
L'ex presidente del Parlamento ucraino è stato ucciso il 30 agosto a Leopoli con 8 colpi di pistola. Le nuove accuse al presunto assassino Mykhailo Stcelnikov: "Ha fornito a Mosca informazioni sul posizionamento dell'esercito ucraino"
Il killer di Andriy Parubiy, l’ex presidente del Parlamento ucraino assassinato il 30 agosto in strada a Leopoli con 8 colpi di pistola, agì per conto della Russia. Il timbro ufficiale sulle risultanze dell’inchiesta emerse negli ultimi mesi lo ha messo oggi il Procuratore generale Ruslan Kravchenko. “Nel corso di azioni investigative e misure operative […]
Il killer di Andriy Parubiy, l’ex presidente del Parlamento ucraino assassinato il 30 agosto in strada a Leopoli con 8 colpi di pistola, agì per conto della Russia. Il timbro ufficiale sulle risultanze dell’inchiesta emerse negli ultimi mesi lo ha messo oggi il Procuratore generale Ruslan Kravchenko. “Nel corso di azioni investigative e misure operative congiunte” di Procura, Servizio di Sicurezza interna e Polizia Nazionale – ha scritto il magistrato su Telegram -, “è stata scoperta la pistola da cui è stato ucciso Parubiy”. Ci sono anche “nuove prove che indicano che il sospettato”, Mykhailo Stcelnikov, “ha commesso non solo omicidio intenzionale, ma anche una serie di gravi crimini contro la sicurezza nazionale“.
“Per commettere il crimine, l’assassino ha utilizzato una pistola Makarov, rinvenuta dalle forze dell’ordine”, hanno fatto sapere gli uffici dell’SBU, i servizi segreti interni. L’arma è stata rinvenuta insieme a un silenziatore “in un nascondiglio che l’autore aveva allestito dopo l’omicidio. In base ai risultati degli esami, è stato stabilito che questa pistola è stata utilizzata per sparare al parlamentare. Sull’arma sono state trovate anche tracce del Dna dell’assassino”.
Stcelnikov, 52 anni, in carcere dal 2 settembre, “ha agito a favore dei servizi speciali della Federazione Russa sotto la legge marziale – ha proseguito Kravchenko -: ha fornito al nemico informazioni sul posizionamento e lo spostamento di unità delle Forze Armate dell’Ucraina; ha fornito materiale di intelligence per coordinare le attività di sabotaggio”. “Per molto tempo il sospettato si è preparato intenzionalmente all’omicidio, ha raccolto informazioni sui percorsi e sui luoghi di soggiorno del deputato popolare, ha ricevuto armi da fuoco dai suoi curatori della Federazione Russa e il 30 agosto ha sparato otto colpi a sangue freddo contro Andrii Parubiy”.
Nelle ore che avevano seguito il suo arresto, avvenuto nella regione di Khmelnytskyi, l’uomo aveva confessato l’omicidio adducendo ragioni personali. “Questa è la mia vendetta personale sulle autorità ucraine. Sì, lo ammetto. L’ho ucciso”, aveva detto ai giornalisti prima dell’inizio dell’udienza in tribunale, durante la quale sarebbe stata scelta la misura preventiva nei suoi confronti.
Parubiy, 54 anni, aveva iniziato la carriera politica nel Consiglio regionale, quindi nel 2007 era diventato deputato. Aveva partecipato alla Rivoluzione arancione del 2004 e da fine 2013 era stato fra i leader delle rivolte di piazza Maidan, nelle quali rivestiva il ruolo di comandante delle forze di autodifesa. Dopo la destituzione del presidente filo-russo Viktor Yanukovich, era stato nominato segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale, incarico che ha ricoperto tra febbraio e agosto 2014, per poi diventare primo vicepresidente del Parlamento tra il 2014 e il 2016 e presidente dello stesso dal 2016 al 2019.
Parubiy, riporta l’agenzia russa Ria Novosti citando elenchi della polizia, “era da anni nella lista dei ricercati del ministero degli Interni russo”, più precisamente dal novembre del 2023. Il Comitato investigativo russo ha accusato Parubiy in contumacia per presunte atrocità commesse nel Donbass nel 2014 e che hanno causato la morte e il ferimento di 1.200 persone.