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Roma cerca di ricucire con Bruxelles sul golden power: nelle operazioni finanziarie scatterà solo dopo il parere Ue

Il governo prova a fermare la procedura d'infrazione, che la Commissione ha aperto a fine novembre, con un emendamento al decreto Transizione 5.0 all'esame del Senato
Roma cerca di ricucire con Bruxelles sul golden power: nelle operazioni finanziarie scatterà solo dopo il parere Ue
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Il governo riduce il braccio di ferro con l’Europa sul golden power a una questione di successione temporale. E prova a fermare la procedura d’infrazione, che Bruxelles ha aperto a fine novembre nei confronti di Roma, con un emendamento al decreto Transizione 5.0 all’esame del Senato. Nel testo si stabilisce, appunto, che l’attivazione dei poteri speciali di veto dello Stato sulle compravendite di imprese o rami d’impresa nel settore finanziario, comprese banche e assicurazioni, può avvenire solo dopo il rilascio del parere delle Autorità europee competenti in materia, come l’Antitrust e la Bce.

L’emendamento modifica la norma originaria della legge del 2012 che fa scattare le procedure e gli obblighi previsti dal golden power non solo verso soggetti esterni all’Unione europea ma, “nei settori delle comunicazioni, dell’energia, dei trasporti, della salute, agroalimentare e finanziario, ivi incluso quello creditizio e assicurativo“, anche rispetto agli acquisti, a qualsiasi titolo, di partecipazioni da parte di soggetti appartenenti all’Unione europea, “ivi compresi quelli residenti in Italia, di rilevanza tale da determinare l’insediamento stabile dell’acquirente in ragione dell’assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell’acquisto”. Da qui la competenza europea.

Il caso è esploso dopo le condizioni che Roma aveva imposto a Unicredit per il via libera all’acquisizione di Bpm. Passando dal particolare all’universale in una complicata dialettica politica, Bruxelles aveva sottolineato che la normativa italiana avrebbe potuto violare le regole del mercato unico sulla libera circolazione dei capitali e interferire con le competenze della Banca centrale europea in materia di vigilanza bancaria. A novembre la Commissione aveva quindi deciso di inviare una lettera di costituzione in mora all’Italia, aprendo l’iter dell’infrazione. Il tema riguardava e riguarda la normativa generale del golden power e nessuna operazione in particolare, è stato detto, anche se il caso Unicredit è innegabile. Resta da capire se le modifiche proposte saranno sufficienti a chiudere il caso che, sul punto specifico di Unicredit e Bpm, è ancora aperto anche presso l’Antitrust Ue dove è rimasto congelato dopo l’abbandono dell’acquisizione da parte di Unicredit.

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