Flessibilità, il vero voto di scambio

11 Ottobre 2016

Il voto di scambio “legale” (questa la definizione corrente) consente, a chi ne usufruisce, di vedere soddisfatta una propria richiesta legittima in cambio del voto. Il prossimo 4 dicembre si vota, come è noto, per il referendum sulle riforme costituzionali ed entro lunedì 17 ottobre il governo Renzi dovrà trasmettere a Bruxelles la versione sintetica (quella definitiva in Parlamento entro il 20) di una manovra finanziaria da almeno 22-23 miliardi, appositamente cucita sul Sì. Ecco infatti un elenco sommario (tratto da “Repubblica”) delle misure annunciate che il governo Renzi si appresta sollecitamente a varare.

Circa 15 miliardi per evitare gli aumenti di Iva e accise nel 2017. Agevolazioni per la pensione anticipata ed estensione della quattordicesima a 1,2 milioni di pensionati (in totale 3,3 milioni): 1,7 miliardi. Lavoro: taglio Ires, nuova Iri, decontribuzione solo al Sud, bonus per le aziende che assumono dopo gli stage, salario di produttività detassato: un miliardo. Rinnovo del contratto degli statali (900 milioni in tre anni). Aumento del fondo povertà: 0,6 miliardi. Aiuti alle famiglie numerose. 0,6 miliardi. Interventi per le industrie: 0,7 miliardi. Bonus da rinnovare (500 euro ai diciottenni e 80 euro ai militari): 0,8 miliardi. E poi in extra deficit le misure per migranti e terremoto, ivi incluso il pacchetto Casa Italia con gli ecobonus edilizi. Insomma, una miracolosa pioggia di euro che irrorerà le tasche spesso vuote di larga parte dei cittadini italiani.

Mettiamoci ora nei panni di questi beneficiati e proviamo ad anticipare (non occorre molta fantasia) ciò che si sentiranno ripetere tra pochi giorni, e per giorni e giorni fino al 4 dicembre, messaggio debitamente amplificato dall’orchestra sinfonica di giornali e tv. Se vince il Sì, alleluia, Matteo Babbo Natale potrà salire sulla slitta e distribuire su e giù per lo Stivale i suoi doni meravigliosi mentre il fuoco crepiterà nei camini e i bimbi canteranno felici: stabilità. Se invece vince il No, come in una triste novella dickensiana il male allungherà i suoi artigli, il generoso Matteo finirà sotto i ponti e per gli italiani affamati e intirizziti nella gerla resterà solo un po’ carbone distribuito da quei cattivacci di D’Alema, Grillo, Brunetta e Zagrebelsky. Volete voi questo? Se dite no votate Sì.

Alla domanda seguente: dove diavolo li prenderà tutti quei soldi il governo della cuccagna, viene risposto elencando la consueta litania fatta di spending review, lotta all’evasione, maggiori imposte sul gratta e vinci e cosucce del genere. Ci sarebbe però un problema: una grossa fetta, 7,7 miliardi, va sotto la voce “Extra deficit”, salendo dal 2 concordato a quel 2,4 per cento di rapporto tra disavanzo e Pil su cui Bruxelles storce parecchio la bocca. Poi il 6 ottobre parla, il commissario agli Affari economici della Ue, Pierre Moscovici, per il governo parole di miele: “In Italia c’è una minaccia populista, per questo sosteniamo gli sforzi di Renzi affinché sia un partner forte all’interno della Ue”. E ancora: “Ho fiducia che l’Italia se la caverà come sempre e risolverà i problemi con il nostro aiuto”. Capito? Moscovici si esprime come un renziano doc, si schiera con il premier italiano nella sfida per il referendum e offre il concreto aiuto di Bruxelles sulla legge di stabilità. Vero che in seguito il Commissario si mostrerà più prudente sull’extra deficit (“il 2,4% non è la cifra a cui pensiamo”) ma la sostanza resta e il voto di scambio diventa così triangolare. L’Ue finanzia Renzi per finanziare il Sì del popolo italiano. Formalmente nulla di illegale. Nei fatti abbiamo la nostra Costituzione devastata grazie anche alla “flessibilità” di Bruxelles, a uso e consumo dell’uomo solo al comando e contro ogni ipotesi di governo Cinque Stelle (“la minaccia populista”). Chi lo dice che i Poteri Forti non esistono?

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