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BigOil sapeva che le fossili avrebbero portato al collasso del clima già dagli anni Sessanta: è ora che paghi

Le prove schiaccianti contro le compagnie petrolifere che conoscevano i rischi climatici già dagli anni '60 ma hanno continuato a inquinare
BigOil sapeva che le fossili avrebbero portato al collasso del clima già dagli anni Sessanta: è ora che paghi
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“You can’t do it overnight”, non puoi farlo dalla sera alla mattina: sarei ricco se mi avessero dato un euro per tutte le volte che ho sentito questa frase, spesso in risposta a una mia sollecitazione. Riferita a cosa? Al fatto che dobbiamo smettere di bruciare combustibili fossili se vogliamo avere una chance di evitare gli impatti più catastrofici della crisi climatica. E che carbone, petrolio e gas vanno consegnati alla storia il prima possibile. Come dicono da un pezzo tutti gli organismi competenti in materia.

Quella frase è un’ovvietà: nessuno sano di mente può pensare di smantellare alla svelta un sistema costruito nel giro di qualche secolo che si fonda ampiamente sull’utilizzo di carbone, petrolio e gas. Il fatto è che chi la pronuncia non lo fa per riaffermare un’ovvietà. Lo fa per tirarla in lungo, per dire che ci vorrà chissà quanto, che è estremamente complesso, che va pianificato su scala globale ecc. ecc., per cui nel frattempo non si può che andare avanti come si è sempre fatto, signora mia.

A pesare come un macigno è però il sottinteso: che se solo avessimo saputo per tempo che bruciando fossili ci stavamo scavando la fossa, avremmo agito di conseguenza e magari a quest’ora il problema sarebbe stato risolto, o quasi. Qui casca l’asino! Perché si sa da decenni che continuando a bruciare combustibili fossili a tutto spiano il collasso climatico ci sarebbe scoppiato in faccia, com’è puntualmente accaduto. E a saperlo prima di tutti era BigOil.

Montagne di evidenze son lì a dimostrarlo. A mettere in fila le più note e clamorose inchieste e ricerche che hanno provato che BigOil sapeva, è stato l’anno scorso lo staff dei Democratici della potente Commissione di Vigilanza della Camera dei Rappresentanti del Congresso Usa. Lo ha messo nero su bianco nel report Denial, disinformation, and double speak: Big Oil’s evolving efforts to avoid accountability for climate change, che chissà come mai non è che da noi sia finito sulle prime pagine dei giornaloni di lorsignori. Il report è il risultato di un’indagine di circa tre anni, incluse audizioni dei boss di BigOil di cui si possono facilmente reperire in rete i video. Segnalo solo questo estratto di 3-4 minuti in cui, messi alle strette, con visibile imbarazzo i boss di BigOil hanno ammesso che il cambiamento climatico è reale, che è una minaccia esistenziale, che bruciare combustibili fossili ne è la causa principale. Period.

Nel report, pieno zeppo di riferimenti a fatti e dati, si evidenzia come le aziende di combustibili fossili avessero compreso almeno dagli anni ‘60 che bruciare combustibili fossili causava il cambiamento climatico. Addirittura si ricorda come già a fine 1959 (66 anni fa, fra pochi giorni 67!) lo scienziato Edward Teller, intervenendo a un evento dell’American Petroleum Institute a New York – cioè nel salotto di casa di BigOil – disse che le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla combustione del petrolio avrebbero sciolto le calotte polari e innalzato il livello del mare. Ricorda l’aneddoto su Instagram anche SueBigOil, una campagna lanciata da un’associazione di cittadini della British Columbia (BC), in Canada, che – come dice il nome – chiedono alle loro amministrazioni di far causa a BigOil per fargli pagare la giusta quota dei costi della crisi climatica. Tra l’altro l’iniziativa ha fra i suoi partner il capitolo di Port Moody (BC) del Movimento Laudato Si’, che da un decennio esorta le istituzioni cattoliche nel mondo a disinvestire dalle fossili, ed è seguito da West Coast Environmental Law, una non profit di esperti legali e ambientali con cinquant’anni di esperienza.

Nel report della Commissione Usa compare anche Eni, come membro della OGCI-Oil and Gas Climate Initiative. Secondo il report, l’analisi di documenti collegati a OGCI dimostra la collaborazione tra società fossili per controllare la comunicazione delle organizzazioni di cui fanno parte al fine di evitare impegni troppo stringenti sul clima. Secondo un’inchiesta di Greenpeace e ReCommon di un paio d’anni fa, in sue pubblicazioni negli anni ‘70 e ‘80, Eni (allora interamente statale) metteva in guardia sui possibili impatti distruttivi sul clima derivanti dalla combustione delle fonti fossili.

Il report della Commissione Usa chiude affermando che è giunto il momento di ritenere le grandi compagnie petrolifere responsabili della loro campagna di inganni. Nient’altro da aggiungere, vostro onore.

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