Il dossier

I nuovi “re di Roma”: narco-albanesi e eredi Senese&Casamonica

Romanzo criminale - L’unico rispettato da tutti è il fratello di ’o pazzo mentre l’ultima parola nel clan sinti oggi spetta a Guerino detto Pelé

Di Giampiero Calapà
1 Ottobre 2019

Per arrivare ai nuovi “re di Roma” bisogna seguire le piste della cocaina. Chi gestisce la droga comanda in città e la traccia porta a una tenaglia che stritola l’Urbe (e che forse ha stritolato Diabolik) tra il clan degli Albanesi e gli storici camorristi Senese. Massimo Carminati, durante il processo “Mafia Capitale”, tenne a ribadire che “i giornali mi accollarono cose come il traffico di droga che io, per scelte personali mai ho fatto e mai farò”. Ma il suo amico Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik, ucciso da un sicario il 7 agosto nel parco della Caffarella, era un noto narcotrafficante. Sono passati sette anni dall’ormai storica copertina de l’Espresso, dicembre 2012, che raffigurava i re di Roma, con l’inchiesta di Lirio Abbate: Carminati, Carmine Fasciani, Peppe Casamonica e Michele ’o pazzo Senese. Tutti rinchiusi oggi.

I nuovi padroni incontrastati nel mondo della droga romana sono gli “Albanesi”: erano la “batteria di Ponte Milvio”, in ottimi rapporti sia con i fascisti di Carminati e Diabolik sia con i Senese. Oggi è a loro che gran parte del milieu criminale romano si rivolge per acquistare la polvere bianca a 28 mila euro al chilo. Prezzo imbattibile. Le partite di droga, chiamate in gergo “birre”, vengono trasportate nei doppi fondi delle auto. I carichi sono di 20 o anche 30 chili per viaggio dall’“emporio” di Rotterdam. Il giro d’affari è di milioni di euro: nel 2018 a Roma sono stati sequestrati 572 chili di cocaina. Gli Albanesi sono suddivisi in quattro, cinque gruppi criminali. Ogni tanto c’è una figura più carismatica che emerge: l’ultima è Dorian Petoku, già in carcere in patria per l’operazione Brasile low cost, droga importata dal Sudamerica, il suo nome è finito anche nelle carte dell’operazione Lucifero 2017 eseguita la scorsa settimana dall’antidroga della polizia agli ordini del vicequestore aggiunto Mariangela Sciancalepore. Petoku sarà estradato in Italia, è il cugino di Arben Zogu, detto Riccardino, “amico” di Diabolik, in rapporti dai tempi dell’esperienza comune nel carcere di Avellino con Rocco Bellocco, uno dei capi della ’ndrangheta a Rosarno.

Era il 2013. Ed è noto quanto la benedizione delle ’ndrine conti nel traffico internazionale di droga. I punti di forza degli Albanesi sono diversi, stanno lontani dallo spaccio, fanno toccare le “birre” solo a corrieri, spesso ragazzini o gente che ha disperato bisogno di soldi. Non tengono “piazze di spaccio” proprie e non controllano nessun territorio. Non gli interessa. Senza Zogu e Petoku ci sono altri considerati “personaggi di spessore nel traffico degli stupefacenti” attualmente attivi, come un certo “Jimmi”, 37 anni. Hanno un punto debole gli Albanesi: non riescono a rinunciare a fuoriserie e lusso un po’ troppo appariscente.

E i padrini di una volta? Per Cosa nostra sono lontani i tempi di Pippo Calò, il tesoriere della mafia di casa a Roma sepolto al 41-bis, ed Ernesto Diotallevi, privato recentemente della sua dimora principesca con vista sulla Fontana di Trevi dall’ultima offensiva del pm Luca Tescaroli. Anche ’u zio Ciccio d’Agati, 83 anni, è al tramonto sul Litorale romano dei Fragalà-Santapaola, arrestato a giugno. A Ostia gli Spada sono in ginocchio dopo gli ergastoli per mafia di qualche giorno fa. È terra di conquista, quindi, dove girano liberi, però, due personaggi secondo i magistrati “da ritenersi tuttora di rilievo nel panorama del crimine organizzato: gli stessi si rendevano responsabili della gambizzazione di Vito Triassi (Cosa nostra, ndr) in data 20 settembre 2007, fatto per il quale hanno scontato una condanna definitiva”: Roberto De Santis detto Nasca e Roberto Giordani detto Cappottone; l’agguato a Triassi, come emerso dall’indagine Nuova Alba della squadra mobile romana nel 2013, garantì la pax mafiosa tra i Fasciani e i Senese. Non re di Roma, ma oggi Nasca e Cappottone sono almeno viceré di Ostia.

Le famiglie storiche che resistono, con il relativo territorio inespugnabile, sono i Senese e i Casamonica, nel quadrante est della città. La direttrice Tuscolana è l’incontrastato regno della famiglia di ’o pazzo e il quartier generale è un loro bar in zona. Angelo Senese, considerato alla stregua di un colletto bianco, è rimasto l’unico ovunque nella capitale a suscitare a tutti “rispetto”, cosa di cui prima si potevano vantare solo il fratello Michele e Carminati, entrambi detenuti. Anche i Casamonica hanno subito colpi importanti, non solo quelli delle ruspe sulle ville abusive. In questo momento il reggente è Guerino Casamonica detto Pelé, raccontato così da Nello Trocchia in Casamonica (Utet, 2019): “Nel suo passato c’è una sequela di indagini, precedenti per rapina, porto abusivo di armi, truffe”, con una “condanna definitiva in Germania per traffico di sostanze stupefacenti – continua Trocchia, autore anche di un docu-film prossimamente in onda su Canale Nove –; ma non solo dalle indagini risulta essere fornitore di cocaina di un gruppo criminale romano, a leggere il dossier della Dia, Guerino ha fatto da mediatore coi trafficanti colombiani”. Basta seguire le piste di coca, ancora una volta, per arrivare ai nuovi re di Roma.

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