Marco Travaglio

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Magnete e Occhio di Tigre

8 Agosto 2022

L’Asilo Mariuccia allestito dalla nuova coppia comica, Magnete e Occhio di Tigre, al secolo Calenda e Letta, noti speleologi alla ricerca dell’Agenda Draghi, ha almeno il pregio di mostrare a tutti di cosa sono capaci i famosi professionisti della politica, quelli bravi e competenti, i migliori. E di farci rimpiangere i dilettanti, gli incompetenti, i peggiori.

L’accozzaglia Pd-Azione-+Europa-Leu-Psi-DiMaio-Tabacci-Verdi-SI non aveva alcun senso politico già in partenza, visto che ammucchia alla rinfusa partiti dai programmi opposti e dai capetti rancorosi. L’avrebbe avuto se davvero il movente fosse stato fare massa e muro contro le destre, includendo la forza politica con più consensi dopo il Pd. Invece i 5Stelle sono stati esclusi in partenza, perché il vero nemico non è il trio Meloni-Salvini-B., ma Conte (e non per la non fiducia Draghi, ma per la non genuflessione a Usa&Confindustria). La presenza poi di Calenda, il più noto sfasciacarrozze della politica mondiale dopo Renzi, garantiva il sicuro naufragio dell’operazione. Solo i Merlo, i Sambuca, i Polito e gli altri strateghi dei giornaloni potevano gridare al miracolo, alla rivoluzione, alla Bad Godesberg e prendere sul serio l’idea dia Letta che Calenda, coi suoi forzisti riciclati tipo Costa (leggi ad personam pro B.) e Gelmini (sfascio della scuola), fosse “il magnete che attrae voti di centrodestra”. Ieri, appena cinque giorni dopo il patto e la foto di gruppo, il magnete s’è smagnetizzato in diretta tv. Senza riuscire a spiegare com’è che si accorge solo ora di ciò che tutti sanno e dicono fin da subito: e cioè che Letta avrebbe sistemato pure Fratoianni, Bonelli, Di Maio, forse persino D’Incà.

Ma non si può rimproverare a Calenda di essere Calenda: da Confindustria a Montezemolo a Monti a Renzi al Pd ad Azione, è sempre stato così. Un collezionista di catastrofi che ha mancato il Titanic, ma solo per questioni anagrafiche. Si pensava che Letta e il vicedisastro Franceschini, in politica da 30 anni, prima di mettersi in mano a un tipo simile, si fossero cautelati con accordi ferrei, a prova di ego e di bizze. Invece improvvisavano, sulla fiducia. Due geni: prima consegnano le chiavi di casa allo statista dei Parioli, poi si meravigliano se fa il padrone. E ora si ritrovano un Pd sbilanciato al centro, con un altro Centro concorrente, senza l’alleato naturale (Conte), con la base inferocita e le liste piene di voltagabbana che non portano manco i voti dei parenti, ma vanno premiati delle scissioni pilotate dai dem per salvare Draghi (che infatti è caduto). Un fallimento epocale che, se non mancassero 48 giorni al voto, imporrebbe dimissioni a raffica. Intanto la Meloni sta pensando seriamente di annullare la sua campagna elettorale: tanto ci pensa già il Pd.

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