Il mondo FQ

Mps, svendita a Unicredit pagata con 6mila esuberi

Mps, svendita a Unicredit pagata con 6mila esuberi
Icona dei commenti Commenti

Oggi l’ad del Monte dei Paschi, Guido Bastianini, in carica dal 18 maggio, presenterà al cda della banca senese controllata al 68,25% dal Tesoro un nuovo piano industriale, il terzo degli ultimi otto anni. I rumors parlano di nuovi esuberi, 3mila se la banca resterà da sola, ma destinati a crescere a 6mila se invece convolerà a nozze con UniCredit, e della chiusura di altre filiali, fino a 700. I sindacati hanno già fatto muro. Il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, ha affermato che “se il governo permette” la vendita di Mps a UniCredit con incentivi pubblici per miliardi “sarà complice di una macelleria sociale che contrasteremo. Il presidente della Toscana Eugenio Giani la pensa come noi”. La banca è ormai l’ombra del colosso che fu, ma al suo interno le logiche sono rimaste le stesse.

È la terza mannaia in 8 anni. A luglio 2012 il piano presentato dall’allora ad Fabrizio Viola fece 8.500 esuberi tramite pensionamenti. L’accordo di solidarietà firmato il 19 dicembre 2012 per il triennio 2013-2015, poi prorogato, introdusse da tre a sei giorni l’anno di “solidarietà”, tagliò del 23,5% il Tfr dei dipendenti ed esternalizzò quasi 1.100 bancari del back office conferendone il ramo d’azienda alla newco Fruendo partecipata da Bassilichi, partner del Monte, e da Accenture Global Services. L’esternalizzazione finì in un diluvio di cause di lavoro e reintegri.

A fine ottobre 2016 altro giro di giostra: il nuovo ad Marco Morelli presentò il piano 2016-2019 con il taglio di 500 filiali e altri 1.400 esuberi oltre ai 1.200 da realizzare già stabiliti dal piano di Viola. Nonostante il salvataggio della banca con la nazionalizzazione del 2017, Mps è tracollata: dal 2012 al primo semestre 2020 i dipendenti sono calati di un quarto a poco più di 22mila, i dirigenti del 37% da 440 a 277 e i costi del personale del 28% a 1,43 miliardi di fine 2019, le filiali dimezzate da 2.671 a 1.421. Conseguenza del calo dei clienti, scesi da 6 a 4,4 milioni (-27%), e degli attivi, crollati del 35% a 142 miliardi.

Ma il “groviglio armonioso” in Mps e a Siena non cambia mai. Durante l’epoca Morelli, nonostante la crisi e il piano lacrime e sangue a Natale 2017, Mps sfornò 49 nuovi dirigenti e il 14 novembre dell’anno scorso ne promosse altri 34. Tra questi Diana Chiaraluce, oggi responsabile del servizio di valutazione del personale che nel 2013 era ancora un’impiegata. Chiaraluce è moglie di Paolo Calosi, numero 2 della direzione risorse umane del gruppo con delega ai dipendenti della rete. Dal 2002 al 2006 (epoca Mussari) Calosi è stato segretario del coordinamento Fisac Cgil. Nell’ultima infornata di dirigenti, due terzi provenivano proprio dalla rete. Il sindacato dei bancari della Cgil è la sigla più rappresentativa e potente nel gruppo e piazza i suoi uomini nelle posizioni chiave non solo nel Monte, ma anche in città: negli ultimi decenni buona parte dei sindaci Pci, Pds, Ds e Pd e molti consiglieri comunali lavoravano al Monte ed erano iscritti alla Fisac.

I commenti a questo articolo sono attualmente chiusi.