Marco Travaglio

Direttore del
Fatto Quotidiano

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I nuovi Bertinotti

8 Dicembre 2020

C’era una volta un buon governo di centrosinistra molto più apprezzato dei partiti che lo sostenevano, con un premier onesto e capace e vari ministri coraggiosi e stimati anche all’estero. Portò l’Italia in Europa, riformò la sanità privilegiando il pubblico e non il privato, si oppose alle spinte inciuciste col centrodestra. Ma durò solo due anni. Poi un leader che si credeva il più puro e intransigente del bigoncio lo sfiduciò sventolando la decisiva battaglia per l’orario di lavoro a 35 ore. Il governo cadde alla Camera per un voto, il premier andò a casa, indisponibile ad ammucchiate. E quattro giorni dopo il suo rivale, che fino ad allora giurava “o questo governo o elezioni”, era già pronto a formarne uno nuovo con un plotone di parlamentari eletti col centrodestra. Il premier abbattuto era Romano Prodi, il suo killer Fausto Bertinotti, il successore e utilizzatore finale di cotanta intransigenza Massimo D’Alema, i voltagabbana suoi compagni di strada Mastella e Buttiglione, fondatori con Cossiga della leggendaria Udr. Nato sotto i peggiori auspici, il governo D’Alema si distinse per quattro scelte sciagurate: i bombardamenti sulla Serbia nella guerra del Kosovo, ordinati da Usa e Nato ma senza l’Onu; l’abolizione dell’ergastolo per le stragi; le privatizzazioni di due galline dalle uova d’oro come Autostrade e Telecom, praticamente regalate ai Benetton e ai “capitani coraggiosi” Colaninno, Gnutti e Consorte. Risultato: crollo dei consensi del centrosinistra, caduta di D’Alema dopo un anno e mezzo, nascita del secondo governo Amato e resurrezione di B. Che nel 2001 rivinse le elezioni e tornò al governo come nuovo. Il copione stava per ripetersi nel 2008 ai danni del governo Prodi-2, se le manovre dei compagni Rossi e Turigliatto, anch’essi purissimi e intransigentissimi, non fossero state anticipate dal ritorno di Mastella alla casa del Papi.

Ma domani il bis potrebbe arrivare al Senato con Conte al posto di Prodi, i dissidenti 5Stelle al posto di Bertinotti&C., la risoluzione sul Mes al posto delle 35 ore, pezzi di FI e pulviscoli centristi al posto dell’Udr, la moglie di Mastella al posto di Mastella, Cottarelli o Cassese o un altro tecnico uscito dal cilindro dell’Innominabile e degl’inciucisti Pd al posto di D’Alema e, come utilizzatore finale, il solito centrodestra. Naturalmente, della risoluzione sul Mes che rischia di mandare in mille pezzi M5S e maggioranza, da giovedì se ne sbatteranno tutti allegramente. Così come delle 35 ore non è mai più fregato nulla a nessuno. Ciò che resterà saranno i risultati nefasti della geniale Operazione Morra, Lezzi &C., talmente puri e intransigenti da non vedere al di là del proprio naso.

Cioè da immaginare l’eterogenesi dei fini sempre ottenuta dagli estremisti miopi, vanesii e irresponsabili, altrimenti detti “utili idioti”, che diventano regolarmente i migliori amici dei loro peggiori nemici in cambio di qualche ora di visibilità. Gli effetti di uno scisma a 5Stelle mercoledì al Senato si vedranno già da giovedì e potranno essere soltanto tre. Meglio pensarci prima che pentirsi dopo. Dunque eccoli. 1) I no dei dissidenti bastano a mandar sotto Conte e la maggioranza: così si va a votare in piena pandemia e campagna vaccinale, con la probabilissima mancata ricandidatura dei dissidenti medesimi e l’immancabile vittoria del centrodestra, che si pappa i 209 miliardi del Recovery. 2) Oppure, caduto Conte, nasce un nuovo governo-ammucchiata tecnico che smantella le principali conquiste fatte dai 5Stelle in questi due anni e mezzo e chiede il Mes sanitario: l’unico premier che non voleva chiederlo è andato a casa. 3) I frondisti non bastano a rovesciare Conte, ma fanno da cavallo di Troia al soccorso forzista-centrista, che salva il governo: così la maggioranza muta e si sposta a destra; il rimpasto, oltre al Pd e al Iv, lo chiedono pure i nuovi arrivati; i 5Stelle contano meno di prima e devono ingoiare non solo la riforma del Mes, ma pure l’accesso al Mes sanitario.

In tutti e tre i casi, la riforma del Mes va avanti spedita, visto che non dipende dai dissidenti grillini, ma dall’Unione europea. E non è all’ordine del giorno domani o dopodomani, ma a 2021 inoltrato, quando passerà per i Parlamenti degli Stati membri e tutto può accadere (del resto, un anno fa nessuno avrebbe immaginato una Ue che vara il debito comune con gli eurobond del Recovery). Intanto, finché dura la legislatura, l’Italia non chiederà mai né il Mes sanitario né quello ordinario riformato, che in questo Parlamento non hanno i numeri per passare. Tantopiù che nel 2021 l’Italia inizierà a incassare il Recovery e di tutto avrà bisogno fuorché di un premier azzoppato o ricattato da chi non sa distinguere una risoluzione parlamentare dalla riforma di un trattato e sogna un veto italiano all’Ue senza calcolare le ritorsioni che ci pioverebbero in capo. Già, perché i giochetti di queste teste calde (o vuote) danneggerebbero anzitutto gli italiani. I nuovi Bertinotti e Turigliatto, invece, diventerebbero (anzi già sono) gli idoli dei giornaloni e delle tv Mediaset. I padroni del vapore cercavano giusto un grimaldello per scassinare Palazzo Chigi, introdursi nel caveau del Recovery e levarsi dai piedi i 5Stelle e il loro premier senza lasciarci le impronte digitali. Ma nemmeno loro osavano sognare che, a servirgli il pacco dono su un piatto d’argento, fossero proprio dei 5 Stelle.

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