Palermo

Appello Stato-mafia: B. non difenderà l’amico Dell’Utri

Trattativa - L’ex premier non deporrà all’appello. I suoi legali temono che sia indagato per reato connesso a Firenze

25 Settembre 2019

Si apre una partita interessante sull’audizione dell’ex premier Silvio Berlusconi al processo di appello sulla Trattativa Stato-mafia a Palermo. La difesa di Marcello Dell’Utri, condannato in primo grado a 12 anni, aveva chiesto di sentire il leader di Forza Italia, che non è mai stato indagato in questo procedimento, come testimone. L’audizione era fissata per il 3 ottobre e già si scaldavano le telecamere dei tg nazionali. Invece i legali Ghedini e Coppi (dopo essere scesi a Palermo una decina di giorni fa per capire che aria tirava) hanno inviato una nota alla Corte d’Assise d’Appello per far sapere che Berlusconi ha già un impegno istituzionale connesso con la sua carica di eurodeputato. A parte il solito legittimo impedimento, la parte più importante della nota è la seconda: Coppi e Ghedini, dopo aver premesso che Berlusconi è comunque disponibile a deporre, hanno chiesto ai giudici di chiarire preliminarmente in quale veste verrebbe sentito. Questione cruciale: se l’ex premier fosse indagato di reato connesso, allora potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere o mentire senza conseguenze. Se invece non fosse indagato, sarebbe un testimone puro, tenuto a rispondere e a dire la verità. La corte dovrà ora sciogliere il nodo.

La questione non è teorica perché da due anni i quotidiani scrivono che Dell’Utri e B. sono indagati dalla Procura di Firenze come mandanti esterni occulti delle stragi del 1993 a Roma, Firenze e Milano. Ipotesi ovviamente tutta da riscontrare e già archiviata due volte ma rinverdita nel 2017 dalle intercettazioni di Giuseppe Graviano in carcere. La Procura Generale di Palermo guidata da Roberto Scarpinato ora dovrà chiedere ufficialmente ai colleghi di Firenze se Berlusconi è ancora indagato per strage. L’ex premier non ha diritto a saperlo: l’inchiesta, in corso, è segreta.

La questione assume un aspetto diverso se la si guarda dal punto di vista mediatico o da quello giudiziario. Nella veste di indagato per reato connesso la testimonianza potrebbe servire molto meno alla difesa ma essere occasione di uno show senza pericoli per B. che potrebbe dire la sua davanti a giudici e giornalisti senza grandi rischi. A meno di dichiarazioni auto-indizianti (tipo: “È vero vostro onore, Dell’Utri mi disse che Mangano…”) improbabili a dire il vero. La difesa di Dell’Utri, rappresentata dall’avvocato Francesco Centonze, ha chiesto di sentire in aula l’ex premier “a proposito delle minacce mafiose subite dal governo da lui presieduto nel 1994”. Infatti Dell’Utri è stato condannato in primo grado a 12 anni per minaccia a corpo dello Stato perché avrebbe trasmesso quella minaccia “nella sua funzione di intermediario” all’imprenditore Berlusconi “nel frattempo sceso in campo in vista delle politiche del 1994”. Così facendo avrebbe rafforzato “il proposito criminoso dei vertici mafiosi di proseguire con la strategia ricattatoria iniziata da Riina nel 1992”. Per la Corte non c’era la “prova diretta dell’inoltro della minaccia” ma solo “ragioni logico-fattuali che inducono a non dubitare che Dell’Utri abbia riferito a Berlusconi quanto di volta in volta emergeva dai suoi rapporti con Cosa nostra mediati da Mangano”. La difesa di Dell’Utri riteneva “indispensabile la testimonianza diretta” della presunta vittima. Chissà cosa risponderà B. alla domanda: “Dell’Utri le riferì le minacce della mafia veicolate da Mangano?”. Se rispondesse “no”, nella veste di testimone, la difesa segnerebbe un punto. La Procura generale potrebbe a quel punto contro-interrogare B. ricordandogli, per esempio, che nel 1986 aveva mostrato di capire il linguaggio minaccioso della mafia quando, intercettato, diceva a Dell’Utri che Mangano non comunicava con una raccomandata ma con le bombe.

Però, prudentemente, la Procura generale – pur associandosi alla richiesta di audizione – ha messo le mani avanti a luglio. Quando si è associata alla richiesta di audizione della difesa ha infatti aggiunto: “Fermo restando che andrà valutata l’attendibilità di Berlusconi, anche rispetto alle forme con le quali deve essere sentito, se come teste puro o, più correttamente, come teste assistito o imputato di reato connesso”. Non resta che capire se Berlusconi sia indagato a Firenze con Dell’Utri come mandante esterno delle stragi. Anche perché quell’indagine dovrebbe essere giunta ormai alla fine del secondo anno e quindi a breve dovrebbe essere chiusa.

Ti potrebbero interessare

I commenti a questo articolo sono attualmente chiusi.