L'iniziativa

#SenzaGiriDiBoa: storie di donne, uomini e diritti che diventano un lusso

Maternità, precarietà e sfruttamento - Valentina Petrini, Micaela Farrocco, Sara Giudice e molte altre giornaliste si sono ritrovate dopo le parole della stilista Elisabetta Franchi e hanno dato il via a una sorta di movimento (che diventerà un libro, uno spettacolo teatrale, un podcast) per denunciare le condizioni di lavoro nel nostro Paese. In questo articolo, Petrini ci racconta com'è andata

13 Luglio 2022

Diciamo la verità: il lavoro nobilita solo pochi uomini e ancor meno donne. L’Italia è una Repubblica democratica fondata sullo sfruttamento e non sul lavoro. La sfida per tutti (o quasi) è: sopravvivere, non vivere. Se poi sei donna, e vuoi lavorare, far carriera e diventare madre, sei solo pazza. Totalmente.

Piacere, questa è #senzagiridiboa, nata nel solco di queste e molte altre riflessioni su cos’è oggi il lavoro, cosa dovrebbe essere la carriera e le regole per farla, che posto occupano i diritti nel panorama istituzionale. Non è un movimento, tantomeno un gruppo di potere o un partito politico. Non ha alcuna velleità se non quella di raccontare le distorsioni che schiacciano gli individui nella loro quotidianità.

#senzagiridiboa per me nasce così. Un giorno, di un paio di mesi fa, ricevo un messaggio da una collega, Micaela Farrocco. Mi chiede se voglio aderire a una campagna social per protestare contro le affermazioni diventate virali della celebre stilista Elisabetta Franchi. In realtà l’anima vera di tutto è Sara Giudice, è lei che prova a unire intorno a una missione, una riflessione critica, un dissenso collettivo, tante colleghe di età diverse, madri e non, tutte professioniste. Ma cos’ha detto Elisabetta Franchi tanto da scatenare questo ciclone?

Franchi, ospite di PwC Italia e Il Foglio della Moda in occasione della seconda edizione dell’Osservatorio donne e moda – “Donne e moda: il barometro 2022”, tra le risatine accondiscendenti dei presenti dice: “Quando metti una donna in una carica importante, se è molto importante, poi non ti puoi permettere di non vederla arrivare per due anni, perché quella posizione è scoperta. E un imprenditore investe tempo, energia e denaro. Se ti viene a mancare è un problema. E quindi anch’io da imprenditore responsabile della mia azienda spesso ho puntato su uomini, perché…”. “Perché le donne non vengono aiutate…”, prosegue Fabiana Giacomotti, curatrice del Foglio della Moda. A quel punto Elisabetta Franchi aggiunge: “Io oggi le donne le ho messe perché sono ‘anta’, questo va detto: comunque ancora ragazze, ma cresciute. Se dovevano sposarsi lo hanno già fatto, se dovevano avere figli, li hanno già fatti, se dovevano separarsi, hanno fatto anche quello… per cui io le prendo che hanno fatto tutti e quattro i giri di boa. Sono lì belle tranquille che lavorano con me affianco h24, questo è importante”.

Guarda il video #SenzaGiriDiBoa, il lavoro non è quello di Elisabetta Franchi

Diciamo la verità dobbiamo tutte dire un po’ grazie a Elisabetta Franchi per queste sue parole. È il realismo di chi pensa al profitto, dice ad alta voce quello che condividono in molti. Istituzioni comprese. O almeno quello che pensano senz’altro le istituzioni italiane, fanalino di coda tra i Paesi avanzati europei in politiche di inclusione e del lavoro. Nonché nella rimozione di odiose discriminazioni di genere.

#Senzagiridiboa è nato così, il 10 maggio 2022 come reazione collettiva di un gruppo di professioniste che si è riconosciuto in quei giri di boa usati contro noi stesse da molti datori di lavoro. Siamo partite in circa cinquanta. Donne, professioniste, alcune più grandi, altre più giovani. Alcune anche madri, altre no. Tutte brillanti, ma non tutte stabili ancora professionalmente, anzi quasi nessuna di noi lo è. Ciascuna quel giorno, dopo le parole di Franchi, scrive un post, condivide una foto, si racconta. Trovate tutto sulle nostre pagine social: Facebook e Instagram.

