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L’intelligenza artificiale è serva o padrona? Ecco ciò che ho imparato provandola con un libro

Così l'intelligenza artificiale può essere utile nella revisione di un libro, se usata correttamente e non come sostituto del pensiero
L’intelligenza artificiale è serva o padrona? Ecco ciò che ho imparato provandola con un libro
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Pecunia, si uti scis, ancilla est, si nescis domina. Un proverbio che vale anche per l’intelligenza artificiale: se sai usarla, ti serve; altrimenti diventa la tua padrona, e decide al posto tuo, invece di supportare le tue decisioni.

L’ho sperimentato in questi giorni. Ho finito di scrivere un libro, intitolato Le Piume di Darwin, e gliel’ho “consegnato” per avere un servizio. L’IA ha verificato refusi, grammatica, ripetizioni lessicali e concettuali, coerenza interna e ha controllato le affermazioni alla luce delle conoscenze attuali. L’IA tende a blandire chi la usa, e ti dice sempre che sei un genio. Le ho chiesto di saltare questi preamboli e di dirmi i punti “forti” e quelli “deboli” per aiutarmi a migliorare: non ho bisogno di complimenti, ho bisogno di critiche. Ha obbedito, e su alcune cose mi ha contraddetto.

Nel libro, ad esempio, sostengo che l’Origine delle specie ponga le basi concettuali dell’ecologia: Darwin non conosceva la genetica, ma spiega, con la selezione naturale, il perché ecologico della trasmissione di caratteristiche da una generazione all’altra. Ci volle la genetica per capire come l’evoluzione si realizzi. L’IA si è dichiarata contraria a questa affermazione, avvertendomi che la parola ecologia è stata coniata da Haeckel dopo la pubblicazione de l’Origine. Così abbiamo iniziato una discussione in cui ho cercato di convincerla. Darwin non parla di ecologia, ma di economia della natura: il concetto è quello, Haeckel ha coniato il termine ma Darwin aveva già posto le basi di questa scienza: molti concetti base dell’ecologia, dall’ipotesi della regina rossa, alla nicchia ecologica, alle cascate trofiche sono già espressi nell’Origine, anche se Darwin non li ha chiamati con i nomi che i “riscopritori” hanno loro attribuito.

Non ho citato i nomi dei riscopritori, ma l’IA li conosce (li trova scandagliando la rete) e me li ha elencati. E io, uno per uno, ho mostrato all’IA le frasi del capolavoro darwiniano dove i concetti sono enunciati, anche perché ho scritto un articolo per dire proprio queste cose. Ho dato la referenza all’IA e, dopo averla analizzata, ha convenuto con me che la paternità di tutti quei concetti, attribuita ad altri, è invece di Darwin. Mi direte: ma ci hai appena detto che tende a darti ragione… è vero, però ha analizzato i miei argomenti uno per uno e ne ha verificato la correttezza, confrontandola con il concetto “riscoperto”.

L’IA non “pensa” come noi: aggrega, confronta e restituisce ciò che emerge dalle fonti. Se il 98% delle fonti dice una cosa, quella presenterà: Darwin fonda la teoria dell’evoluzione. Ma se mostri che la minoranza propone evidenze solide, rivaluta e pesa pro e contro, e ti dà risposte più articolate. Se coincidono con la tua opinione, ovviamente ne sei gratificato: Darwin fonda la teoria dell’ecologia. Nelle versioni pro (le uniche affidabili) l’IA fornisce anche le referenze bibliografiche, e il link che porta alle fonti da cui ha attinto le informazioni: una possibilità preziosissima di verificare l’attendibilità di quel che racconta.

Si può insistere, chiedendone altre che, magari, dicono il contrario. E lei, se sono disponibili in rete, le trova. In questo modo, gradualmente, vi mette in grado di farvi un’opinione basata su fonti. Le ho anche chiesto a quali editori avrei potuto proporre il mio libro. Prima ancora, mi ha dato un elenco di agenti letterari. Poi mi ha fatto il nome di tre case editrici. Mi ha anche chiesto se volevo una lettera di presentazione del libro. Perché no? Le ho chiesto di prepararmela, anche solo per curiosità. Ha fatto l’elenco di una serie di autori, che non ho citato, che potrebbero aver espresso, almeno in parte, concetti analoghi ai miei. E sono proprio gli autori che mi hanno ispirato, alcuni dei quali sono stati miei amici. Il che significa che ha preso il contenuto del mio libro e lo ha confrontato con la moltitudine di libri che soddisfano il suo criterio di ricerca, probabilmente basato su parole chiave che lei ha estratto.

Quanto ci avrei messo a fare altrettanto? Non ha tirato fuori nomi famosissimi. Pochi conoscono, oramai, l’opera di Rupert Riedl, ad esempio. L’IA la conosce. E al vedere il mio amico Rupert, che quest’anno avrebbe fatto 100 anni, mi ha confortato: la mia assistente è preparata. Lo conosce e lo riconosce.

Ora, potrei fare un’operazione inversa e chiederle di scrivere il mio libro, dandole solo i titoli dei vari capitoli, per vedere se lo svilupperebbe come l’ho sviluppato io. Ovviamente non lo farebbe. Ma le ho chiesto di scrivere l’ultimo capitolo, cercando di utilizzare il mio stile, quello con cui ho scritto il libro, rimettendone insieme il filo logico in poche pagine. Lo ha fatto. Il filo logico c’era, ma lo stile non era il mio: era lo stile ChatGpt. Perfetto, “liscio”, con le parole giuste nel posto giusto. Un po’ come quegli attori che “recitano” tanto sono impeccabili, mentre gli attori veramente bravi non ti fanno percepire che stanno recitando. L’IA “si vede che recita”. Non potete pensare che scriva al posto vostro.

Quell’ultimo capitolo l’ho rivoltato come un calzino, ma averlo mi è stato molto utile. L’IA ha un filo logico, una grammatica impeccabile… ma non ha stile. È uno strumento potentissimo se lo usi con criterio, una iattura se diventa un sostituto del tuo pensiero.

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