraini che continuano intorno alla città e se riusciranno quindi ad evitare di rimanere accerchiati. Un pericolo spesso denunciato dal capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, che oggi ha annunciato che i suoi uomini si ritireranno dalla città no più dal 25 maggio lasciandone il controllo – e tutti i problemi conseguenti – all’esercito regolare, ma dal 1 giugno. “Se non ci sono abbastanza unità del ministero della Difesa, ci sono migliaia di generali per farlo, bisogna addestrare un reggimento di generali, dare loro tutti i fucili e tutto andrà bene”, ha detto con i soliti toni polemici Prigozhin. Il capo della Wagner, tra l’altro, aveva predetto oltre dieci giorni fa un attacco ucraino nelle regioni russe di Belgorod e Bryansk, ma come diversivo, per poi scatenare la vera controffensiva nella regione ucraina di Zaporizhzhia verso il Mar d’Azov.