Barbara Serra è una delle giornaliste che decide di raccontarsi con l’hashtag #senzagiridiboa lanciato da noi e diventato virale in poche ore. Non ho intenzione di riassumerlo, va letto nella sua interezza: per me è stato un colpo al cuore. Serra racconta della sua esperienza di maternità a 42 anni. Dalla sua storia personale viene però fuori anche come si è comportato con lei il suo datore di lavoro che l’ha aspettata e concesso lo spazio che meritava (e qui il mio cuore ha avuto una paralisi completa perché anche a me sarebbe piaciuto avere qualcuno così quando mi sono trovata nella sua stessa situazione due anni fa). Serra conclude con un monito e cioè quello che le donne con potere, una voce ed esperienza dovrebbero fare: aiutare le altre. Cita Madeleine Albright: “C’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano le altre donne.”

Ecco cosa ha intenzione di fare #senzagiridiboa. Aiutare altre donne. E anche uomini se vorranno scriverci e aderire. Perché è vero che c’è una profonda discriminazione di genere che rende la condizione femminile più problematica e urgente, ma è altrettanto vero che dietro il modello della disponibilità H24 c’è un’idea di sfruttamento e schiavismo generale che riguarda tutti. Mentre altrove è in atto la great resignation, il salario minimo è una realtà e si discute apertamente di settimana lavorativa corta a quattro giorni, mentre ci sono posti in cui il lavoro si valuta a obiettivi e non a disponibilità e lo smart working è visto come opportunità e non come minaccia, il nostro è tristemente uno dei modelli produttivi e organizzativi più arretrato.

Com’era quel discorso sul talento che paga? Sui sacrifici che nella vita prima o poi ti tornano utili? Com’era quella favola in cui a un certo punto, direi prima della vecchiaia e dell’età della pensione, conquisti il posto che meriti, i diritti, i riconoscimenti, la giusta misura tra il tempo di vita e quello di lavoro? Com’era quel principio di diritto in cui H24 significa sfruttamento e non lavoro?

Così abbiamo aperto una pagina Instagram e Facebook. Creato un indirizzo mail senzagiridiboa@gmail.com e ci avete scritto centinaia di storie.

Soprattutto donne che fanno lavori diversi dal nostro e che non hanno solo il problema di non riuscire a fare carriera. Storie di sfruttamento, di salari infami, di rinunce, di ricatti. È sempre così quando apri il vaso di pandora del mondo del lavoro. Ci sono delle costanti, ma ogni esperienza ha la sua anima. Franchi svela le regole per accedere a posizioni apicali. Ma se persino a questi livelli bisogna sottomettersi, annullarsi, concedersi totalmente per vedersi riconosciuti meriti e ruoli dirigenziali, figuriamoci cosa accade quanto il salario scende sotto i 1000 euro e i contratti sono precari, in continua scadenza, le partite Iva finte.

Non vi tedierò con dati. I numeri del disastro lavoro non sono serviti a nulla finora. Non hanno smosso alcuna rivoluzione. L’esercito di individui che come zombi ogni giorno si trascina verso la propria gabbia è sempre più numeroso. Sarebbe l’esercito più forte del mondo se marciasse compatto. È quello più debole di tutti invece perché nel passaggio da un’epoca di lotte per i diritti a un’altra di smantellamento degli stessi, eravamo tutti impegnati a sopravvivere, a guadagnarci l’aria. Non ci siamo accorti di quanto stava avvenendo. Non ci siamo uniti, ha vinto l’individualismo. Ed è proprio vero che ci sono epoche in cui i diritti sono un lusso.

Ora però abbiamo preso un impegno, #senzagiridiboa che non cambierà il mondo, ma cercherà di fare più rumore possibile, per dare voce a tutte voi che ci avete scritto. Lo stiamo già facendo. Ne nascerà un libro, uno spettacolo a teatro e un podcast. È una promessa, ma anche la nostra forza.

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