La ricerca

Il legame tra inquinamento e tumori. Al nord si muore di più

Studiosi dell’Università di Bologna, Bari e del Cnr hanno indagato le correlazioni tra malattia, fattori socioeconomici e fonti di inquinamento ambientale in Italia, su scala regionale e provinciale. Ricerca condotta usando nuovi e sofisticati metodi di intelligenza artificiale

Di ISDE (Associazione Medici per l’ambiente)
10 Ottobre 2022

Si muore di tumore “soprattutto dove l’inquinamento ambientale è più elevato, anche se si tratta di zone in cui le abitudini di vita sono in genere più sane”. Lo prova una nuova ricerca scientifica che ha voluto approfondire quanto tra i principali elementi in grado di indurre la proliferazione tumorale ci sia l’inquinamento ambientale. I tumori sono oggi la seconda causa di morte al mondo dopo le malattie cardiovascolari. E negli ultimi decenni di ricerca sul cancro, lo stile di vita (in particolare abitudini come obesità, sedentarietà, scorretta alimentazione, alcolismo e fumo) e fattori casuali o genetici sono stati indicati come cause principali nello sviluppo dei tumori. Aumenta, però, sempre più la consapevolezza che l’inquinamento abbia un peso rilevante. Hanno indagato su questo studiosi dell’Università di Bologna, dell’Università di Bari e del Cnr usando nuovi e sofisticati metodi di intelligenza artificiale per sviscerare i legami tra mortalità per cancro, fattori socioeconomici e fonti di inquinamento ambientale in Italia, a scala regionale e provinciale.

Qualità dell’aria fattore più decisivo

Ebbene, come ha spiegato Roberto Cazzolla Gatti, professore al Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna e primo autore dello studio, “dalla nostra analisi è emerso che, contrariamente a quanto creduto finora, la mortalità per cancro tra i cittadini italiani non ha una distribuzione né casuale né spazialmente ben definita. La mortalità per tumore supera, invece, la media nazionale soprattutto dove l’inquinamento ambientale è più elevato”. E l’impatto dell’inquinamento nel portare a morti per tumori non viene ‘mitigato’ dal fatto di vivere ‘in zone in cui le abitudini di vita sono in genere più sane’, aggiunge Cazzola Gatti.

Gli studiosi hanno preso in considerazione 35 fonti ambientali di inquinamento (ad esempio industrie, pesticidi, inceneritori, traffico automobilistico), rilevando che tra queste la qualità dell’aria è al primo posto per importanza per quanto riguarda l’associazione col tasso medio di mortalità per cancro. Seguono la presenza di siti da bonificare, le aree urbane, la densità dei veicoli a motore e i pesticidi. Inoltre, altre specifiche fonti ambientali di inquinamento si sono rivelate significative per la mortalità di alcune tipologie di tumore (come, ad esempio, la presenza di aree coltivate associate alla mortalità per tumori al tratto gastrointestinale, la vicinanza a strade e acciaierie per il cancro alla vescica, le attività industriali in aree urbane per il tumore alla prostata e i linfomi, eccetera).

Non solo ricerca, fondi anche alla riduzione dell’inquinamento

La provincia con tasso di mortalità da tumore più alta nel decennio 2009-2018 è Lodi, seguita da Napoli, Bergamo, Pavia, Sondrio e Cremona. La prima provincia del Centro Italia è Viterbo (11esima posizione), seguita da Roma (18esima), mentre al sud, oltre alla provincia di Napoli al secondo posto, solo quella di Caserta (ottava) rientra nelle prime 10 per mortalità da tumore.

“Questi risultati non mettono in discussione, ovviamente, il fatto che uno stile di vita più sano aiuta a ridurre il rischio di cancro, così come non contestano gli sforzi per arrivare a comprendere le basi genetiche che possono favorire l’insorgere dei tumori”, ha aggiunto Cazzolla Gatti. “I nostri risultati, però, ci danno buone ragioni per credere che vivere in un’area altamente inquinata può annullare i benefici che si ottengono con uno stile di vita sano e indurre lo sviluppo di tumori con una frequenza maggiore”.

“In un’ottica di salute globale, secondo l’approccio noto come One Health, è ormai chiaro che la qualità della vita della nostra specie dipende strettamente da quella dell’ambiente in cui viviamo e dell’intero pianeta”, spiega Cazzella Gatti. “È necessario, allora, dare priorità non solo alla ricerca di cure per il cancro, ma anche alla riduzione e prevenzione della contaminazione ambientale: si tratta di azioni imprescindibili da mettere in atto nella difficile lotta contro l’insorgenza dei tumori. Solo se sapremo curare il nostro pianeta, potremo evitare di ammalarci”.

Si muore più al nord che al sud

“I dati mostrano buone, anche se preliminari, evidenze che un migliore stile di vita e una maggiore attenzione alle problematiche socio-economiche e sanitarie possono ridurre solo in parte il rischio di morire di cancro, se la qualità dell’ambiente viene sottovalutata”, spiega Cazzolla Gatti. “Questo potrebbe spiegare il motivo per cui abbiamo osservato che le persone che vivono nelle regioni del Nord Italia (in particolare quelle situate nella Pianura Padana, tra la Lombardia e il Veneto, aree fortemente industrializzate), esposte a livelli di inquinamento ambientale molto elevati, mostrano un eccesso di mortalità per cancro significativo rispetto a chi vive nelle regioni centro-meridionali (ad eccezione di alcune località anch’esse molto inquinate, come la Terra dei Fuochi in Campania), anche se godono di una migliore salute, hanno reddito più elevato, consumano più alimenti di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale, e hanno accesso più facile all’assistenza sanitaria”.

L’intera banca dati decennale (2009-2018) sui tassi di mortalità per cancro messa a punto dagli studiosi, realizzata a partire dai registri Istat, è stata pubblicata con accesso libero: vengono prese in considerazione 23 macro-categorie tumorali in Italia su scala comunale, provinciale e regionale. Lo studio è stato pubblicato in open access sulla rivista “Science of the Total Environment” con il titolo “The spatial association between environmental pollution and long-term cancer mortality in Italy – ScienceDirect”, mentre l’intero dataset sarà pubblicato sulla rivista “Nature Scientific Data”.

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