Parigi, il discorso del compagno del poliziotto ucciso sugli Champs-Elysées: “Non avrete il mio odio”

Il compagno del poliziotto ucciso sugli Champs-Elysées e la frase che riassume l’atteggiamento contro il terrorismo

26 Aprile 2017

Sono le 11 e 15 di un 25 aprile grigio e fresco. Nel grande cortile della Prefettura è in corso la cerimonia in onore di Xavier Jugelé, il poliziotto ammazzato giovedì dal terrorista Karim Cheurfi durante la sparatoria degli Champs Elysées: avrebbe compiuto 38 anni il 4 maggio. François Hollande ha invitato Emmanuel Macron e Marine Le Pen. I rivali del futuro ballottaggio presidenziale sono in prima fila. Uno di loro due sarà il nuovo capo dello Stato. Non si guardano: i loro volti sono tesi. Tutta la loro attenzione è su Étienne Cardiles, il compagno di Jugelé. Confessa di provare una sofferenza infinita. Ma non vuole vendetta: il suo strazio è “senza odio”. Marine Le Pen ha un sussulto. Emmanuel Macron impercettibilmente annuisce.

Le parole di Cardiles sono chiare, e potenti. Più che un ricordo, un messaggio. Così aveva parlato il giornalista Antoine Leiris un anno e 5 mesi fa, il 17 novembre del 2015: aveva perso la moglie al Bataclan, la notte di venerdì 13 novembre 2015. Cardiles si rivolge a Xavier. Che è come se gli fosse ancora al fianco, perché alla sua sinistra c’è, poggiata su un treppiedi, una grande foto che lo ritrae in divisa di servizio antiterrorismo (era membro della 32esima compagnia Dopc): “Questo tipo di missione, lo so, ti piaceva, perché erano gli Champs e l’immagine della Francia che proteggevi… Quando ho appreso che c’era stato un attacco, proprio sugli Champs Elysées, e che un poliziotto era stato ucciso, ho sentito dentro il fondo di me stesso che eri tu. Sono rientrato a casa senza di te. Con un dolore profondo. Soffro senza odio”. Poi, sollevando lo sguardo verso le telecamere, non è più solo a Xavier che parla: “Voi non avrete il mio odio”.

Un odio che non era la ragione del suo mestiere: “Questo odio, Xavier, non l’ho perché non ti rassomiglia, perché non corrisponde in nulla a ciò che faceva battere il tuo cuore, né ciò che aveva fatto di te un gendarme, poi una guardiano della pace”.

Una lezione di vita. E di politica. Hollande ne prende atto: “La tragica morte di Jugelé ricorda a tutti noi quanto dobbiamo alle forze dell’ordine: esse sono lo scudo della nostra democrazia. E lui era un eroe del quotidiano. Chi l’ha colpito ha colpito l’autorità dello Stato. Solo nel 2016 8 poliziotti e 14 gendarmi sono rimasti vittime di attacchi terroristici”. Perciò, rammenta a Macron e alla Le Pen, è necessario che sia perlomeno confermato il budget statale per la sicurezza e che siano stanziati i fondi necessari ai nuovi reclutamenti, così da poter agire ancor più efficacemente. Perché la lotta al terrorismo sarà lunga, ostica e dura: “Ma alla fine, vittoriosa”. Guai se divenisse argomento di battaglia elettorale, giacché in ballo è la sicurezza di tutti i francesi.

E tuttavia, l’appello di Hollande passa in secondo piano rispetto alle meditate parole di Etienne Cardiles: la lotta al terrorismo non si fa con l’odio ed erigendo muri, demonizzando tutti gli immigrati e i richiedenti asilo, come vorrebbe il Front National e Marine Le Pen. La strategia della tensione non l’ha avvantaggiata, come forse lei si attendeva. Nelle analisi di voto delle primarie presidenziali, il terrorismo non ha influito in modo sensibile sull’elettorato, soprattutto non ha pagato, come ha fatto la Le Pen, soffiare sul fuoco della paura, né – glielo ha rimproverato il premier Cazeneuve – la costante “istigazione all’odio”, sfruttando le emozioni per propaganda. Proprio le grandi città dove il terrorismo è stato letale hanno bocciato la sua tolleranza zero.

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