Il caso

Coronavirus, “il call center di Alitalia è un pollaio”: la denuncia dei lavoratori spaventati

Senza protezione - “Lavoriamo in 50 dentro due stanzoni con spazi limitati”

24 Marzo 2020

Questa mattina, mentre il commissario straordinario di Alitalia, Giuseppe Leogrande, e i sindacati terranno una videoconferenza con il ministero del Lavoro per tentare di raggiungere un nuovo accordo sulla cassa integrazione (c’è la volontà di estenderla al 31 ottobre per quasi 4mila dipendenti), 50 lavoratori del call center inhouse di via Ezio Bevilacqua a Fiumicino si ritroveranno a lavorare in due stanzoni senza adeguate misure di sicurezza. “Siamo in un pollaio”.

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A denunciarlo al Fatto è uno dei dipendenti a tempo indeterminato della compagnia che presto potrebbe tornare a trazione statale con una flotta di 25-30 aerei.

“La scorsa settimana – spiega il lavoratore – abbiamo chiesto al nostro responsabile di valutare lo smart working. Non una rivendicazione, ma una richiesta dettata dall’emergenza sanitaria, visto che domenica 22 è finita la cassa integrazione a rotazione e questo avrebbe aumentato il numero di colleghi nello stesso spazio di lavoro, composto da decine di isole con 4 postazioni. Non siamo stati ascoltati: hanno solo attivato la sanificazione. Così ieri ci siamo ritrovati a lavorare in 40, senza che nessuno ci abbia garantito le dovute distanze di sicurezza”, denuncia il dipendente che per il contact center interno di Alitalia gestisce le telefonate per emettere e spostare le prenotazioni e si occupa dei buoni che vengono dati ai clienti cui vengono cancellati i voli. “Quando sono venuti a misurare la distanza tra le postazioni – prosegue – c’è stato detto che c’è oltre un metro. Ma non è vero: quella è la lunghezza della scrivania. Non indica la distanza tra le sedie girevoli. Siamo terrorizzati, soprattutto dopo la morte del collega del call center Tim. Nessuno vuole capire che siamo ammassati in questi stanzoni senza protezioni. Abbiamo anche chiesto di essere trasferiti negli altri uffici della palazzina rimasta quasi vuota. Non ci è stato acconsentito. Così come – spiega ancora – non hanno ascoltato l’altra nostra richiesta: evitare gli assembramenti diversificando gli orari. Venerdì scorso abbiamo ricevuto una mail in cui l’azienda ha chiesto una mappatura per capire quanti di noi abbiano il pc e la connessione da casa. Spero che questo sia il preludio allo smart working”. Un caso che tiene accesi i riflettori sui call center che per decreto restano un servizio essenziale. Intanto 420 dei 600 colleghi di cuffia del dipendente Alitalia che per Almaviva operano sul call center della compagnia aerea dalla scorsa settimana sono in smart working.

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