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Chi acquista un immobile proveniente da donazione non rischia più di doverlo restituire: la novità nel dl Semplificazioni

Fino a ieri gli eredi che si ritenevano lesi nella loro quota potevano agire per riavere il bene donato: d'ora in poi potranno ottenere solo un risarcimento dal beneficiario della donazione
Chi acquista un immobile proveniente da donazione non rischia più di doverlo restituire: la novità nel dl Semplificazioni
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Per lungo tempo l’acquisto di un immobile proveniente da una donazione è stata un’operazione problematica: il rischio a cui si poteva andare incontro era di dover restituire la casa a un erede che era stato leso nella sua quota legittima di eredità. Utilizziamo il passato perché a modificare le regole del gioco è stata la legge 182 del 2025, il decreto Semplificazioni, il cui articolo 44 ha sostanzialmente riscritto le regole della circolazione degli immobili che provengono da una donazione. Oggi come oggi, chi dovesse acquistare una casa dal donatario (il beneficiario della donazione) non rischia più di vedersi sottratto il bene: gli eventuali legittimari lesi possono chiedere esclusivamente una compensazione in denaro e non la restituzione fisica.

Le incertezze delle donazioni

Diciamo tranquillamente che il sistema in vigore fino a non molto tempo fa creava non poca incertezza nel mercato immobiliare. Gli eredi legittimari, che sono stati esclusi o lesi nella legittima, avevano infatti la possibilità di agire in riduzione contro le donazioni eccedenti la quota disponibile, chiedendo la restituzione del bene donato. Ad essere coinvolto non era unicamente il donatario, ma anche gli eventuali terzi soggetti che avessero acquistato l’immobile. Il Codice civile – all’interno del previgente articolo 563 – permetteva al legittimario di chiedere la restituzione dell’immobile donato entro vent’anni dalla trascrizione della donazione. I limiti di tempo saltavano completamente nel caso in cui il coniuge o i parenti in linea retta del donante avessero deciso di notificare e trascrivere l’opposizione alla donazione. L’impatto poteva essere devastante sull’acquirente in buona fede, che poteva trovarsi nella situazione di dover restituire l’immobile, anche quando avesse ignorato completamente la donazione originaria. L’unica soluzione era quella di rivalersi sul donatario, che comunque sarebbe stato nullatenente perché risultava già incapiente nel momento in cui il legittimario aveva agito nei suoi confronti.

Cosa cambia oggi

L’articolo 44 della legge 182 del 2025 ha modificato cinque disposizioni del Codice civile – gli articoli 561, 562, 563, 2652 e 2690 – con uno scopo ben preciso: tutelare gli acquisti effettuati a titolo oneroso. Nella nuova versione dell’articolo 563 si stabilisce che la riduzione della donazione non può pregiudicare in alcun modo i terzi ai quali l’immobile è stato alienato. Spetterà al donatario compensare in denaro i legittimari, ma solo nei limiti necessari a integrare la quota riservata. Da un punto di vista pratico, significa che nel momento in cui si acquista un immobile da un soggetto che lo ha ricevuto in donazione e l’atto viene trascritto, non si rischia più nulla. Gli eredi non potranno chiedere la restituzione fisica del bene: spetterà al donatario regolarizzare per intero la situazione, versando l’equivalente monetario della quota che risulta essere stata lesa. Da sottolineare, ad ogni modo, è che il meccanismo protesse unicamente gli acquisti effettuati a titolo oneroso: se l’immobile viene trasferito gratuitamente o donato, il nuovo proprietario resta esposto al rischio di doverlo restituire. Le regole che abbiamo visto sono valide anche per i beni mobili, sia iscritti nei pubblici registri (come le automobili) sia non iscritti: la riforma ha un impatto diretto e trasversale su tutte le partecipazioni sociali e gli aspetti che fanno capo al patrimonio personale o imprenditoriale di una determinata persona.

Se il donatario è insolvente, chi paga?

A questo punto sorge una domanda: nel caso in cui il beneficiario della donazione dovesse essere insolvente, a chi tocca mettere mano al portafoglio per compensare i legittimari in denaro? L’unico che può essere chiamato a farlo è l’avente causa a titolo gratuito, cioè ad esempio il donatario, ma solo nei limiti del vantaggio che è riuscito a conseguire. Proviamo a fare un esempio pratico: Mario dona un immobile a Paolo, che in un secondo momento decide di donarlo a Stefano. Alla morte di Mario si scopre che è stata lesa la legittima per 50mila euro: Paolo – ossia il primo che ha ricevuto la donazione – è insolvente. Spetterà a Stefano (il secondo donatario) intervenire e coprire i 50mila euro, o la somma equivalente al valore dell’immobile se inferiore.

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