L’esodo

Giornali, gli editori reclamano 330 uscite anticipate per salvare i loro conti

Di M. F.
5 Luglio 2021

Tagliare i costi, quello del personale per primo, è da anni l’unica preoccupazione di molti editori. Così si usano a pioggia stati di crisi, cassa integrazione e prepensionamenti. L’onere delle uscite anticipate è a carico dello Stato già dal 2009 ed è stato rifinanziato nel 2014, 2016, 2017 e 2019: nel 2020 è stato di 44 milioni. Al 31 dicembre scorso l’Inpgi contava 1.145 prepensionati che costavano all’Erario 23,4 milioni.

Le uscite anticipate, amate dagli editori e approvate dalle redazioni spesso anche per “sbarazzarsi” della vecchia guardia e liberare carriere, hanno contribuito a scassare i conti Inpgi, spostando contribuenti ad alto reddito tra i percettori di lauti assegni. Ora sull’istituto è in arrivo una nuova tsunami. “Nei prossimi mesi – spiega la presidente Macelloni nel preventivo 2021 – vedremo gli effetti del rifinanziamento dei prepensionamenti che potrebbero comportare l’uscita di 140 giornalisti nel 2020 e 190 nel 2021”.

Così i grandi editori si sono subito rimessi in moto per ottenere le uscite anticipate. Il gruppo Monti, guidato dal presidente della Fieg Andrea Riffeser, ha 37 prepensionamenti già firmati. Mercoledì scorso, 30 giugno, dopo l’accordo tra azienda e cdr altri 33 sono stati approvati dalla redazione della Stampa (gruppo Gedi) con 138 sì, 13 no e 16 astenuti su 200 aventi diritto. Se ne andranno i “marentiniani”, i giornalisti formati a fine anni Ottanta in una scuola interna allestita nel Centro Manager Fiat di Marentino (Torino): a lungo la spina dorsale del miglior periodo della Stampa con Paolo Mieli, Ezio Mauro e Giulio Anselmi alla direzione. L’intesa prevede una assunzione ogni due uscite, ma tre nuovi ingressi non saranno giornalisti bensì “soggetti a supporto della redazione e in possesso di competenze professionali coerenti con la transizione al digitale”, come data scientist, tecnici informatici, ingegneri. La possibilità, sinora inutilizzata, è prevista dalla legge 160 del 2019 che ha finanziato l’ultima tornata di prepensionamenti. Per questo motivo né la Fnsi né la sua emanazione piemontese, l’Associazione Stampa Subalpina, firmeranno l’accordo. L’intesa alla Stampa apre le danze sui prepensionamenti a Repubblica, dove si tratta su una cinquantina di uscite in due anni. Tra i probabili uscenti, secondo rumor interni, ci sono grandi firme come il vicedirettore Dario Cresto-Dina, Marco Ansaldo, Ernesto Assante, Simonetta Fiori, Curzio Maltese, Federico Rampini, Sergio Rizzo, Aligi Pontani, Roberto Mania, Ettore Livini. Tutti stipendi pesantissimi.

Anche al Sole 24 Ore si discute da tempo su 18 possibili prepensionamenti in una “finestra” di 16 mesi. Nel gruppo Cairo Rcs periodici ne conta una decina, mentre Il Corriere della Sera dall’anno scorso ne ha ottenuti 38, anche se sinora sono solo tre le uscite effettive, e una quindicina alla Gazzetta dello Sport. Un’altra trentina sono possibili in Condé Nast. Ma la grande incognita è la Rai: nei mesi scorsi 355 dipendenti, tra i quali anche numerosi giornalisti, hanno chiesto di lasciare l’azienda grazie a “scivoli” e incentivi. Al 15 febbraio erano state già accettate in totale 76 uscite anticipate, incentivate con 4,5 milioni, 59 mila euro a testa. Oggi scade il termine per le domande: sono disponibili altri 10,5 milioni. Se la Rai si snellisce, l’Inpgi affonda ancora un po’.

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