Non votiamo chi è contro la carta

Di Alfiero Grandi
2 Gennaio 2018

Con lo scioglimento delle Camere si conclude una legislatura da archiviare come una delle peggiori della storia della Repubblica. Ci si sorprende della transumanza di parlamentari da una parte all’altra, se venissero votati dai cittadini e non nominati dall’alto non lo potrebbero fare tanto facilmente. Dall’entrata in vigore del Porcellum si sono succedute tre legislature, una peggio dell’altra.

Questo parlamento avrebbe dovuto essere sciolto dopo la sentenza della Corte che ha dichiarato incostituzionale il Porcellum, la legge con cui è stato eletto.

Il parlamento sciolto è stato nella sua maggioranza a rimorchio del governo Renzi che aveva l’unico obiettivo di deformare la Costituzione per arrivare all’elezione di uno scombiccherato Sindaco d’Italia, il sogno di Renzi da quando ha lasciato Palazzo vecchio. Questi due anni di legislatura dedicati a mettere le mani sulla Costituzione, con metodi e contenuti inaccettabili, si sono infranti sul voto dei cittadini che al 60 % hanno detto No.

Purtroppo questo parlamento, sulla cui legittimità aleggiavano seri problemi di costituzionalità, non solo ha approvato norme per manomettere la Costituzione, ma da ultimo non è riuscito ad approvare neppure lo ius soli.

Purtroppo sul prossimo parlamento grava il peso di una pessima legge elettorale, che rischia di fare eleggere due Camere che proseguiranno la serie infausta dei parlamentari nominati. Legge approvata da questo parlamento, con ben otto voti di fiducia, senza che i parlamentari potessero cambiare una virgola del testo deciso dai vertici dei partiti. Il torto della maggioranza dei parlamentari è di non avere avuto un sussulto di dignità respingendo l’imposizione, gestita con un uso improprio del voto di fiducia posto dal governo Gentiloni che al suo insediamento aveva dichiarato che sulla legge elettorale si sarebbe rimesso al parlamento, poi ha cambiato idea, senza spiegare perché.

Questa legge elettorale è pessima e per di più probabilmente si rivolterà contro chi l’ha voluta quando voteremo il 4 marzo. Impedisce agli elettori di scegliere i loro rappresentanti in parlamento, con l’aggravante di un voto unico per maggioritario e proporzionale che toglie anche il minimo di libertà di voto. Quindi avremo un altro parlamento nominato dai capi partito e non dagli elettori.

Malgrado questo gravissimo limite occorre evitare l’astensione perché è una grande occasione per votare contro i responsabili dell’approvazione di questa legge. Come Coordinamento per la democrazia costituzionale, erede del Comitato per il No, ricorderemo agli elettori e alle elettrici i partiti e i parlamentari che hanno approvato questa legge elettorale invitando a non votarli. Hanno forzato la mano con 8 voti di fiducia. In risposta alla loro forzatura a noi resta solo la possibilità di non votarli e questo inviteremo a fare, con nome e cognome.

Chi ha voluto questa forzatura si è reso responsabile di una grave ferita democratica. La questione di fondo oggi è la frattura, l’abisso di sfiducia tra rappresentanti e rappresentati, che può diventare una vera e propria delegittimazione dell’istituto parlamentare, centrale nella nostra Costituzione, con tutte le conseguenze del caso. Apprendisti stregoni rischiano di far fare un salto all’indietro alla democrazia del nostro paese nata dalla Resistenza e delineata nella Costituzione, aprendo la strada a nuove tentazioni revisioniste come, ad esempio, una delle diverse forme di presidenzialismo.

Non si può soggiacere alla forzatura di governo e della maggioranza parlamentare che ha accettato o subito la fiducia, dando per scontato che ci dobbiamo tenere questa legge elettorale.

Costituzione e leggi offrono delle possibilità democratiche che i cittadini debbono sapere utilizzare per modificare questa legge elettorale: ricorrendo alla Corte come già sta facendo il nostro gruppo di avvocati, promuovendo a breve una legge di iniziativa popolare per ridare ai cittadini la possibilità di scegliere direttamente i loro rappresentanti, usando anche il nuovo regolamento del Senato che obbliga a esaminare entro tre mesi le leggi di iniziativa popolare, infine, se necessario, ricorrendo al referendum per abrogare le parti inaccettabili di questa legge.

Ci sono validi motivi di sfiducia verso la capacità del futuro parlamento di riformare, da solo, la legge elettorale. Troppo forte è ormai l’abitudine dei capi partito di scegliere dall’alto i parlamentari che così non rappresentano più i cittadini ma debbono solo essere fedeli a loro. Perché dai capi partito dipende la loro elezione, con i risultati che conosciamo di decadenza dei costumi e di abbassamento della qualità.

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