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“Mio figlio 15enne derubato e spogliato in centro a Milano: ha implorato ma nessuno l’ha aiutato. Questa società produce indifferenza”

La mamma del 15enne rapinato vicino a corso Buenos Aires parla a Repubblica: "Mio figlio ci chiede di continuo: ma la gente come sta? Perché se ne sono sbattuti?". Poi aggiunge: "Gente che si lamenta, che invoca sicurezza, chiede galera, ma guarda e passa oltre"
“Mio figlio 15enne derubato e spogliato in centro a Milano: ha implorato ma nessuno l’ha aiutato. Questa società produce indifferenza”
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“Ha implorato aiuto lungo tutto il percorso, senza trovare nessuno che intervenisse. Questa grande indifferenza proprio ci fa rabbia. È svuotato come un sacco”. Ricorda quello che è successo a suo figlio di 15 anni, a pochi metri dalla via di Milano che è tutto un susseguirsi di negozi, da piazza Loreto fino a Porta Venezia. Di giorno un viavai frenetico dove lo shopping e la fretta sostituiscono lo spazio dell’empatia. Lui, alle otto si sera, è stato rapinato, spogliato e costretto a prelevare al bancomat. Era stato agganciato tra le centralissime corso Buenos Aires e via San Gregorio. Prima il giubbotto, poi il maglione e le scarpe. Infine gli hanno portato via lo smartphone e il portafogli. Sequestrato per venti minuti da quattro ragazzini, in uno dei luoghi più iconici di Milano.

“Siamo molto arrabbiati”, spiega la mamma del giovane, intervistata da Repubblica. “Con gli aggressori, ma questo è ovvio. Non è che chiediamo clemenza per loro, ma sappiamo che sono il reflusso di un’onda, e che avranno la vita rovinata. Usciranno peggio di prima. Ma siamo arrabbiati soprattutto per altro”. Gli aggressori sono un tunisino di 20 anni finito a san Vittore, e un’italiana di 15, un marocchino di 16 e un siriano di 17, tutti al Beccaria in quanto minorenni. Tutti provenienti dalla Bergamasca, tutti con precedenti e finiti in manette rapina aggravata, sequestro di persona, tentata estorsione e violenza a pubblico ufficiale.

Quello che indigna la mamma della vittima è che il figlio sia rimasto per un’ora in balia della baby gang e della sua violenza senza che nessuno intervenisse, che si domandasse cosa stesse succedendo a quel ragazzino spogliato e a piedi nudi nel gelo di dicembre. Nostro figlio, dice, “ci chiede di continuo: ma la gente come sta? È il suo mantra. Insiste: perché non mi hanno aiutato, perché se ne sono sbattuti? Perché?”. Quella scena, quell’accerchiamento di violenza, l’hanno “visto in tanti. Decine di persone. E poi magari sono le stesse [persone] che, tornando a casa, versano una lacrima vedendo le scene che arrivano dai teatri di guerra. Legittimo. Ma, non appena vedono un ragazzino rimasto scalzo, a 4 gradi, non fanno nulla. Non chiamano il 112, non seguono questo gruppo magari nascondendosi dietro a un palo, nulla. Poteva morire, mio figlio. Hanno avuto più coraggio i suoi amici”. Loro infatti hanno dato l’allarme: “Rifugiandosi in una pizzeria, e sa perché? Due settimane fa altri tre amici del gruppo sono finiti in ospedale, presi a pugni in piazza Leonardo da Vinci. Hanno ancora i punti a una mano. Si sono spaventati, si sono rifugiati per non prenderle”.

Quello che colpisce è l’indifferenza, anche in questo caso: quelli del locale, continua la madre del 15enne, “li hanno lasciati entrare e uscire senza intervenire. E lo stesso è capitato per strada. Facevano gesti, chiedevano aiuto. Proprio come mio figlio, che non poteva urlare, ma con lo sguardo cercava gli occhi di ogni passante che incrociava. Niente”. Ed ecco perché la donna decide di parlare: “Per non fare come quelle persone di corso Buenos Aires. Perché serva a qualcuno. Questa società produce disgrazia e indifferenza. Gente che si lamenta, che invoca sicurezza, chiede galera, ma guarda e passa oltre. Dico: hai paura? Io, che ho sessant’anni, forse non sarei intervenuta in prima persona. Ma non molli un ragazzino rapinato e sequestrato”. Davanti alla delusione per l’indifferenza, la mamma del ragazzo ringrazia però le forze dell’ordine: “I carabinieri che sono intervenuti sono stati splendidi. Erano in due contro quattro, hanno chiamato rinforzi e li hanno presi tutti. Si sono spesi fino a notte fonda e con noi sono stati paterni. Da encomio”.

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