Insegnamento e trasparenza

La giungla dei concorsi di Cardiologia: l’Ateneo li fa, Palazzo Spada li annulla

"Ha vinto il peggiore" - Il Consiglio di Stato ha bocciato definitivamente due selezioni da associato a L'Aquila e a Foggia. A breve si attende il pronunciamento del Tar della Campania su un altro ricorso. In generale il sistema va in tilt e le cattedre rimangono vacanti

23 Novembre 2022

Negli ultimi due mesi il Consiglio di Stato ha annullato in via definitiva due concorsi universitari di Cardiologia, entrambi per professori associati. L’ultimo, tenuto a L’Aquila nel 2021, sarebbe una notizia se non fosse stato annullato. Oltre un anno fa scrivemmo che aveva “vinto il peggiore”, ovvero il meno titolato sul piano accademico; il Tar Abruzzo il 28 marzo ordinò di ripetere la procedura con un’altra commissione e il Consiglio di Stato il 3 novembre ha confermato, sottolineando che “non risulta che l’Università degli Studi dell’Aquila abbia posto in essere la rivalutazione dei titoli”. Quindi non solo il candidato che non doveva vincere è ancora al suo posto, come peraltro era stato temporanemante ammesso dai giudici per evitare in mancanza di un docente che l’ateneo perdesse la Scuola di specializzazione, ma si è lasciato passare qualche mese per fare il nuovo concorso. “Non si riesce a formare le commissioni perché nessuno vuole prendersi la responsabilità di mettersi contro questo o quel gruppo”, spiega un big della Cardiologia a cui facciamo la cortesia dell’anonimato, che parla di “sistema marcio, in cui si sa prima chi vince i concorsi e se vince il migliore può essere un caso”.

Nel frattempo a settembre il Consiglio di Stato ha annullato un altro analogo concorso tenuto nel 2020 a Foggia, stavolta ribaltando la prima pronuncia del Tar di Bari che aveva respinto il ricorso. Anche qui a giudicare dai curricula qualcosa non andava. Il vincitore Massimo Iacoviello del Policlinico di Bari è da tutti considerato un ottimo cardiologo, come anche Luigi Sciarra che aveva vinto a L’Aquila, ma per quanto in possesso dell’abilitazione scientifica non è mai stato ricercatore universitario e, secondo tre esperti consultati dal Fatto, risulta inferiore ad altri candidati sul piano delle pubblicazioni e della didattica. Luigi Di Biase è già prof ordinario negli Usa all’Albert Einstein University College di New York; Giuseppe De Luca è associato a Sassari e prima a Novara dopo una tormentata vicenda di ricorsi che l’ha fatto entrare in conflitto con l’ambiente; Eliano Navarese è associato Nicolaus Copernicus University di Bydgoszcz in Polonia e all’University of Alberta a Edmonton in Canada, è stato di direttore di ricerca all’Inova Heart and Vascular Institute in Virginia (Usa); tutti e tre hanno indici bibliometrici più alti di Iacoviello. Qui la commissione ha fatto un’operazione diversa: ha dichiarato idonei quattro candidati (su sette), sia pure con giudizi diversi, poi il dipartimento di Scienze mediche ha scelto Iacoviello. Il ricorso l’ha fatto solo Navarese, assistito dall’avvocato Nino Paolantonio. Forse gli altri due non erano così interessati a Foggia. “La solidità del profilo scientifico del dott. Iacoviello affermata nella delibera – scrive il Consiglio di Stato – non trova adeguato ancoraggio nelle risultanze del giudizio della commissione, la quale non ha mancato di evidenziare profili di criticità (…), anche con riferimento alla originalità che nella delibera viene ritenuta ‘spiccata’ non può non rilevarsi che non trova riscontro nel giudizio complessivo della commissione”. Potenza dell’autonomia universitaria, la commissione dà i giudizi e l’ateneo li ribalta. Modificando in corsa le regole del bando, almeno secondo la definitiva sentenza del Consiglio di Stato: “Decisivo rilievo ai fini della preferenza espressa in favore del dott. Iacoviello – scrivono i giudici – è stato riconnesso a elementi del tutto nuovi che per il solo fatto di non essere stati previamente determinati non avrebbero dovuto essere considerati” con riferimento ai “fabbisogni correlati alle reti regionali per la presa in carico delle malattie croniche” e alle “gestione delle cronicità vascolari”. Non un bando su misura come altri, quindi, ma ricucito ex post per valorizzare il profilo clinico del vincitore, certamente solido, anche se un concorso universitario è cosa diversa da uno ospedaliero.

