Marco Travaglio

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Mario Transformer

23 Febbraio 2021

All’Ottavo nano, il mitico programma della Rai2 di Freccero, partiva ogni tanto lo spot del Berlusconi Transformer, il simpatico pupazzo di B. nei suoi più riusciti travestimenti: “Lo vuoi operaio? Lo preferisci imprenditore? È il tuo nuovo amico. Cercalo nei migliori negozi. Cardinale, comunista, extracomunitario, dottore, giudice… Basta che lo voti e diventa quello che vuoi!”. Nella sua incontinenza verbale, il Cainano si dipingeva ogni giorno per una cosa diversa, inventandosi un’autobiografia prêt-à-porter per piacere a tutti. Mario Draghi ottiene lo stesso risultato senza neppure lo sforzo di aprire bocca e, le rare volte che la apre, senza dire assolutamente nulla di preciso: provvedono poi i giornalisti al seguito ad attribuirgli pensieri, parole e opere buoni per tutti gli stomaci e i palati. Mario Transformer è descritto come l’antitesi di Conte e “tutto il contrario dei giallorossi” (Libero), anche se ha tutti i giallorossi in maggioranza e 11 ministri su 22 che lavoravano con Conte, elogia Conte per aver “affrontato l’emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d’Italia”, conferma il Recovery di “alto livello” di Conte, non prende il Mes come Conte… Tutto ciò che fa è già stato fatto. Il resto lo rinvia, perché nell’ammucchiata nessuno è d’accordo con niente. Oppure non ne parla proprio, per non scontentare nessuno, copiando un po’ da Giavazzi, un po’ da Chance giardiniere, un po’ da Massimo Catalano. Ambiguità politichese? Vuotezza forlaniana? Vaghezza andreottiana? No: “pensiero e azione” alla “Giuseppe Mazzini (Molinari, Repubblica). “La potenza di un’analisi” (Ajello, Messaggero). “Il grande gioco delle idee dietro il discorso fatale” (De Monticelli, Domani). “Il cambio di passo per la politica” (Fontana, Corriere). “La formidabile lezione del professore” (rag. Cerasa, Foglio). “Competenza e visione” (De Romanis, Stampa). Volete mettere la nobiltà del non dire? “Silenzi istituzionali”, “ritorno a una comunicazione autorevole” che “rivoluziona le parole del potere” (Panarari, Stampa). Del resto, non so se l’avete notato, ma Lui “è il solo che parla come i ragazzi del clima” (Domani): lui e Greta, due gocce d’acqua.

Sbianchettata mezza sua biografia dalle asprezze liberiste, privatizzazioni, Goldman Sachs e Grecia, ora Draghi è un “keynesiano pragmatico” (Giampaolo Galli). “Un socialista liberale” (Valdo Spini), “come Craxi” (Martelli). “È contro la patrimoniale e per il taglio delle tasse” un po’ “come Ferruccio Parri” (Salvini). “Un grillino, uno di noi” (Grillo). “Riaccende l’amor patrio” (QN). “Antisovranista come noi” (Zingaretti), un brutto “colpo al sovranismo” (Franco, Corriere).

“Segue il modello Johnson” (Verità). È “la scelta più sovranista che potessimo fare” (Claudio Borghi). “Il mio capolavoro” (Renzi). “Un grande italiano come me” (B.) sebbene incensurato, infatti “combatterà la corruzione e le mafie” (Rep). Tutto e il suo contrario, ma Lui lascia dire: finché gli altri se la bevono. Mario Transformer, e pure trasformista. Ma se Conte cercava 4 o 5 responsabili per neutralizzare i voltagabbana renziani, era “mercato delle vacche”; se Lui inventa un’ammucchiata di interi partiti cambiacasacca che giuravano di non appoggiarlo mai e di non governare mai insieme, si chiama “trasformismo buono” (Foglio), anzi “dimensione repubblicana” e “spirito repubblicano” (Rep-Espresso: mica come quel monarchico di Conte), e non ricorda Mastella, Ciampolillo, Razzi o Scilipoti, ma “De Gasperi, Berlinguer e Monti: quando gli ‘incompatibili’ riescono a fare squadra” (Ceccarelli, Rep).

I giornaloni si sbracciano fra “svolta”, “novità”, “agenda Draghi”, “effetto Draghi”, “modello Draghi”, “metodo Draghi”, “stile Draghi”, “rivoluzione Draghi”. L’Espresso esulta per la Resurrezione dell’Italia dal “mucchio di macerie lasciato dai governi Conte”, “la crisi di sistema”, “il fallimento degli uomini nuovi”. Veneziani tripudia per “la fine della farsa giallorosa e il ritorno alla normalità”. Francesco Merlo orienta la lingua sul nuovo destinatario che “ridicolizza la comunicazione truccata e sbracata di Conte&Casalino” e “la Cretinocrazia” che “sbaglia i congiuntivi e geografia (Di Maio)”: poi si ritrova Di Maio agli Esteri. Aldo Grasso, altro scalatore di discese, non sta più nella pelle: “È come se in questi ultimi anni avessimo vissuto un incubo… se ci stessimo risvegliando dall’invenzione di una situazione intollerabile. Com’è potuto succedere? Perché così tanti incompetenti a guidarci?” Poi si sveglia e Draghi “congela i licenziamenti di massa” (Domani), come Conte. “Coinvolge nei vaccini i medici di base” (Sole 24 Ore), come Conte. “Tiene per sé la delega ai Servizi” (Stampa), come quel dittatore di Conte. E sull’Ilva “va avanti con Invitalia” (Stampa e Corriere), cioè con quella ciofeca di Arcuri. Vuole “più pagamenti digitali” (Rep), come Conte. C’è, è vero, qualche bella svolta rivoluzionaria. Tipo questa: “Con Draghi l’Italia ha scelto l’Europa” (Sassoli), mica come Conte che aveva scelto l’Oceania. Senza contare che Draghi vuole “l’alleggerimento dei divieti” (Libero) e “basta Dpcm” (Giornale): infatti proroga tutti i divieti di Conte, ne aggiunge qualcuno e lo fa con un decreto e un Dpcm, come Conte. Però c’è modo e modo, anzi moda. Repubblica: “Il Dpcm alla moda di Draghi”. Il primo Dpcm in minigonna della storia.

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