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Antiriciclaggio, con Trump l’America frena: multe giù del 60% e stop ai provvedimenti contro le società cripto

Nel primo anno della seconda presidenza del tycoon meno controlli su banche e criptovalute (con cui si è arricchito) e stop di fatto alla legge contro la corruzione internazionale. Washington rinuncia al ruolo di gendarme globale
Antiriciclaggio, con Trump l’America frena: multe giù del 60% e stop ai provvedimenti contro le società cripto
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Dopo l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca gli Usa hanno drasticamente ridotto la pressione sul fronte dell’antiriciclaggio, del contrasto al finanziamento del terrorismo e della violazione di sanzioni. Il Financial Times ricostruisce che nel 2025 le multe si sono fermate a meno di 1,7 miliardi di dollari, in calo del 61% rispetto ai 4,3 miliardi dell’anno precedente.

Il crollo, spiega il quotidiano finanziario, riflette una scelta politica: fin dall’insediamento il tycoon ha chiesto alle autorità di vigilanza finanziaria un approccio più “business-friendly“, spingendo verso l’archiviazione o il rallentamento di numerosi procedimenti, inclusi quelli sul settore delle criptovalute. Da gennaio l’autorità di vigilanza sui mercati (Sec) ha archiviato numerose indagini su piattaforme crypto, molte delle quali avevano sostenuto finanziariamente l’insediamento presidenziale. Paul Atkins, nominato da Trump alla guida della Commissione, aveva del resto esplicitamente promesso maggiore tolleranza e avvisi preventivi alle imprese prima di avviare azioni formali.

Il passo indietro non riguarda solo l’antiriciclaggio in senso stretto. Con un ordine esecutivo di febbraio 2025, la Casa Bianca ha poi messo in pausa l’applicazione del Foreign Corrupt Practices Act, la legge anticorruzione internazionale che dal 1977 era il pilastro dell’azione statunitense contro le tangenti a funzionari stranieri e aveva fatto degli Stati Uniti il punto di riferimento mondiale nella lotta alla corruzione transnazionale, ispirando le convenzioni Ocse e Onu e aprendo la strada a un enforcement coordinato anche in Europa.

Il risultato è un palese arretramento di Washington come garante dell’integrità del sistema finanziario globale. Mentre in Europa, Canada, Regno Unito, Svizzera ed Emirati Arabi Uniti le sanzioni per reati finanziari sono aumentate, nota il Ft sulla base di dati della società di software per la compliance finanziaria Fenergo, il calo registrato negli Usa ha trascinato verso il basso il dato complessivo mondiale: nel 2025 le multe globali sono diminuite del 19%, scendendo a 3,7 miliardi di dollari.

Vero è, ricorda il quotidiano, che il dato Usa del 2024 è stato gonfiato da un singolo caso, la maxi sanzione da 3 miliardi di dollari contro la banca canadese TD Bank. Mentre nel 2025 la multa più elevata è stata quella da 511 milioni di dollari pagata dalla banca svizzera Credit Suisse per aver aiutato clienti americani a nascondere miliardi di dollari alle autorità fiscali. E che spesso le multe arrivano diversi anni dopo l’apertura delle indagini iniziali, per cui le cifre del 2025 potrebbero riflettere un trend iniziato prima del secondo mandato di Trump. In ogni caso Daniel Stipano, ex alto funzionario dell’Office of the Comptroller of the Currency, dice al Ft di vedere dietro la riduzione “ragioni politiche”.

E Rory Doyle, responsabile della divisione reati finanziari di Fenergo, dopo aver ipotizzato che anche lo shutdown di 43 giorni e i tagli ai dipendenti degli enti di controllo possano aver avuto un peso, aggiunge che di sicuro il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha segnato una battuta d’arresto nelle misure di contrasto nei confronti società di asset digitali. Il fatto che le criptovalute siano la principale fonte di arricchimento del tycoon non è certo un dettaglio. Trump

Quanto al contrasto alla corruzione internazionale, basti dire che il Foreign Corrupt Practices Act dalla sua entrata in vigore ha portato il Dipartimento di Giustizia a istruire quasi 500 casi e la Sec altri 276 accertando tangenti che avrebbero propiziato affari per miliardi di dollari, mentre nel 2025 non risultano nuovi casi aperti. E quelli già in corso sono stati sottoposti a una revisione che rischia di svuotarli di contenuto.

Il messaggio è che pagamenti opachi e pratiche corruttive tornano a essere giudicate un costo accettabile del fare affari all’estero, se allineate agli interessi strategici statunitensi.

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