Il colloquio

Tav, Conte: “Dall’analisi costi-benefici dati chiari. Far finta di nulla sarebbe una presa in giro. E io non sono un pagliaccio”

“Non avevo preconcetti, ma l’analisi di Ponti ha retto allo stress test di Salvini. Macron lo vedo tra 10 giorni”

10 Marzo 2019

“Sono un po’ stanchino, direttore, non mi faccia lavorare ancora…”. È la serata di ieri, quando chiamiamo Giuseppe Conte. E lo troviamo piuttosto provato: pare che abbia dormito pochino, nelle ultime tre notti. Ma insistiamo per avere qualche chiarimento e precisazione. Soprattutto sulla coda velenosa del suo post di ieri su Facebook che accompagna lo scambio di lettere con Telt (la società italo-francese aspirante costruttrice del Tav): quella sulle “pressioni” di “gruppi di potere” e “comitati d’affari”.

Si riferiva a qualcosa o a qualcuno in particolare?

Quel mio riferimento a pressioni di comitati d’affari e gruppi di potere non si riferiva a nessun episodio specifico, anche se capisco che – senza che io lo volessi – possa aver destato qualche curiosità. Ho voluto solo ribadire con forza la correttezza e il rigore del metodo che ho seguito in questa come in tutte le altre mie scelte di governo. Io, quando decido, mi isolo da tutto e da tutti per non farmi condizionare. Quindi no, nessuna cordata imprenditoriale è venuta a farmi pressioni. Ma chiunque volesse sollecitarmi qualcosa deve sapere verrebbe respinto con perdite.

Cosa la soddisfa di più, nell’accordo con Telt sui bandi del Tav, oltre all’avere spento per ora i fuochi di crisi del suo governo?

Mi ha molto soddisfatto la risposta di Telt, che conferma come si possano avviare le dichiarazioni di interesse senza far partire i bandi di gara per alcuni mesi, senza il rischio di penali o di altri oneri per lo Stato e senza perdere gli eventuali finanziamenti europei, che servirebbero solo se l’opera andasse avanti. Ora viene il difficile: convincere Francia e Commissione Ue delle nostre buone ragioni illustrate dall’analisi costi-benefici, che indica una perdita di 7-8 miliardi per tutti e tre, non solo per l’Italia.

Ha già preso contatti con le controparti?

Sì, ne parlerò quanto prima con il presidente della Commissione Juncker e col presidente francese Macron. Stamane (ieri, ndr), mentre scrivevo a Telt, ho avvertito di questa interlocuzione sia Juncker sia Macron trasmettendo la lettera a Telt e chiedendo di incontrarli per avviare un processo decisionale condiviso. Che sarà complicato, ma che sono fiducioso di portare a buon fine. L’impresa appariva ancor più difficile quando incombeva la procedura d’infrazione Ue, e ce l’abbiamo fatta a sventarla. Perciò sono ottimista anche sul Tav. Macron lo vedrò già al prossimo Consiglio europeo (fissato il 21 e 22 marzo, ndr).

Lei è sempre stato No Tav?

Niente affatto. Prima di prendere in mano il dossier Tav, davvero non avevo alcuna opinione in materia, anche se per miei studi e formazione sono un grande appassionato di blue economy, e voglio dare come premier una spinta forte all’economia circolare, alla decarbonizzazione e a modelli più avanzati di sviluppo anche in tema di trasporti: noi governanti dobbiamo essere custodi del pianeta, non dispersori di risorse. Ma sul Tav non avevo studiato nulla e dunque non ero né pro né contro. Anzi, a furia di sentir dire che il Tav era in pieno corso, che gli scavi erano in stadio avanzato, iniziavo a pensare che tanto valesse completare l’ultimo tratto mancante. Ho anche ricevuto una nutrita delegazione di imprenditori e amministratori pro Tav. E li ho ascoltati senza pregiudizi. Poi, cominciando a studiare, mi son reso conto che i bandi dell’opera vera e propria non erano neppure partiti. E ho iniziato a dubitare della sua utilità, tanto più che deve ancora iniziare.

È stata l’analisi costi-benefici di Ponti & C. a convincerla?

Le dico di più: non mi è bastata neppure quella. Così ho chiamato Di Maio, Salvini e Toninelli a Palazzo Chigi, con i tecnici dell’analisi del Mit e quelli contrari della Lega. E mi son portato dei miei esperti, per essere il più informato e imparziale possibile. Ho iniziato il vertice da agnostico e ho assistito allo stress test che l’analisi del governo subiva da Salvini e dai suoi. Se non avesse retto, avrei detto sì a Salvini e no a Di Maio, anche se sapevo che avrei messo in grave difficoltà i 5Stelle. Ma io ho l’obbligo di decidere ciò che è meglio per gli italiani, non per i 5Stelle.

E poi cosa è successo?

Alla fine l’analisi ha retto bene allo stress test. E allora ho avvertito tutti i presenti che nessuno deve permettersi di dirmi: l’analisi regge, ma la buttiamo nel cestino perchè l’opera va fatta lo stesso senza discuterne. Ma come: abbiamo parlato per cinque mesi agli italiani dell’analisi costi-benefici e poi la cestiniamo? Sarebbe una presa in giro e io non sono un pagliaccio. Ecco il metodo: finchè ci sarò io a Palazzo Chigi, non permetterò a nessuno di deviare le mie decisioni per ragioni di parte, ideologiche o affaristiche. È l’unico metodo che può garantire i soldi e gli interessi dei cittadini italiani.

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