Spiega il nostro luminare della Cardiologia, un veterano dei concorsi: “I membri delle commissioni non dovrebbero conoscere i nomi dei candidati, ma invece li conoscono. Se deve vincere quello con i capelli biondi, si scrive che nel giudizio finale i capelli biondi valgono di più. Ci siamo passati tutti, anch’io ho aspettato per anni il concorso vedendo passare davanti colleghi meno bravi di me. Però se devi bocciare qualcuno devi saperlo fare, io non ho mai visto annullare le procedure a cui ho partecipato”. Ma insomma non sarà meglio abolirli, questi concorsi, per consentire alla comunità accademica di cooptare chi vuole salvo poi controllare i risultati e tagliare i fondi ai dipartimenti che non raggiungono gli standard minimi di produzione scientifica?

A breve il Tar Campania dovrà pronunciarsi, dopo aver negato però la sospensiva, sul ricorso di De Luca – bocciato anche a L’Aquila, dove ha fatto ricorso e ha vinto, ma come si vede senza risultati pratici – contro un altro concorso vinto all’Università Federico II da una candidata interna che ha titoli accademici inferiori ai suoi. Lui associato da tempo, lei neppure ricercatrice. Qui addirittura si discute, tra molte cose, l’aritmetica: i legali di De Luca, Angelo Clarizia e Pier Paolo Nocito, contestano con argomentazioni all’apparenza solide le operazioni matematiche condotte dalla commissione per parametrare i giudizi in base ai pesi stabiliti. Secondo i legali hanno piegato i conteggi facendo prevalere di misura (51,25 contro 49,55) una candidata ritenuta più valida per la ricerca (80/90 a 76/90) ma non per la didattica (8 contro 10) e l’attività clinica (7 contro 9): un 10/10 che vale per il 30 per cento diventa 3 anziché 30 su 100, però poi il 76/90 che vale per il 60 per cento diventa 45,6 su 100, senza considerare il denominatore. Mah! L’Avvocatura di Stato replica agli atti che il procedimento era corretto senza spiegare perché, né l’Ateneo ha voluto rispondere al Fatto, quindi attendiamo che si pronuncino i giudici prima di dire che i professori hanno sbagliato un calcolo elementare.

Peraltro sono in programma altri concorsi di Cardiologia, uno a Bari, dove in passato il settore è stato al centro di pesanti vicende giudiziarie. Molte cattedre intanto, per le difficoltà di formare le commissioni che poi sono esposte al giudizio dei magistrati, rimangono vacanti. A Roma Tor Vergata manca un ordinario di Cardiologia da tre anni e c’è uno scontro tra accademici sull’ipotesi di chiamare “per chiara fama” Andrea Natale, attualmente negli Usa quale direttore esecutivo del Texas Cardiac Arrhythmia Institute di Austin.

Ben al di là dei confini della Cardiologia, il sistema dei concorsi universitari fa acqua da tutte le parti. Molti naturalmente si svolgono in modo corretto ma il contenzioso amministrativo cresce e le inchieste e i processi penali si moltiplicano, da Catania a Firenze e a Milano. L’ex rettore di Tor Vergata Giuseppe Novelli ha preso sedici mesi in primo grado a Roma per aver minacciato l’allora ricercatore di diritto amministrativo Giuliano Gruner di non farlo più lavorare se non avesse ritirato il ricorso al Tar contro una delle oltre 100 chiamate dirette decise nel secondo ateneo romano durante la sua chiamata, con uso per lo meno largheggiante di una procedura interna prevista dall’articolo 24 della legge Gelmini (240/2010), oggi meno utilizzata: vinse al Tar e al Consiglio di Stato e ora è ordinario all’Unipegaso. Giambattista Scirè, ricercatore in storia e protagonista di un altro concorso ribaltato dalla magistratura, dal novembre 2017 guida l’associazione Trasparenza e merito (“Tra.me”) a cui aderiscono oltre mille studiosi italiani e nella scorsa legislatura è stato ascoltato dalla Commissione antimafia, presieduta dall’ex grillino Nicola Morra, alla quale ha presentato dati impressionanti: oltre 5.000 sentenze amministrative in materia universitaria dal 2014 al 2020; uno studio apparso su The Lancet documenta la frequente affermazione dei candidati “predestinati” nelle facoltà di Medicina di alcuni atenei toscani; oltre il 62 per cento dei concorsi con un solo candidato, 94 per cento di vittorie degli “interni”. Tra.me, spiega Scirè, dalla fine del 2017 a qualche mese fa aveva raccolto oltre 4.400 segnalazioni di cui ben 1055 sono state oggetto di denunce penali e ricorsi amministrativi. Solo questi ultimi, per quanto risulta a Scirè, sono stati 730, accolti per circa il 65 per cento dei casi.

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