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Da case popolari a monolocali di lusso: così la parabola di Unico Brera a Milano racconta il boom delle disuguaglianze

Nella vicenda di Unico Brera, l’ultimo cantiere in ordine di tempo sequestrato a Milano, c’è tutta la parabola della politica cittadina, nazionale e mondiale degli ultimi 25 anni
Da case popolari a monolocali di lusso: così la parabola di Unico Brera a Milano racconta il boom delle disuguaglianze
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di Elena Comelli*

Immagina un monolocale a mezzo milione di euro. Un monolocale sì, ma “caratterizzato da un design minimale e accogliente… con alcune facilities tra cui palestra, co-working, portineria… Un format unico… che si candida a essere protagonista del concetto di microliving a Milano”.

La cosa più difficile per chi vive del proprio stipendio, magari guadagnato con un lavoro precario, temporaneo e malpagato, è immaginarsi mezzo milione di euro. Il resto arriva dopo. Le facilities, il coworking e il microliving che, sul sito dello sviluppatore del progetto Unico Brera raccontano il nuovo modo di vivere a Milano, gli anglicismi che sanno di lusso e di modernità arrivano dopo. E ci arrivano come un pugno nello stomaco: con la consapevolezza di non essere parte di quella roba lì, di non poter essere parte del racconto della città in cui si vive, si lavora, si studia, a cui si contribuisce con la propria fatica quotidiana.

Nella vicenda di Unico Brera, l’ultimo cantiere in ordine di tempo sequestrato a Milano, c’è tutta la parabola della politica cittadina, nazionale e mondiale degli ultimi 25 anni. Era il 1998 (a Milano governava la destra, in Italia il centrosinistra di Prodi e in Lombardia, ça va sans dire, la destra) quando il Comune di Milano deliberava – nell’ambito di un Piano per la realizzazione di edilizia residenziale pubblica – un progetto di restauro conservativo dei due “ruderi” settecenteschi di via Anfiteatro: case popolari in centro, nel cuore di Brera. Questo si immaginava a Milano a fine anni Novanta.

Una cosa completamente impensabile oggi, quando di case popolari non parla più nessuno e leggi e piani casa mettono al centro (nella migliore delle ipotesi) l’housing sociale (Ers), una forma di sostegno all’abitare che si fonda, sostanzialmente su due principi:
– L’attenzione al ceto medio;
– L’ingresso della finanza nelle politiche per il diritto alla casa.
Anzi tre:
– la (s)vendita delle case popolari per incrementare il patrimonio abitativo rivolto al ceto medio.

Non sono speculazioni di una povera comunista (semicit), è l’articolo 11 del DL 112/2008. Forse non è un caso che, proprio nel 2008, il Comune di Milano (giunta Moratti, centrodestra) abbia avviato un piano di dismissione e vendita all’asta ai privati di beni del patrimonio immobiliare comunale. Con la copertura della “dichiarazione dell’interesse pubblico” (quello stesso interesse pubblico con il quale, nel 2019, il Consiglio Comunale ha dato il via alla svendita di San Siro che si è conclusa poche settimane fa).

C’è tutto nella vicenda di Unico Brera: c’a la parabola di Milano, c’è la sparizione delle politiche abitative dall’agenda di questo paese e ci sono le radici della crescita vertiginosa della spirale delle disuguaglianze. Dalle case popolari in centro ai monolocali a mezzo milione di euro, passando per la (s)vendita del patrimonio comunale in nome dell’interesse pubblico.

Eppure il fatto che sia una vicenda che, con modi e sfumature diverse, riguarda tutte le grandi città dell’occidente geografico e culturale non assolve Milano. Anzi la chiama in causa in modo ancora più forte, come possibile protagonista di una svolta, di un cambio di passo, di un’inversione di tendenza che riporti le città a essere non solo accessibili, ma anche attrattive e a misura di lavoratori e lavoratrici. Pare che ci stia provando New York, la più grande metropoli dell’Occidente. Può, potrebbe, provarci anche Milano se, invece di interrogarsi sulle ragioni o sui torti della magistratura, si interrogasse sul proprio ruolo politico e sulla città che vuole essere nei prossimi vent’anni: quella delle case popolari in centro o quella dei monolocali a mezzo milione di euro.

* attivista milanese per il diritto all’abitare e le sue connessioni con il diritto alla città

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