I nostri fondali

Specie protette, la piaga (non solo italiana) dei ladri di mare

A Taranto 17 persone coinvolte in un traffico illegale di datteri di mare. Altri casi segnalati in Campania: la collaborazione tra associazioni e forze dell'ordine è preziosa, ma serve anche maggiore consapevolezza nei cittadini

Di Mare Vivo
14 Dicembre 2021

Siamo un Paese che non ama il mare, che non lo tutela abbastanza e che lo considera un fornitore di risorse e di ricavo economico a scopo turistico? Ci auguriamo di no, eppure la pesca illegale delle specie marine protette, come le oloturie e i datteri di mare, prosegue, con conseguenze disastrose per la desertificazione della costa e la distruzione di interi habitat.

A Taranto 17 persone coinvolte in un traffico illegale di queste preziose specie marine sono state recentemente arrestate con l’accusa di disastro ambientale. L’associazione a delinquere, nel giro di pochi anni, ha sottratto alle acque ioniche tonnellate di esemplari di oloturie, tanto da causare un grave danno alla biodiversità presente nei tratti di mare interessati. L’operazione ha coinvolto più di cento militari della Guardia Costiera-Capitaneria di porto. Nei giorni scorsi in Campania, a seguito di mirate attività investigative atte a proteggere la Zona di Tutela Biologica denominata “Banco di Santa Croce” nel Comune di Vico Equense, la Capitaneria di porto di Castellammare di Stabia, di concerto con il personale della Delegazione di Spiaggia di Vico Equense, hanno individuato, su segnalazioni di attivisti e volontari di Marevivo, una barca da pesca clonata attraverso la contraffazione e la successiva apposizione del numero di iscrizione della matricola su un’unità gemella, entrambe nella disponibilità di un pescatore locale che, di fatto, svolgeva contemporaneamente l’attività di pesca in due differenti punti con la medesima documentazione di bordo. Nel 1990 fu proprio Marevivo a chiedere e a ottenere che il Banco di Santa Croce, luogo di particolare pregio per la riproduzione di svariate specie indispensabili per la ricca biodiversità del Mediterraneo, rimasto fuori dall’Area Marina Protetta di Punta Campanella, diventasse Zona di Protezione ecologica.

Questi interventi sono la conferma di come una stretta collaborazione tra istituzioni, privati e associazioni possa fare la differenza nel raggiungimento di importanti risultati per la tutela del pianeta blu. Le operazioni di tutela del mare e dell’ecosistema marino sono fondamentali perché favoriscono la lotta ai cambiamenti climatici. Il mare rappresenta, lo ricordiamo, il grande regolatore del clima con le sue correnti e maree, producendo oltre il 50% di ossigeno e catturando un terzo della CO2. Ma questa benefica azione la esercita solo se in buona salute.

La pesca illegale di specie marine protette va combattuta con leggi, monitoraggio costante e responsabilità civile. Marevivo nel 1988 chiese al ministero della Marina Mercantile il divieto alla devastante pesca del dattero di mare: in soli tre mesi fu emanato un decreto di proibizione della pesca con severe sanzioni, che fu poi integrato con la proibizione alla detenzione e all’importazione. Anche la tutela delle oloturie è stata fortemente voluta da Marevivo che, nel 2018, ha ottenuto un decreto con validità annuale, che ne vieta la pesca e da allora si batte affinché il divieto diventi definitivo.

Le oloturie vivono sui fondali marini e hanno un ruolo fondamentale nell’equilibrio dell’ecosistema marino. Questi organismi invertebrati riciclano le sostanze nutritive presenti nei sedimenti e nella materia organica di cui si nutrono, distruggendola e scomponendola, esattamente come fanno i lombrichi sulla terra. Una volta espulsa dall’apparato digerente tale materia “trattata” diventa alimento per le alghe e i coralli, oltre a favorire l’attecchimento di altri organismi ed aumentarne il benessere.

Il problema della pesca illegale va al di là dei confini nazionali. Le oloturie vengono consumate, soprattutto nei Paesi asiatici, fresche o essiccate (trepang). Qui vengono vendute a prezzi che arrivano fino a 600 dollari al chilo e sono lavorate per realizzare cosmetici. Negli ultimi dieci anni la flotta di navi da pesca nell’oceano Pacifico centrale è cresciuta del 500% e uno studio recente accusa Pechino di impoverire le risorse di varie specie, a cominciare dal tonno. L’utilizzo di enormi reti a strascico o lenze lunghe fino a 100 chilometri, ciascuna dotata di 3 mila ami, compromette gli ecosistemi di aree marine protette. Con la richiesta del mercato si è diffuso il prelievo senza regole che ha impoverito, in poco tempo, il nostro mare rischiando di compromettere il buon funzionamento degli ecosistemi.

I ladri di mare non sono, quindi, solo i delinquenti che attaccano i fondali marini ma anche coloro che consumano e alimentano un mercato che ha conseguenze drammatiche per l’ambiente. Per favorire un vero e proprio cambiamento ambientale bisogna adottare un atteggiamento culturale consapevole, a partire dalle scelte di acquisto dei singoli consumatori. Imparare a vivere nel rispetto dei limiti di un solo pianeta è possibile e dipende anche da noi.

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