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Ultimo aggiornamento: 9:14

L’orgoglio per la cucina italiana? Per chi se la può permettere: 5 milioni di italiani dipendono da pacchi di cibo. “E non bastano più. Tra lavoro povero e disoccupazione, situazione peggiorata dopo la cancellazione del Reddito”

Il rapporto sull'insicurezza e la povertà alimentare: "Metà delle persone che dovrebbero ricevere gli aiuti in realtà non li per inefficienza del sistema o di requisiti troppo stringenti". Le categorie più esposte? Pensionati e famiglie con un solo genitore
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In Italia si sprecano ogni anno 67 kg di cibo pro capite, eppure cresce il numero di persone che saltano i pasti, rinunciano alla qualità o dipendono da sistemi di aiuto alimentare sempre più sotto pressione. Questo il quadro che emerge dal primo volume dell’Oipa, l’Osservatorio Cursa (il Consorzio universitario per la ricerca socioeconomica e per l’ambiente) sull’insicurezza e la povertà alimentare, realizzato in collaborazione con diverse università italiane e la Fao, presentato a Roma, con la partecipazione di Maurizio Martina, direttore generale aggiunto dell’agenzia delle Nazioni Unite ed ex segretario Pd.

A curare l’opera sono stati Davide Marino (Professore di Economia e politica agroalimentare all’Università del Molise e Direttore scientifico Oipa), insieme a Daniela Bernaschi (ricercatrice in disuguaglianze sociali e sistemi alimentari inclusivi all’Università di Firenze) e a Francesca Benedetta Felici (dottoranda in Geografia umana all’Università La Sapienza).

Inflazione alimentare, il fenomeno dei working poor, disoccupazione hanno accentuato l’insicurezza. La principale risposta è stata l’aumento degli aiuti alimentari, ma questo non è sufficiente. Se vediamo i dati sulla povertà assoluta, metà delle persone che dovrebbero riceverli, in realtà non ricevono aiuti alimentari, a causa dell’inefficienza del sistema o di requisiti troppo stringenti. Sono cinque milioni le persone che in Italia ritirano pacchi alimentari. E dietro di loro ci sono le famiglie. Pensionati e famiglie monogenitoriali sono le categorie maggiormente esposte”, spiegano Marino e Bernaschi. E ancora: “Non bastano gli aiuti, servono politiche organiche, che siano in grado di affrontare le cause strutturali dell’insicurezza alimentare”.

Per questo motivo risultano insufficienti le misure attualmente in vigore: dall’Assegno di inclusione (che ha sostituito il Reddito, dimezzando di fatto la platea dei beneficiari, ndr) alla “La Carta ‘Dedicata a Te’, fino al Reddito Alimentare, spiegano i ricercatori. “L’Italia è il settimo Paese per tasso di persone a rischio povertà o esclusione sociale preceduta da Bulgaria, Romania, Grecia, Spagna, Lettonia, Lituania. Dunque, c’è molto lavoro da fare per invertire la rotta e provare a migliorare concretamente le condizioni di vita di milioni di persone”, ha aggiunto invece Maurizio Martina, sottolineando anche il nesso tra “impoverimento dei redditi, redditi e insicurezza alimentare”. Nel corso della sua esperienza politica, l’ex segretario dem era stato critico rispetto al Reddito di cittadinanza, ora però precisa: “Oggi faccio un altro mestiere, ma quello che posso dire è che anche nei paesi sviluppati l’idea di strumenti di accompagnamento del reddito, soprattutto per le fasce più deboli e fragili, è una questione aperta. Ci sono strumenti differenti, ma sul tema non si può tergiversare”.

Una parte rilevante del volume è infine dedicata alla città metropolitana di Roma capitale. Anche in questo caso il quadro risulta critico, dato che circa un terzo della popolazione vive in aree considerate ‘deserti alimentari’, prive di punti vendita accessibili, mentre il 35% in ‘deserti solidali’, territori sprovvisti di reti strutturate di aiuto. Le periferie urbane sono le più esposte, con minori possibilità di scelta, scarso accesso al sostegno pubblico e una vulnerabilità strutturale più marcata.

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