Otto donne morte di parto in ospedali fatiscenti mentre nascono stadi sempre più grandi: il calcio che spacca il Marocco
Il 27 e il 28 settembre 2025 il Marocco viene scosso da manifestazioni di protesta, le più partecipate dai tempi della Primavera Araba del periodo 2011-2012: Rabat, Casablanca e Marrakech sono i centri della rivolta. Il 29, la gente scende in piazza anche ad Agadir e qui il dissenso acquista un forte valore simbolico: otto donne sono infatti morte di parto in un ospedale pubblico nelle settimane precedenti, mettendo a nudo i gravi problemi del servizio sanitario nazionale. Una delle novità, rispetto alla Primavera Araba, è rappresentata da uno dei temi della protesta: vengono contestate al governo di Rabat le spese enormi sostenute per la costruzione e la ristrutturazione degli stadi, in vista della Coppa d’Africa 2025 e del mondiale 2030, in cui il Marocco sarà uno dei paesi organizzatori, insieme a Spagna e Portogallo. Le risorse per il calcio “mangiano” quelle che dovrebbero essere destinate alla costruzione e ristrutturazione degli ospedali: di fronte alle otto donne morte a Agadir, non si può restare in silenzio. L’altra novità è l’anima della ribellione: la generazione Z, ovvero gli under 25, simbolo di un paese in cui la popolazione giovanile rispecchia il boom della natalità, ma è flagellata dalla disoccupazione. Le cifre ufficiali indicano il 35,8% dei non occupati.
La protesta non riguarda solo il problema della mancanza di lavoro e la gestione discutibile delle risorse economiche: corruzione, sperpero di denaro e disuguaglianza sociale sono gli altri temi forti. I giovani reclamano una svolta epocale anche nelle scuole: l’insegnamento della lingua inglese al posto del francese. I padri del dissenso sfruttano i social per mobilitarsi: il server Discord GenZ 212 – il numero riprende il prefisso telefonico del Marocco -, lanciato da quattro utenti il 18 settembre, dopo venti giorni raggiungerà quota 250mila membri. Discord è stato scelto per la sua natura decentralizzata e per la scarsa dimestichezza della polizia marocchina a interagire con questa piattaforma. I leader GenZ 212 spiegano: “Il diritto alla salute, all’istruzione, al lavoro e a una vita dignitosa non è uno slogan vuoto, ma una richiesta seria”.
Gli organizzatori della protesta si rivolgono al re, Mohammed VI, per fare pressioni sul governo. Esortano chi scende per strada a non commettere atti vandalici. Criticano “la repressione delle autorità e della polizia”. Le linee guida, altra novità, non sono ispirate da modelli occidentali, ma da forme analoghe di dissenso che hanno scosso Nepal, Madagascar e Perù. Le manifestazioni, nonostante gli appelli dei leader, in alcuni casi degenerano: inevitabili gli scontri con le forze dell’ordine. La polizia reprime, anche in modo brutale. Il re cerca di mediare, ma la protesta continua. A ottobre e novembre, anche a Fez e Tangeri la piazza rumoreggia. Le organizzazioni dei diritti umani segnalano arresti indiscriminati, detenzioni arbitrarie, uso della forza, divieti di assembramenti. Il governo, nel timore che la situazione possa diventare incontrollabile, annuncia misure d’urgenza, come quella di stanziare nella legge finanziaria 2026 un pacchetto di nuove norme: un investimento di 15 miliardi per sanità e istruzione, la ristrutturazione di 90 ospedali, la costruzione di strutture sanitarie, la formazione di nuovi insegnanti, il miglioramento dell’istruzione prescolare.
Il Marocco ha la quinta economia del continente. È un mix straordinario di cultura araba, berbera, europea e africana. Dall’indipendenza del 1956, ha compiuto innegabili passi in avanti, ma è attraversato da profonde inquietudini, figlie della disuguaglianza sociale e dei ritardi in settori vitali. In questo quadro, il calcio vive una realtà appartata. Il movimento è in crescita. Al mondiale 2022, il Marocco ha raggiunto le semifinali, prima nazione africana a centrare questo traguardo. La Coppa d’Africa 2025 e il mondiale 2030 rappresentano una doppia opportunità: per sostenere il boom sportivo – il Marocco è 11esimo nel ranking Fifa, l’Italia 13esima – e per investire una montagna di denaro nelle infrastrutture.
Il simbolo del gigantismo calcistico è il Grand Stade Hassan II° di Casablanca. Sarà pronto per il mondiale 2030 e sarà il più grande del mondo, con 115mila posti. Progettato dagli studi di architettura Populous e Oualalou + Choi, in un’area di 100 ettari, sarà arricchito da giardini botanici e spazi verdi. L’impianto sarà dotato di cinque livelli di posti a sedere, tra cui un palco reale e diverse tribune VIP, in grado di ospitare 12mila persone. Realizzato a 38 km di distanza dal centro di Casablanca, sarà accessibile attraverso l’autostrada A1 e, in alternativa, utilizzando la linea ferroviaria, collegata con l’aeroporto e con la capitale, Rabat. Le autorità lo hanno presentato come “punto di riferimento culturale e simbolo di orgoglio nazionale, capace di generare migliaia di posti di lavoro”. L’inaugurazione è prevista nel 2028.
Il fermento legato agli stadi non si esaurisce qui: a Rabat, Fez, Marrakech, Tangeri e Agadir sono state programmate colossali ristrutturazioni degli impianti preesistenti. Nel rispetto della sostenibilità ambientale, tutti gli stadi saranno dotati di energia solare e di sistemi di riciclo idrico. Uno sforzo enorme, che coinvolgerà anche i trasporti, dall’alta velocità ferroviaria agli aeroporti, ma che sta divorando risorse consistenti in un paese dove mancano le scuole, c’è carenza di ospedali e dove una fetta di popolazione vive ai margini. Un Marocco lanciato verso il futuro in nome del calcio, ma dove otto donne sono morte di parto alla vigilia della Coppa d’Africa.